Processo Durini, i genitori di Lucio gridano fuori dal tribunale: “Siamo orgogliosi”
Tensione fuori dall'aula per il processo di Noemi Durini, la sedicenne uccisa a Specchia lo scorso settembre. I genitori di Lucio Marzo hanno gridato ai giornalisti: "Siamo orgogliosi, siamo vivi" in riferimento alle parole pronunciate dal figlio in aula, che ha giustificato l'omicidio accusando Noemi di aver voluto uccidere i suoi genitori. "Ho perso la testa, lei voleva ammazzare i miei".
L'udienza
Per la prima volta Lucio Marzo, 18 anni, imputato per l'omicidio della ex fidanzata Noemi Durini, si è trovato faccia a faccia con i genitori della sedicenne trovata morta lo scorso settembre in provincia di Lecce. Il diciottenne detenuto da mesi in una carcere sardo in attesa del processo, ha esordito chiedendo scusa durante l'udienza preliminare per il processo per omicidio e occultamento di cadavere, tenutasi presso il Tribunale per i Minori di Lecce. Il gup Aristodemo Ingusci ha accolto la richiesta di rito abbreviato avanzata dai legali difensori di Lucio e ha rigettato la richiesta di messa alla prova, L'inizio del procedimento è previsto per il prossimo 2 e 3 ottobre 2018.
Il caso
Il 18enne di Montesardo salentino frazione di Alessano (Lecce), è finito in carcere dopo aver confessato l'omicidio dieci giorni dopo la scomparsa della ragazza. È stato lui a far ritrovare il corpo sotto un cumulo di pietre in località Castrignano del Capo (Lecce). Dove, secondo quanto emerso dall'autopsia, sarebbe stata sepolta viva. L'esame sul cadavere della sedicenne, venne prima picchiata, probabilmente a mani nude, e poi accoltellata e infine sepolta sotto le pietre. La procura per i Minori di Lecce, competente in quanto Lucio Marzo era ancora minorenne all'epoca dei fatti, ha chiuso il fascicolo ritenendolo l'unico colpevole nella vicenda, così come concluso anche dalla Procura ordinaria. Accantonate anche le indagini scattate in prima battuta per Biagio Marzo, padre di Lucio, sospettato in un primo momento di aver aiutato il figlio a occultare il corpo. Naufragata anche la pista che portava al meccanico di Patù, Fausto Nicolì, accusato da Lucio in una lettera che ritrattava la propria confessione e attribuiva il delitto.