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“Prima il bornout e poi il tumore: sono un medico e a 40 anni sono costretto fuggire dall’Italia”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un medico chirurgo di 40 anni: “Voglio raccontare la mia esperienza e la mia frustrazione in un sistema sanitario che mi sta portando alla fuga. Negli ultimi 2 anni ho avuto una diagnosi di burnout e una di tumore. E ora dovranno risarcirmi”.
A cura di Redazione
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Pubblichiamo di seguito la lunga lettera che ci ha scritto un medico chirurgo e specialista di 40 anni a proposito della sua esperienza nel mondo del lavoro e della sanità.

La lettera a Fanpage.it

Voglio raccontare la mia esperienza e la mia frustrazione di medico chirurgo e specialista in un sistema sanitario che sta portando alla fuga. Ho 40 anni ed alle spalle ho: 6 anni di medicina e chirurgia, 5 anni di specializzazione in chirurgia specialistica, 8 mesi di master in chirurgia robotica, 1 anno di master in chirurgia robotica a Milano.

Ho lavorato in due grossi Ospedali del nord Italia (gli Ospedali di riferimento in cui si curano ancora tutte le patologie anche più complesse), gli ultimi 5 anni trascorsi in un grande ospedale universitario Milanese a cui ho dato anima, cuore e salute. In 5 anni ho accumulato 1500 ore di straordinari (non pagati ovviamente) e 50 giorni di ferie non godute. Ho avuto una diagnosi di bornout, condivisa con il medico del personale che mi ha liquidato dicendomi: "Qui sono tutti in bornout, semmai cercati un altro lavoro…".

Ad agosto 2022 sono stato malissimo. Avevo segnalato più volte al mio Direttore di Struttura (Primario) di non avere il tempo per farmi visitare in quanto ero sempre in sala operatoria. Un giorno, durante il mio orario di lavoro, improvvisamente sono stato male e sono stato portato d'urgenza in pronto soccorso, dove ho scoperto di avere un tumore.

Il giorno successivo il mio Primario mi ha chiesto di mettermi in aspettativa, invece di chiedere malattia, senza stipendio, (peraltro davanti a testimoni a sfidare quanto lui fosse impunito) dicendomi che in questo modo lui avrebbe potuto assumere un altro professionista al mio posto, durante i mesi di assenza. Mi sono sentito una scarpa vecchia rotta e buttata nel cestino. Quando gli facevo notare che c'è in Italia il diritto alla malattia pagata, mi chiedeva subito quanti mesi avessi intenzione di fare di malattia. Ho iniziato un lungo percorso fatto di intervento chirurgico, seguito da chemioterapia e immunoterapia.

Il periodo della malattia è stato quasi una liberazione rispetto all'anno precedente trascorso al lavoro. Mi ha dato modo di capire che non avrei mai più voluto fare questa vita.  Nel frattempo ho subito pressioni per poter tornare al lavoro prima che la mia oncologa sciogliesse la prognosi. Ho perfino chiesto all'oncologa di anticipare gli esami di controllo (rispetto ai tempi previsti) per poter tornare al lavoro prima in quanto il mio primario insisteva che tornassi.

Una volta di nuovo al lavoro, ancora debilitato dalla chemioterapia, tempo una settimana e venivo "sbattuto" nuovamente in sala operatoria per 12 ore al giorno e altri turni sempre massacranti. Nel frattempo, fortunatamente, ho avuto un'offerta di lavoro in una importante istituzione sanitaria all'estero. Ho sempre amato l'Italia e Milano ma, dopo quello che avevo subito, non potevo più rimanere in un tale sistema.

Qui sono iniziati altri guai: ho chiesto l'aspettativa di un anno per poter andare all'estero che mi è stata negata, senza alcuna spiegazione, da parte delle risorse umane dell'ospedale (tempo di risposta tra la mia richiesta di aspettativa e la loro risposta ufficiale: un mese).

Il mio Primario liquidava la mia richiesta di aspettativa con le seguenti parole: "Tu devi capire che sei stato coccolato durante questi mesi e nessuno ti ha fatto pesare la tua assenza. E ora ci ricompensi in questo modo? Se vuoi andare via, dai le dimissioni".

Non so se lui cosa si aspettasse. Una cosa è certa: l'aspettativa me l'avrebbero concessa volentieri quando ero malato ma non quando stavo bene e ne avevo veramente diritto. Vista la richiesta negata, ho chiesto di potermene andare e dare le dimissioni senza il periodo di preavviso, data anche la recente diagnosi di bornout e di tumore, avevo diritto ad una dimissione per giusta causa. Anche questa opzione mi è stata negata.

Ho quindi dato le dimissioni non rispettando in pieno il periodo di preavviso (la loro latenza tra la richiesta di aspettativa e la risposta negativa non mi consentiva di rispettare il periodo di tre mesi perché avevo già accettato l'altro lavoro all'estero), comunicando alla Risorse Umane dell'Ospedale che in caso non avessero richiesto penali e/o altro avrei rinunciato ad ogni pretesa di monetizzazione circa i danni morali, fisici e gli straordinari non pagati (che ammontano a circa 40.000 euro). L'Ospedale, ricordo un ospedale pubblico, ha risposto di no pure a questa proposta addebitando una penale per mancato preavviso.

Questo è il trattamento riservato ad un medico che ha sempre fatto il suo lavoro in maniera eccellente (le schede di valutazione annuale del mio Primario lo dimostrano) dopo che ha avuto una malattia grave con riconoscimento di 100% di invalidità; e, soprattutto, questo è come vengono gestite le risorse sanitarie anche nei blasonati Ospedali Scientifici Pubblici.

Ora ho dato disposizione ai miei legali di procedere per chiedere: mancato riconoscimento straordinari, ferie non godute (mi è stato impossibile goderle), danno stress correlato e danno fisico correlato (compresa la malattia tumorale).

L'Ospedale andrà incontro ad un esborso molto notevole rispetto a quanto io chiedevo e quello che mi fa più soffrire è che i soldi sono pubblici e quindi di tutti noi. Riceverò un risarcimento che mi farà sorridere solo a metà perchè so già per certo che i responsabili delle risorse umane ed il mio Primario, che insieme hanno avallato questi comportamenti, rimarranno comunque al loro posto. Io, nel mio piccolo, mi rincuoro sapendo di non contribuire più al funzionamento di un sistema simile e di non contribuire più a versare le tasse in un Paese che mi ha trattato in questo modo.

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