“Privare del sonno è un atto d’amore”: Shalom conferma i metodi al centro dell’inchiesta di Fanpage
Le prime risposte che arrivano dai responsabili della comunità Shalom in provincia di Brescia, oggetto dell'inchiesta del team Backstair di Fanpage.it, confermano alcune circostanze significative di quanto emerso dai video ripresi all'interno della struttura e dalle testimonianze degli ex ospiti.
Primo Ghilardi, presidente della comunità, intervistato dalla giornalista Sara Giudice di Piazza Pulita, interpellato circa le violenze, gli insulti, le minacce e le botte all'interno di Shalom, risponde: "Questo lo fa solo suor Rosalina, lei ha questo metodo di aggredire, se vogliamo usare questo termine, la persona per consentirgli di capire e di cambiare però non è un metodo particolare". Sulle violenze replica: "Se a suo figlio che non obbedisce dà una sculacciata sul sedere ha fatto violenza?". Incalzato dalla giornalista su quanto possa essere efficace questo metodo, il presidente risponde: "È 37anni che funziona la comunità Shalom, ha 700 richieste all'anno di entrare, ci sono dei documenti fatti dall'Opera pontificia e nell'università di Verona dove c'è tutto il metodo che stanno usando che hanno usato".
Ghilardi fa riferimento a due rapporti. Il primo è del 2008, redatto dall'Università di Verona, il secondo è del 2014 ed è stilato dall'Istituto di sociologia dell'Università salesiana di Roma, il cui referente scientifico è il professor Giuliano Vettorato. In entrambi, nell'elenco degli autori compare Angelo Lascioli che, oltre ad essere professore all'Università di Verona, risulta essere anche un volontario della comunità Shalom dal 1987, dove compare come "responsabile della progettazione pedagogica della comunità". Il rapporto dell'Università di Verona è stato utilizzato dall'Asl di Brescia per il rilascio dell'autorizzazione definitiva al funzionamento.
Per quando riguarda la stanza delle punizioni, dove si lavora anche di notte, il presidente Ghilardi risponde: "Nel metodo c'è anche la terapia del sonno perché se quei ragazzi lì li lasci da soli durante la notte rischiano di buttarsi dalla finestra o combinare qualcosa per cui questi ragazzi vengono valutati come da seguire di notte, stando nella stanza". "E quindi non li si fa dormire per evitare che si buttano dalla finestra?" – chiede la giornalista. "Sì", risponde il presidente. "Ma dormire è essenziale per l'esistenza", ribatte l'intervistatrice. "Ma chi lo dice? Preferisce uno che si butta dalla finestra o uno che non dorme un giorno o due? È un atto di amore nei loro confronti" – risponde ancora Ghilardi.
Anche suor Rosalina in una lunga lettera pubblicata oggi sul sito e sui social della comunità Shalom risponde ad alcuni dei punti sollevati dall'inchiesta. In particolare rispetto alla "punizione della carriola", la suora parla della ragazza che nel video viene ripresa mentre trascina una carriola carica di sassi, girando intorno senza soluzione di continuità, e che sarebbe una ragazza proveniente da "una famiglia economicamente molto agiata", ci tende a precisare la suora. "La carriola – scrive suor Rosalina – serve al fine di stancarla per darle sia la possibilità di dormire la notte, evitando di dover agire farmacologicamente, sia di stemperare la tensione interiore e i suoi impulsi violenti e agiti autolesivi".
Il metodo della carriola, sottolineano invece i numerosi esperti da noi consultati, non ha nessuna base scientifica o terapeutica, così come quello del gridare "Anch'io ce la posso fare" durante la notte. Su quest'ultimo strumento "terapeutico" suor Rosalina cita una non meglio precisata metodologia tedesca dell'urlo: "Chi è entrato da poco in comunità, magari con pensieri suicidari, con agiti pantoclastici, violenti e aggressivi, e con il rischio che durante la notte possano far del male a se stessi o agli altri, prima di salire a dormire in stanza, li facciamo gridare per 20 o 30 volte ‘Anch'io ce la posso fare', proprio per ‘sbloccare' la loro depressione, modalità convalidata dalla terapia tedesca dell'urlo".