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Prato, detenuto si impicca in carcere: è il 77esimo suicidio dell’anno, mai così tanti

L’uomo, un cinquantenne italiano, è stato trovato morto nella sua cella della casa circondariale di Prato. Dall’inizio dell’anno nel penitenziario toscano si sono suicidati quattro detenuti e sette agenti di polizia.
A cura di Davide Falcioni
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Un detenuto italiano di 50 anni, in carcere per reati "a grande riprovazione sociale e con fine pena fissato al 2030", si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella della casa circondariale di Prato. Lo rende noto il segretario nazionale del sindacato Uilpa penitenziari Gennarino De Fazio, il quale spiega che "a nulla sono valsi i soccorsi della Polizia penitenziaria e dei sanitari". Si tratta, osserva il sindacalista, del 77esimo suicidio dietro le sbarre dall'inizio dell'anno, "il quarto alla Dogaia, cui bisogna aggiungere 7 appartenenti alla Polizia penitenziaria che, parimenti, si sono suicidati in quella che è una strage senza fine".

"Sebbene nell'ultima parte dell'anno pare vi sia stato un leggero rallentamento nelle morti di carcere e per carcere, siamo sempre alle prese con numeri destinati ad abbattere ogni precedente record. Del resto, la crisi penitenziaria continua a non essere tangibilmente affrontata dal Governo e gli indicatori sono tutti in negativo. 15mila detenuti oltre i posti disponibili, 18mila unità mancanti alla Polizia penitenziaria, omicidi, suicidi, violenze di ogni genere, stupri, piazze di spaccio e malaffare. Queste sono oggi le nostre prigioni. A pagarne le spese, oltre ai reclusi, i 36mila donne e uomini della Polizia penitenziaria che scontano le pene dell'inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato", aggiunge De Fazio.

Gli agenti, spiega il sindacalista, sono sottoposti a "carichi di lavoro debordanti, turni di 8, 16 e persino 24 ore ininterrotte, oltre 3mila aggressioni subite nel solo 2024, mortificati nel morale e colpiti nell'orgoglio anche per una gestione organizzativa e amministrativa che spesso li discrimina e li svilisce, come nei recentissimi casi della missione in Albania o del trasferimento forzoso dai minori agli adulti".

Per questa ragione – aggiunge il Segretario della UILPA Polizia Penitenziaria, "serve immediatamente un'inversione di tendenza. Va deflazionata la densità detentiva, necessita potenziare concretamente gli organici della Polizia penitenziaria assicurando al contempo ai suoi appartenenti un trattamento paritario con i restanti operatori del comparto, occorre garantire l'assistenza sanitaria e psichiatrica e, non ultimo, va riorganizzato per intero l'apparato gestionale e amministrativo".

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