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Prof a 20 anni nella scuola in cui si è diplomato: “Una volta fui bocciato, non arrendersi mai”

Vent’anni, origini pakistane, accento emiliano, studente universitario in Ingegneria, professore. Iqbal Ain Ul Hassan, per tutti Hassan o prof. Hassan, tramite la sua (stra)ordinaria testimonianza ci apre una finestra sul mondo dei giovani di oggi. Dai banchi alla cattedra, dalla cattedra ai banchi, verso il mondo del lavoro. Con fiducia e passione per quello che si fa.
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Iqbal Ain Ul Hassan, 20 anni
Iqbal Ain Ul Hassan, 20 anni

Iqbal Ain Ul Hassan (per i suoi studenti "prof. Hassan") si muove tra i motori del laboratorio dove insegna meccanica, all'Istituto tecnico Fratelli Taddia di Cento, con agilità e sicurezza. "Quello è il motore di una Porche, guarda" – e ci indica un mostro scintillante composto da un intreccio di tubi e ingranaggi. All'interno della stanza ampia, le pareti arancioni e i soffitti alti, ci sono un'altra ventina di motori più o meno simili: servono agli studenti dell'istituto per far pratica e prepararsi al lavoro in officina che li attende dopo il diploma. Oltre la schiera di macchine motrici, si vedono poi file di banchi, cattedra e lavagna. "Questo laboratorio è l'essenza di quello che facciamo qui, tra teoria e pratica", ci spiega Hassan.

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Di origini pakistane, studente universitario in Ingegneria, Hassan vive in Emilia con la sua famiglia da quando era molto piccolo. Il suo percorso di studi e la sua indole pacifica ma decisa lo hanno portato a entrare nella rosa dei professori più giovani d'Italia. A soli vent'anni, insegna come supplente nello stesso istituto tecnico dove appena un anno fa si è diplomato. Ci racconta che non è stato subito facile farsi rispettare dai suoi studenti: "Alcuni faticavano a darmi del lei, soprattutto quelli più grandi di me. Altri mi hanno messo alla prova per i primi mesi, facendomi qualsiasi domanda gli passasse per la mente. Volevano vedere se ero davvero preparato, se meritavo il loro rispetto". Prove che Hassan ha innegabilmente superato: basta guardare i ragazzi di quinta a cui insegna per esserne certi.

Ma come si diventa prof a vent'anni? Lo chiediamo alla preside dell'Istituto Fratelli Taddia di Cento, Elena Accorsi: "Si tratta di un tema particolarmente spinoso e complesso. In Italia è sempre più difficile trovare i cosiddetti I.T.P., Insegnanti Tecnico Pratici. Ce ne sono pochissimi. Inoltre i concorsi e le graduatorie sono strutturati in un modo tale per cui spesso materie come meccanica e tecniche di laboratorio vengono insegnate da professori che hanno studiato tutt'altro. Dopo il Covid, ci siamo trovati nella situazione di dover sostituire il professore di meccanica, ma non trovavamo nessuno".

Elena Accorsi, Preside Istituto di Istruzione Superiore Fratelli Taddia, Cento
Elena Accorsi, Preside Istituto di Istruzione Superiore Fratelli Taddia, Cento

Continua la preside: "A quel punto ci è venuto il guizzo di genio. Dato che il requisito di base per insegnare questa materia è essere diplomato, ci siamo detti ‘ma noi il diplomato ce l' abbiamo!'. E abbiamo chiamato Hassan".

Prof Hassan viene descritto dalla dirigente scolastica come un "facilitatore". "Oltre ad essere estremamente preparato, dispone anche delle cosiddette soft skills. È capace di creare un ambiente positivo attorno a sé, ha sempre aiutato i suoi compagni, sa ascoltare", spiega Accorsi.

"All'inizio è stato strano avere Hassan come prof.", racconta Gabriele Cotromano, alunno di Hassan. "Poi però ci siamo accorti di quanto ci aiutasse avere un professore della nostra stessa età. Capisce cose che chi è più grande non ricorda più, sa cosa vuol dire essere dall'altra parte della cattedra, perché ci è appena stato. Comprende le nostre difficoltà e riesce ad aiutarci".

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Dal canto suo, Hassan ci racconta con orgoglio che quando ha preso le redini di questo laboratorio, molti studenti avevano dei debiti: "Oggi sono riuscito a portarli tutti in pari". "Facciamo una simulazione di interrogazione", proponiamo. All'inizio un po' titubanti, i ragazzi si prestano al gioco. Hassan si siede in cattedra e chiama due volontari, Gabriele e Tiltu. Fa loro disegnare lo schema dello scheletro di un'auto. Poi si inventa un problema e li invita a risolverlo. "Potete anche guardare il cellulare, se volete". "Il senso di questi esercizi – ci spiega Hassan – è farli ragionare e simulare una situazione reale. Se sei in officina e il cliente ti porta l'auto in panne, puoi anche fare tutte le ricerche sul telefono che vuoi, ma se non sai ragionare, analizzare il problema e se non conosci la specificità di quell'auto, vai poco lontano". È questo il suo metodo di insegnamento. E così, a forza di interrogazioni, è riuscito a portare tutti i suoi studenti al diploma. "Ognuno di loro, ognuno di noi, ha un lavoro che li aspetta", dice sorridendo.

Verso la fine dell'intervista chiediamo ad Hassan della sua famiglia. "Osservazione banale: i tuoi genitori devono essere molto fieri di te". "Spero di sì – risponde – ma voglio sottolineare che non sono sempre stato così bravo. Una volta studiare non mi piaceva, ero svogliato, non volevo mai andare a scuola. In terza media sono anche stato bocciato", confida. "Ed è proprio per questo che ai miei alunni, ma anche a chi mi ascolta, vorrei dire: se anche siete stati bocciati, non arrendetevi. A me è capitato e oggi sono a questo punto. Studiate, approfondite, appassionatevi. Oggi senza lo studio non si può fare nulla".

Infine, in aula e in laboratorio Hassan si batte contro il bullismo. "C'è una cosa che proprio non riesco a sopportare e per cui ho dato tante note. È il bullismo", racconta. E precisa: "Finché si scherza va bene. Ma è molto chiaro quando lo scherzo finisce, perché c'è una persona che non ride più, mentre l'altra continua". Prof Hassan racconta di avere subito lui per primo episodi di bullismo, alle elementari e alle medie. "A chi vive questo tipo di violenza voglio dire: non datela vinta ai bulli. Studiate, pensate al vostro futuro". "E ai bulli cosa diresti?", chiediamo. Lui ci pensa un attimo, poi con sincerità risponde: "Non ho parole per loro, perché non riesco a capire cosa motiva il loro agire, cosa spinge una persona a divertirsi nell'umiliare qualcun altro. Avrei però qualcosa da dire ai genitori dei bulli: state dietro ai vostri figli e non date loro tutto quello che chiedono. In molti casi sono i genitori a rovinare i figli, quest'anno da docente l'ho proprio visto. Tirano su bambini viziati, che possiedono molto più di quello che meritano e, così, non ne comprendono più il valore".

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