Processo Sofia Stefani, per il giudice non fu femminicidio: “Nessun maltrattamento o prevaricazione”
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Nel processo a carico del comandante dei vigili di Anzola dell'Emilia, Giampiero Gualandi, per l’omicidio della vigilessa Sofia Stefani sono state escluse tutte le associazioni in difesa delle donne che si erano costituite parti civili perché per il giudice il delitto non fu un caso di femminicidio. Il processo, iniziato oggi davanti alla Corte d’assise di Bologna, si è aperto dunque con un primo verdetto che già fa discutere.
Escluse associazioni antiviolenza nel processo a Gualandi
Per il giudice Pasquale Liccardo, infatti, “le condotte non permettono allo stato degli atti di ricondurre il fatto alla definizione di femminicidio, mancando qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione e prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere".
Con questa motivazione la Corte d'Assise di Bologna ha escluso dalle parti civili le associazioni antiviolenza Udi, Casa delle donne, Sos Donna, Mondo Donna e associazione Malala che avevano chiesto di poter partecipare alle udienze come parti in causa al pari dei familiari di Sofia Stefani.
La famiglia di Sofia Stefani: "Per noi è femminicidio"
Una decisione contestata dai legali delle associazioni ma anche dalla famiglia della vigilessa che parlano di un rapporto di subordinazione della donna nei confronti del comandante col quale aveva avviato un rapporto sentimentale. "Noi pensavamo Sofia fosse al sicuro, per noi questo è un femminicidio. Un femminicidio aggravato dal fatto che lei semplicemente cercava lavoro e come tante giovani donne era estremamente ricattabile" hanno dichiarato i genitori della 33enne uccisa il 16 maggio scorso negli stessi uffici della polizia municipale.
“Gualandi aveva un ruolo apicale, quindi era un dirigente. Una persona di 63 anni che con una collega di 33 anni non è stato in grado di dimostrare di saper usare gli strumenti che un uomo di quell'età deve avere. Non ha neanche saputo rispettare dal punto di vista etico il ruolo che ricopriva. Credo che si debba fare molte domande, spero che se le faccia. La sua capacità manipolatoria e menzognera è stata veramente una cosa gravissima e quindi io voglio per Sofia la verità e giustizia" ha dichiarato la madre di Sofia Stefani.
"Era una persona fragile, aveva le sue difficoltà e nel momento in cui ha trovato qualcuno che ha saputo sfruttare tutto questo è avvenuto l'omicidio. Senza entrare nel merito, dal punto di vista morale sfruttare le difficoltà di qualcuno per un proprio tornaconto è stato per me una cosa veramente molto brutta" ha aggiunto il fidanzato della 33enne, anche lui parte civile coi genitori nel processo.
L'imputato sostiene che il colpo mortale sia partito accidentalmente durante una colluttazione con la vittima seguita a una discussione sul futuro della loro relazione. Per l'accusa, invece, il comandante avrebbe premeditato l'omicidio, prelevato volontariamente la pistola dall'armeria per poi inscenare una colluttazione.