Prima nessuno si è accorto della loro morte, ora nessuno li reclama: l’oblio dei coniugi Steffenoni

È passato un mese da quando, nel silenzio surreale di una villa sulle colline tra Verona e Negrar, sono stati rinvenuti i corpi mummificati di Marco Steffenoni, 75 anni, e Maria Teresa Nizzola, 76. Una scoperta che ha lasciato sgomenti, non solo per le circostanze in cui è avvenuta, ma per ciò che ha rivelato: una morte silenziosa, avvenuta almeno quattro mesi prima, nella più totale indifferenza del mondo esterno.
Nessuno li cercava. Nessuno aveva notato la loro assenza. Solo una bolletta, datata ottobre 2024, ancora infilata nella cassetta della posta, faceva intuire da quanto tempo il tempo si fosse fermato in quella casa.
A fare la macabra scoperta non è stato un parente preoccupato, né un vicino allarmato. Sono stati tre giovani esploratori urbani, appassionati di “urbex”, che si erano spinti fino alla villa per curiosare tra le rovine del passato. Non potevano immaginare di imbattersi nei resti di due esistenze consumate nel silenzio. I due coniugi erano lì, distesi, immobili, ridotti a corpi mummificati, come se la casa stessa li avesse voluti trattenere in un ultimo, eterno abbraccio.
La notizia ha subito fatto il giro del Paese, suscitando sgomento, tristezza, rabbia. Ma ciò che è accaduto dopo è, se possibile, ancora più sconvolgente. Nonostante l’attenzione dei media, nonostante l’appello implicito lanciato dalla morte di Marco e Maria Teresa, nessun familiare si è fatto avanti. Nessuno ha rivendicato una carezza, un ricordo, un gesto d’umanità.
I corpi dei due anziani giacciono ancora all’Istituto di Medicina Legale dell’ospedale di Borgo Roma, dove il 21 marzo è stata effettuata l’autopsia. Marco sarebbe morto per un infarto. Per Maria Teresa si attendono i risultati degli esami tossicologici. Ma intanto, tutto tace.
Il Comune di Verona si farà carico dei funerali
Nel vuoto lasciato dai parenti, sarà il Comune di Verona a occuparsi delle esequie. Lo ha confermato la procura, ancora in attesa che qualcuno – un parente, un avvocato, un amico – si faccia vivo. Un silenzio che pesa come una condanna, e che sempre più spesso accompagna le morti di anziani soli, dimenticati, invisibili.
Eppure, la vicenda di Marco e Maria Teresa ha anche un’altra dimensione, più cinica e burocratica: quella legale. I due vivevano in una villa di pregio e, secondo alcune fonti, disponevano di un patrimonio considerevole. Ma l’eredità è bloccata: per procedere, bisogna stabilire chi dei due sia morto per primo, un dettaglio che determina il ramo familiare a cui spetta la successione.
Pare che Maria Teresa avesse redatto diversi testamenti, in cui indicava come beneficiari non solo il marito, ma anche alcune associazioni animaliste e organizzazioni benefiche. Fino a quando non verrà chiarita la sequenza dei decessi, tutto resta sospeso: il denaro, i beni, le ultime volontà.
Una vita scelta ai margini del mondo
Ma al di là delle carte e dei codicilli, resta la storia nuda e cruda di due persone che avevano scelto – o forse subito – una vita in isolamento. Marco, ex dentista in via Cappello, aveva chiuso lo studio da tempo. Maria Teresa, donna riservata, lo aveva seguito in una quotidianità fatta di silenzi e di mura sempre più spesse. Niente figli, pochi contatti, rapporti familiari dissolti nel tempo. Così avevano vissuto. Così sono morti.
Nella loro villa elegante ma vuota, il tempo si è fermato. E con esso, la memoria. I pochi parenti rimasti, sparsi e lontani, hanno saputo della loro scomparsa dai giornali. E nessuno, finora, ha sentito il bisogno di voltarsi indietro.
La loro storia ci parla di solitudini profonde, di vite che si spengono senza rumore, di una società che, troppo spesso, dimentica chi ha smesso di farsi vedere.