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Professione tanatoesteta, la storia di Irene Nonnis: “Una volta un papà mi disse: ‘Ora riconosco mio figlio'”

Irene Nonnis, 35 anni, lavora come tanatoesteta. A Fanpage.it ha raccontato il suo percorso, i pregiudizi che avvolgono la figura, le difficoltà ma anche le soddisfazioni e la bellezza che può nascondersi dietro un lavoro così complesso e delicato: “A volte è difficile perché si è sempre in mezzo al dolore, ma lo faccio perché amo prendermi cura di chi è andato via e di chi resta”.
A cura di Eleonora Panseri
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A sinistra, Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.
A sinistra, Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.

"A 10 anni ho avuto il mio primo lutto importante, la morte di mia nonna, e ricordo che, quando l'ho vista, non riuscivo a capire perché non fosse come me la ricordavo". A parlare è Irene Nonnis, 35 anni, nata a Imperia (e attualmente residente in Piemonte), che da circa 10 anni lavora come tanatoesteta.

Il suo è un mestiere particolare, forse sconosciuto a molti perché, lo dice la parola stessa, riguarda una delle cose che forse ci spaventano di più, per quanto naturale possa essere, ovvero la morte (in greco, θάνατος).

Irene infatti si occupa della cura delle salme, dal lavaggio al trucco (e alla ricomposizione, nei casi più gravi, come per le vittime di incidenti). Per abbattere i tabù legati alla sua professione ha iniziato a parlarne sui social e, di recente, ha anche scritto un libro sull'argomento e sulla sua storia (La ragazza della morte, Fabbri Editore).

A Fanpage.it ha raccontato il suo percorso, i pregiudizi che avvolgono la figura, le difficoltà ma anche le soddisfazioni e la bellezza che può nascondersi dietro un lavoro così complesso e delicato.

Come ti sei avvicinata a questo mestiere particolare? Che percorso hai seguito?

Fin da piccola, già alle elementari, volevo fare il medico legale. Ero una super fan di X-Files e volevo diventare Dana Scully, tutto è nato così. Poi, quando avevo 10 anni, ho avuto il mio primo lutto importante, la morte di mia nonna, e ricordo che, quando l'ho vista, non riuscivo a capire perché la vedessi così male, non era per niente come me la ricordavo da viva.

Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.
Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.

Negli anni successivi ho frequentato il liceo socio psico pedagogico, ho studiato come estetista e ho fatto svariati lavori. Però mi è rimasta impressa questa cosa. Nel 2014 è morta mia mamma, di nuovo mi sono accorta di quello che era accaduto con mia nonna e mi sono detta che dovevo fare qualcosa. La tanatoprassi l'ho scoperta in Francia, dove esiste un istituto specifico.

Da ragazza però non me la sono sentita di trasferirmi e di trascorrere degli anni lì. Così ho aspettato un po' e, quando me lo sono potuta permettere, ho frequentato il corso della Scuola superiore per la funeraria presso la Terracielo Funeral Home, ho fatto il primo e il secondo livello. Dal 2021 mi occupo anche di formazione e ho la mia scuola, che si chiama Tanato Academy.

Che cos'è la tanatoestetica? 

La tanatoestetica è una branca della tanatoprassi, un o una tanatoesteta si occupa di eliminare i segni della morte e della cura del cadavere. In tutti i casi si inizia con il lavaggio della salma e la disinfezione, poi si procede a togliere il rigor mortis, alla vestizione e all'inserimento nella cassa. Alla fine c'è il trucco correttivo o la parte della ricostruzione, nei casi particolari, come gli incidenti.

Per queste operazioni si usano disinfettanti, prodotti a base di formaldeide e per l'imbalsamazione, trucchi a base siliconica che sono specifici perché la pelle delle persone morte non assorbe più, ovviamente, quindi servono prodotti per il post-mortem.

Come reagiscono le persone quando dici loro di cosa ti occupi?

