Prato, sesso con l’allievo 13enne, il marito della professoressa: “Lasciateci quel bambino”
Dopo che il test del Dna ha confermato che il bimbo partorito 7 mesi fa da una insegnante di ripetizioni di Prato è di un suo ex alunno, oggi 15enne, resta da capire per gli inquirenti e i legali delle due parti cosa accadrà ora al piccolo, protagonista senza volerlo di uno dei casi di cronaca che più sta facendo discutere l'opinione pubblica italiana. Al momento, gli avvocati della donna, che oggi ha 35 anni, hanno chiesto alla Procura di interrogare il giovane in "audizione protetta" con modalità di incidente probatorio. Fondamentale per loro, infatti, sarà capire l'età che aveva il giovane al momento degli atti sessuali. Se, infatti, il primo rapporto è avvenuto quando il ragazzo aveva 13 anni, cioè nel 2017, per l'insegnante scatta il reato di violenza sessuale, altrimenti si procede per quello di atti sessuali con minori, che comporterebbe pene più leggere. La legge, infatti, esclude del tutto che vi possa essere consenso da parte di un minore di 14 anni ad avere rapporti sessuali, per motivi di maturità psicologica, evidentemente non ancora raggiunta.
Se la Procura darà il via libera, il 15enne affronterebbe un'udienza a porte chiuse, in camera di consiglio davanti al gip e il suo racconto sarà prova valida per un processo futuro. Nel frattempo, proseguono le indagini degli inquirenti, che stanno continuando a sentire anche eventuali testimoni che possano aiutarli a far luce sulla vicenda. E sulla questione è intervenuto anche il marito della professoressa, una operatrice socio-sanitaria che dava anche ripetizioni di inglese. L'uomo ha con la donna un altro figlio di 7 anni e per la legge è lui, a tutti gli effetti, il padre del bambino nato 7 mesi fa, anche se non dal punto di vista biologico. "Non voglio perderlo, lo sento ancora mio", continua a ripetere l’uomo, come riporta il quotidiano La Nazione, dopo averlo già detto in questura quando ha accompagnato la moglie a cui era stato notificato l’avviso di garanzia per il reato di sesso con minori. A quanto pare, lui sapeva tutto da tempo ma non ha mai lasciato sola la sua compagna. Era stata proprio la donna ad avvertire il 15enne: "I miei e mio marito sanno già tutto, tu puoi dire quello che vuoi", avrebbe scritto in un sms prima che la vicenda arrivasse in tribunale. Nonostante ciò, secondo fonti della Procura, l'uomo non ha disconosciuto il piccolo.
"L'attribuzione della paternità – ha sottolineato Luciano Trovato, presidente del Tribunale dei minori di Firenze – è automatica ed eventualmente per disconoscere il figlio deve essere intrapresa un’azione legale. Oltretutto, come regola generale un minore che ha meno di 16 anni non può riconoscere un figlio, salvo autorizzazione. In questo caso il minore deve essere rappresentato da un genitore e autorizzato al riconoscimento. Poi si avvia un procedimento e un eventuale riconoscimento della paternità. Ma in questo caso ci sono due blocchi giuridici: l’età inferiore a 16 anni e l’esistenza di un altro padre, quello giuridico". Ciò significa che difficilmente il bimbo appena nato potrà cambiare famiglia.