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Omicidio Giulio Regeni

Giulio Regeni, Giorgia Meloni e Antonio Tajani chiamati come testi dal Gup. Amnesty: “Doveroso”

La premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, saranno sentiti il prossimo 3 aprile dal gup di Roma nell’ambito della vicenda di Giulio Regeni sulle parole del presidente egiziano Al Sisi. Riccardo Noury (Amnesty Italia): “Assolutamente doveroso”.
A cura di Ida Artiaco
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La premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, saranno sentiti il prossimo 3 aprile dal Gup di Roma nell'ambito della vicenda di Giulio Regeni. I due dovranno riferire in merito alla disponibilità a collaborare con le autorità italiane espressa dal presidente egiziano Al Sisi nelle scorse settimane.

La richiesta è stata avanzata dal legale dei genitori di Regeni, Alessandra Ballerini. "Assolutamente doveroso", è stato il commento a caldo a Fanpage.it di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, aggiungendo che "è importante che, di fronte al Gup, le autorità italiane vengano chiamate a rendere conto delle incredibili assicurazioni fornite loro dal presidente egiziano e spieghino sulla base di cosa si siano sentite così ottimiste".

Il riferimento è alle dichiarazioni del numero uno delle Farnesina che lo scorso 23 gennaio, a Bruxelles aveva detto: "Il presidente al Sisi mi ha detto che il suo Paese toglierà di mezzo tutti gli ostacoli che, negli ultimi anni, hanno reso difficile la relazione fra i nostri Paesi. Voglio essere. ottimista. Mi auguro che a queste parole seguano dei fatti".

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Proprio oggi c'è stata l'udienza davanti al gup di Roma per la vicenda del ricercatore italiano trovato morto con evidenti segni di tortura al Cairo nel febbraio del 2016 e che vede imputati quattro 007 egiziani. A piazzale Clodio c'è stato anche un sit in a sostegno dei familiari del giovane: tra i presenti anche gli attori Valerio Mastandrea e Pif. "Ognuno vive come vuole la propria popolarità, io credo che si debba prendere posizione sempre", ha detto quest'ultimo.

Sempre Noury, in occasione del settimo anniversario del ritrovamento del corpo del ragazzo, il 3 febbraio 2016, aveva detto: "Noi la verità ce l'abbiamo da tempo perché chiunque conosca la storia dell'Egitto e di Al Sisi si è fatto un'idea molto chiara e cioè che è stato un omicidio di Stato. Il punto non è la verità in quanto tale ma che in un'aula di tribunale si arrivi a proclamarla anche da un punto di vista giudiziario. Se manca questo avremo una verità senza giustizia".

Nei giorni scorsi erano state depositate le motivazioni della sentenza della Cassazione con cui il 15 luglio era stato respinto il ricorso della Procura di Roma contro la decisione del Gup che aveva stabilito la sospensione del procedimento disponendo nuove ricerche degli imputati a cui notificare gli atti.

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