Processo Turetta, il legale della famiglia Cecchettin: “Nessuna vendetta, ma giustizia per Giulia”
"Non appartiene alla famiglia Cecchettin la vendetta, la vendetta è una risposta rozza che parte dal dolore e riporta al dolore. Noi vogliamo che Filippo Turetta, che ha chiesto di essere celermente giudicato, lo sia nell'ambito di un processo giusto, ma abbia poi la pena che l'ordinamento già contiene, a fronte di alcune aggravanti che gli vengono contestate".
Così l'avvocato Nicodemo Gentile, che rappresenta Elena Cecchettin, sorella di Giulia, la 22enne uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta, ha commentato l'apertura del processo a carico del ragazzo, reo confesso del femminicidio. La prima udienza si è tenuta oggi, lunedì 23 settembre.
Una data attesa da mesi, dopo che quasi un anno fa il corpo senza vita della laureanda in Ingegneria biomedica era stato trovato nei pressi del lago di Barcis. "Il suo comportamento (di Turetta, ndr) a oggi, a livello processuale, è abbastanza virtuoso però questo non significa che non vada visto soprattutto il suo comportamento prima del processo", ha aggiunto Gentile.
E sulla richiesta di risarcimento (in totale un milione di euro) da parte dei familiari della vittima l'avvocato precisa: "La famiglia Cecchettin è assolutamente indifferente al risarcimento, la richiesta, la quantità dello stesso è per dire che questo è un danno irrisarcibile, perché Giulia, la nostra Giulia, la Giulia d'Italia è morta senza un perché".
Di fatto Giulia Cecchettin, la "Giulia d'Italia", è diventata un simbolo della lotta contro la violenza di genere e i femminicidi, ma, ha sottolineato in aula l'avvocato di Turetta: "Questo processo è destinato a stabilire se Filippo Turetta merita la pena di giustizia e quale sia la pena di giustizia, non può essere un processo in cui la spettacolarizzazione, l'amplificazione, possa autorizzare a fare di Filippo Turetta il vessillo per certi versi di una battaglia culturale contro la violenza di genere".
L'ex fidanzato, Filippo Turetta, era fuggito in auto arrivando fino in Germania, dove era stato rintracciato dalla polizia e aveva confessato l'omicidio. Il ragazzo si trova ora nel carcere di Montorio, in provincia di Verona, ed era già stata annunciata la sua assenza alla prima udienza del processo in cui deve rispondere delle accuse di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking, oltre che di occultamento di cadavere, reati per cui rischia l'ergastolo.
Ed è proprio sulla comminazione o meno della pena massima che si svilupperà l'iter processuale, abbreviato dall'accettazione, da parte di entrambe le parti con assenso della Corte, di acquisire direttamente gli atti di indagine, evitando così l'audizione in aula dei testimoni.
La volontà della Procura di evitare un processo mediatico è stata rispettata anche nella quasi totale assenza di pubblico in aula. Oltre ai giornalisti, negli spazi riservati in piazzale Roma i posti erano occupati dai familiari della vittima, dalla difesa e dai rappresentati delle associazioni contro la violenza di genere e dei comuni di Vigonovo e Fossò (dove si sarebbe svolto il delitto), che hanno fatto richiesta di costituirsi parti civili nel processo.
Istanza però rigettata dalla Corte, che ha ammesso in tale veste solo i parenti di Giulia. La famiglia Cecchettin, che subito dopo l'uccisione della ragazza aveva accettato di parlare per raccontare un dolore personale ma anche sociale – quello generato dalla violenza sulle donne e dalla cultura patriarcale – negli ultimi mesi ha preferito il silenzio. Ma fuori dall'aula il padre di Giulia, Gino Cecchettin, e la nonna, Carla Gatto, hanno concesso qualche dichiarazione ai cronisti presenti.
"Non c’è giorno che io non pensi alla mia Giulia e a tutto quello che ho perso con lei. Ho piena fiducia nelle istituzioni e quindi sono sicuro che la pena giusta sarà quella che la giuria deciderà di comminare", ha detto il padre.
"Noi ce l'abbiamo dentro e viviamo con il pensiero della nostra bambina. Giulia era molto gioiosa, era sempre allegra. Ricordatela così, come la ricordiamo noi", le parole della nonna, che sull'assenza di Turetta ha aggiunto: "Se io fossi in lui sarei stata presente, ci avrei messo la faccia".
Turetta comparirà invece in aula il 25 e il 28 ottobre, quando, su sua richiesta, sarà ascoltato dai giudici. "La ragione fondamentale di questa scelta – ha commentato il suo legale, Giovanni Caruso – è da un lato di carattere tecnico, dall'altro di di carattere umano. Sul piano tecnico-giuridico l'obiettivo è chiedere sostanzialmente un rito abbreviato, non potendo però beneficiare della riduzione di un terzo di pena".
"Dal punto di vista umano, Filippo Turetta si sta convincendo che uno dei caratteri principali per celebrare la giustizia consista anche nella rapidità – ha aggiunto l'avvocato . e vuole quanto prima rendere conto alla giustizia, al suo giudice, alla comunità dei gravissimi fatti commessi".