Dipende. C'è chi fa finta di sapere di cosa si tratta e poi cambia discorso, chi chiede di più ma, dopo avergli dato spiegazioni, conclude lì la conversazione. E poi c'è anche chi invece è curioso e mi tempesta di domande perché la morte è una tematica di cui si parla davvero molto poco.

Sei mai stata vittima di pregiudizi?

Assolutamente sì, ho ricevuto classici ‘insulti', come "becchina", mi è stato detto che "porto sfiga", alcuni mi fanno le corna. Quando mi succede, ci rido su e rispondo che si devono solo augurare di trovare una persona come me che li prepari per il loro ultimo viaggio.

Tu sei molto attiva anche sui social, come ti sei trovata in questo mondo?

All'inizio ero un po' spaventata, ma ho trovato grandi spazi di confronto con le altre persone. Forse è stato più difficile con i colleghi che forse temevano svelassi qualche ‘segreto', però alla fine mi sono concentrata nel fare il mio, sui miei contenuti e questa ‘diffidenza' è andata a scemare.

Tu lavori su chiamata? Sei una libera professionista?

Sì, lavoro sia per le onoranze funebri che per privati. Si può venire assunti come dipendenti, con contratto a chiamata oppure lavorare da liberi professionisti, come faccio io.

In questo senso, il problema più grande è che sono una donna. Le onoranze funebri infatti tendono ad assumere più uomini perché possono fare, secondo loro, anche lavori più pesanti. Si tratta di un mondo molto maschilista, i direttori tecnici sono quasi tutti uomini e preferiscono non assumere una figura che faccia solo la preparazione delle salme.

Ma si tratta di un pregiudizio legato all'ambiente perché, e questa è una cosa che ho notato nei miei 10 anni di esperienza, quando le famiglie del defunto vengono in contatto con le onoranze funebri, tendono a rivolgersi, se ci sono, alle figure femminili.

Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.
Irene Nonnis, 35 anni, tanatoesteta.

Come funziona la vostra categoria in Italia?

Abbiamo un sacco di problemi perché la tanatoestetica non è regolata, non abbiamo un codice Ateco o un albo. Ognuno deve avere un bravo commercialista, è questo il guaio. Ora in Italia non siamo in tantissimi, circa una 50ina, e quasi tutti al Nord. Diciamo che al Sud c'è ancora l'usanza di preparare il defunto in famiglia.

Cosa ami del tuo lavoro?

Amo la cura che metto nel preparare le salme per l'ultimo viaggio, anche perché io sono proprio l'ultima persona che realmente tocca il defunto. Poi amo il dopo, quando i parenti vengono a vedere il loro caro. Molti hanno timore, non vogliono vedere un cadavere e non entrano in camera mortuaria perché magari hanno avuto esperienze negative in precedenza.

Invece a me è stato detto spesso che li trovano sereni, come se stessero dormendo. E assistere al fatto che, anche nel dolore, riconoscono il loro caro, che non la vivono come un trauma, è la cosa più importante. Per me è stato un evento traumatico e so cosa vuol dire. Tutto questo è necessario per avere una corretta elaborazione del lutto.

Hai un ricordo che ti fa pensare che, nonostante tutto, hai scelto il mestiere giusto?

Il lavoro è difficile perché si è sempre in mezzo al dolore e può anche capitare di avere dei periodi complicati a livello personale, questo è un aspetto da non sottovalutare. È un mestiere che fai per dedizione, perché ami prenderti cura di chi è andato via, così come di chi resta.

Ricordo con affetto un papà che diversi anni fa perse il figlio in un grave incidente in moto e fece di tutto per trovare un tanatoesteta. Per vie traverse riuscì a contattarmi e mi disse: "Sua mamma vuole vederlo, il riconoscimento l'ho fatto io e non posso farglielo vedere così".

Io me ne presi cura e alla fine lo chiamai per chiedergli se andasse bene. Lui scoppiò a piangere e mi disse: "Adesso lo riconosco, è mio figlio. Ora la mamma può vederlo", e fece entrare la moglie. Io lo ricorderò per sempre. Mi è capitato diverse volte di incontrarlo e dopo tanti anni continua a ringraziarmi.

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