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Processi mediatici e suggestioni di massa: Bossetti come Unabomber?

Un video pubblicato a più riprese, quello in cui si vede il furgone di Bossetti girare insistentemente nei pressi della palestra di Yara, la sera della sua scomparsa. Quel video, spacciato per prova, altro non sarebbe che un montato per esigenze di comunicazione. Sottili analogie che sembrano ricordare il tragicomico caso Unabomber.
A cura di Charlotte Matteini
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Ricordate il famoso documento-video realizzato dai Ris di Parma  che mostrava l'insistente passaggio del furgone di Bossetti nei pressi della palestra dove si stava allenando Yara Gambirasio la sera della sua scomparsa? Me lo ricordo bene, io. Come ricordo bene anche i titoli di tanti articoli pubblicati all'epoca:

 "Il furgone di Bossetti girò per un'ora intorno alla palestra", scrivevano in molti. Quel video venne presentato come una delle prove che avrebbero contribuito a inchiodare l'assassino della tredicenne di Brembate. Quel video – mostrato per settimane, fino allo sfinimento – sembrava essere parte integrante dell'impianto accusatorio contro Massimo Bossetti. Ebbene, oggi si scopre che quel video non è mai stato messo agli atti. Anzi, peggio: quel video sarebbe un falso a uso giornalistico.

– «Colonnello Lago, abbiamo visto questo video proiettato migliaia di volte. Perché se adesso lei ci dice che solo uno di questi furgoni è stato effettivamente identificato come quello di Bossetti?».
– «Perché dice questo, avvocato?».
– «Perché, colonnello, sommare un fotogramma con il furgone di Bossetti con un altro fotogramma di un altro furgone è come sommare pere e banane!».
– «Questo video è stato concordato con la procura a fronte di pressanti e numerose richieste di chiarimenti della circostanza che era emersa».
– «Cosa vuol dire colonnello?»
– «È stato fatto per esigenze di comunicazione. È stato dato alla stampa».

Come riportato da Luca Telese su Libero Quotidiano, durante una delle ultime udienze il colonnello dei Ris, Giampietro Lago – torchiato dall'avvocato Claudio Salvagni – avrebbe quindi ammesso che quel video recapitato alla stampa e a più riprese spacciato per prova certa dagli organi di informazione altro non era che un montato concordato con la Procura, concordato per esigenze di comunicazione. Lo scopo? Fornire risposte a fornire di pressanti richieste di chiarimenti. In realtà, quel video è stato utilizzato per influenzare l'opinione pubblica, né più né meno. Una farsa, insomma. Una notizia del genere, in un paese normale, provocherebbe una sommossa popolare. Una notizia del genere, invece, in Italia, passa quasi inosservata. Titoloni in prima pagina all'epoca della diffusione del video, le aperture dei quotidiani online si sprecavano. E la smentita? La smentita, invece, come al solito, appare – se appare – in un trafiletto in decima pagina. Questo dettaglio, per analogie e similitudini non certo confortanti, mi riporta alla memoria un'altra famosa vicenda giudiziaria: quella di Unabomber.

 A cavallo tra gli anni 90 e 2000, in Veneto ci fu un susseguirsi di attentati dinamitardi, attentati che sembravano essere privi di qualsivoglia movente plausibile. Il caso scosse l'opinione pubblica e la stampa seguì attentamente lo svolgersi degli eventi fin dai primi istanti. Dopo anni di indagini, i Ris di Parma acquisirono alcuni indizi – tra cui il Dna e una parziale impronta digitale – che portarono alla costruzione del profilo del presunto attentatore. Sulla base di queste risultanze, nel 2004 venne indagato l'ingegner Elvo Zornitta, su suggerimento di alcuni ex indagati. Nonostante le indagini avessero provato la veridicità degli alibi forniti da Zornitta, le indagini contro di lui proseguirono. Si arrivò quindi a sospettare che qualcuno avesse compiuto gli attentati al posto suo, su esplicita commissione dell'ingegnere. Il colpo di scena arriva nell'ottobre del 2006, quando viene rilevata una compatibilità tra le lame di un paio di forbici sequestrate e i tagli sul lamierino dell'ordigno rinvenuto nella chiesa di Sant'Agnese a Portogruaro. Una prova schiacciante. Fu presentata all'opinione pubblica come la prova regina, l'indizio degli indizi che avrebbe permesso di processare e inchiodare Zornitta. Ricordate come finì il caso Unabomber? Con una condanna in Cassazione per falso ideologico e frode processuale per Ezio Zernar, il poliziotto esperto di balistica che si scoprì aver truccato la prova regina, allo scopo di incastrare l'ingegner Zornitta.

Apparentemente quelle di Bossetti e Unabomber sono due vicende giudiziarie diverse, estremamente diverse. Quello che le accomuna sono alcune sottili analogie, prima tra tutte quella di un impianto accusatorio che sembra essere costruito a posteriori sull'imputato o indagato di turno.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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