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Processo Yara: “Nei giorni della scomparsa nessun contatto tra Bossetti e la moglie”

Il particolare, ritenuto “significativo” dalla Procura di Bergamo, è stato rimarcato dal maresciallo dei Ros di Brescia che si occupò dell’analisi dei tabulati del presunto killer. Nessun contatto telefonico tra Massimo Bossetti e Marita Comi dal 21 al 28 novembre (Yara è scomparsa il 26) 2010.
A cura di Biagio Chiariello
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Quello tra il 21 e il 28 novembre del 2010 (Yara Gambirasio scomparve il 26) è stato un “periodo di totale assenza di contatti” telefonici tra Massimo Bossetti, indagato per il rapimento e l’uccisione della 13enne di Brembate di Sopra, e sua moglie Marita Comi. Un particolare ritenuto “significativo” dalla Procura di Bergamo e sul quale si è tornato a parlare oggi in Aula, nella nuova udienza del processo contro il muratore di Mapello, il maresciallo dei carabinieri del Ros di Brescia, Giuseppe Gatti, che si occupò dell'analisi dei tabulati di Bossetti. Soprattutto, è stato evidenziato, che fra settembre 2010 e maggio 2011 Bossetti e la moglie si sentivano almeno una o due volte al giorno. Nessuna telefonata, invece, tra il 21 e il 28 novembre, come a testimoniare – secondo l’accusa – un raffreddamento dei rapporti.

Il militare, alle domande del pm Letizia Ruggeri, ha anche ripercorso le telefonate tra i componenti della famiglia Bossetti il 26 luglio del 2012, quando la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, ricevette la convocazione in Questura per il prelievo del Dna e del giorno dopo, quando la donna si sottopose al prelievo. Il maresciallo Gatti ha infine ricordato come il cellulare del presunto killer agganciò la cella di Mapello, in via Natta, alle 17.45 del 26 novembre (la stessa cella a cui si agganciò quello di Yara alle 18,49).

I cellulari di Massimo Giuseppe Bossetti sono stati sempre sotto la lente degli inquirenti, a caccia di prove che mettessero in relazione l’uomo con il delitto della ragazzina. Le analisi erano state avviate nell’ottobre del 2014. Quattro i dispositivi telefonici sequestrati a Bossetti che erano finiti nei laboratori per una consulenza dei carabinieri del Raggruppamento investigazioni scientifiche (Racis) di Roma.

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