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Prete aggredito da due fedeli: pretendevano le condoglianze da tutta la chiesa

Don Giovanni Rigoli, parrocco di Varapodio, Reggio Calabria, era stato picchiato da due persone che sono poi fuggite. Individuati dai carabinieri: pretendevano che la gente presente in chiesa potesse fare le condoglianze ai parenti durante una messa commemorativa nonostante la contrarietà del prete.
A cura di Biagio Chiariello
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 Hanno un nome e un volto gli aggressori di don Giovanni Rigoli, il 38enne parrocco della chiesa di Santo Stefano a Varapodio, nella città metropolitana di Reggio Calabria, aggredito al termine di una celebrazione eucaristica di un ‘settimo' da due persone poi fuggite. Si tratta di due cugini della defunta commemorata, una donna del posto emigrata in Australia, che avevano preteso che la gente presente in chiesa potesse fare le condoglianze ai parenti nonostante la contrarietà espressa dal prete, già prima dell’inizio della celebrazione.

Il sacerdote aveva poi spiegato che aveva solo rispettato l’applicazione delle disposizioni curiali ed impedito che, al momento delle condoglianze, all’interno della chiesa si creasse un assembramento di persone. Disposizioni evidentemente non venivano recepite dai familiari della defunta. Il 38enne era stato prima insultato, quindi immobilizzato e poi colpito da una testata nella zona della sagrestia. Era stato poi medicato all’ospedale di Gioia Tauro.

Sull’episodio indagano carabinieri. Uno dei due cugini denunciati è già noto agli investigatori perché segnalato per oltraggio a pubblico ufficiale: ora devono rispondere di lesioni, violenza privata e turbamento di funzioni religiose.

Il vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Giuseppe Alberti, ha espresso la "ferma condanna" contro l'aggressione, e "vicinanza" a don Giovanni.

Siamo profondamente sconvolti – ha detto il monsignore – per questo atto di violenza. Gli attacchi contro i membri del clero non solo colpiscono la persona che li subisce, ma feriscono anche la fede e la spiritualità della nostra comunità". Certe azioni “azzerano l'impegno spirituale di ogni individuo – ha aggiunto Alberti – e, quando permettiamo che simili azioni prevalgano, rischiamo di invalidare la fede stessa che ci unisce".

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