Caso Elena Ceste. Cassazione rigetta ricorso del marito: confermata condanna a 30 anni
Si è decisa la sorte di Michele Buoninconti, dal 2015 in carcere con l'accusa di aver ucciso la moglie Elena Ceste, villetta a Costigliole d'Asti, in Piemonte, la mattina del 24 gennaio 2014. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a trent'anni di carcere, già emessa in primo e secondo grado di giudizio. Il corpo della giovane mamma fu ritrovato a circa un chilometro da casa solo nove mesi dopo la scomparsa, durante i lavori di bonifica del rio Mersa.
Michele Buoninconti si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che sua moglie Elena, all'epoca 37 anni, quattro figli, si sarebbe allontanata volontariamente da casa in preda a una sorta di delirio, nuda, senza documenti né cellulare. Secondo quanto ricostruito dalla prima sentenza di condanna, Michele avrebbe ucciso sua moglie la mattina del 24 gennaio. Dopo aver accompagnato i figli a scuola sarebbe rientrato a casa sorprendendo la moglie mentre era intenta a prepararsi per la doccia (quindi nuda). Dopo averla uccisa ne avrebbe trasportato il corpo in auto al vicino canale del Rio Mersa, dove è stato ritrovato.
Il verdetto si basa sugli elementi di prova trovati all'interno dell'auto del vigile del fuoco e sulle testimonianze. Movente del delitto sarebbe stato l'allontanamento emotivo di Elena dal marito, un distacco che avrebbe scatenato il risentimento del 44enne e la paura di perdere il proprio mondo: i quattro figli, le apparenze sociali e la casa (intestata a Elena). Alla base, dunque quella che l'accusa definisce "sete di dominio e un malsano senso dell’onore”.
Dopo la sua incarcerazione Michele Buoninconti ha intrapreso una corrispondenza con diverse donne, una delle quali è stata recentemente denunciata per stalking dai legali che rappresentato i figli, come parte civile. La donna avrebbe esercitato pressioni sulla figlia maggiore di Michele ed Elena per indurla a dare del padre un'immagine positiva agli occhi dei magistrati e dell'opinione pubblica.