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Porto di Catania, la gioia dei migranti dopo lo sbarco. L’Ong Sos Humanity: “Torneremo in mare”

Le operazioni di sbarco di tutti i migranti fermi da giorni al porto di Catania si sono concluse ieri notte. Adesso si attendono le destinazioni.
A cura di Luisa Santangelo
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Il gesto di un migrante appena sbarcato dalla Humanity 1
Il gesto di un migrante appena sbarcato dalla Humanity 1
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Mimano un cuore con le mani da dietro ai vetri sporchi di un autobus. Sono da poco passate le 22 di ieri sera quando gli ultimi 35 migranti lasciano, sfiniti, il porto di Catania. Erano a bordo della Humanity 1 della ong Sos Humanity ed erano stati appena preceduti dagli oltre duecento uomini che, fermi a un'altra banchina, si trovavano sulla Geo Barents di Medici senza frontiere. A sbloccare uno stallo che durava da sabato sera, l'intervento dei medici del dipartimento di Salute mentale dell'Asp di Catania, coordinati dall'Usmaf, l'ufficio ministeriale della Sanità marittima.

Gli applausi sono scroscianti. Si sentono a distanza quelli dello staff di bordo delle due imbarcazioni e quelli degli stessi naufraghi, che si sostengono tra loro. E, appena i bus carichi passano, ci sono gli applausi degli attivisti antirazzisti del capoluogo etneo, da giorni in presidio permanente nei pressi delle due navi, tenuti a distanza dalle misure di sicurezza delle forze dell'ordine. Su un autobus si sente cantare Bella ciao, su un altro solo le grida dei sopravvissuti: "Grazie, grazie mille", urlano sorridendo.

"Finalmente sono cominciate le operazioni di sbarco e questa attesa ingiustificata", dice a Fanpage.it Till Rummenhohl, capo delle operazioni di Sos Humanity. "Se questo può accadere è solo perché abbiamo chiesto che venissero fatti nuovi controlli sui richiedenti asilo a bordo, con i mediatori culturali e con un'attenzione anche alla salute mentale di queste persone", commenta.

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Accanto a lui c'è ancora una volta Riccardo Campochiaro, l'avvocato catanese componente del team legale della Humanity 1. Adesso che tutti i migranti sono a terra, i due ricorsi che erano stati presentati non hanno più motivo di essere portati avanti. Il primo riguardava la necessità di fare sbarcare tutte le persone a bordo ed era rivolto al Tar di Catania, il secondo contestava l'illegittimità del decreto interministeriale che imponeva l'obbligo di lasciare il porto ancora cariche di persone. "Crediamo che anche la nostra azione giudiziaria abbia influenzato le scelte del governo – aggiunge Campochiaro – La seconda visita sanitaria conferma la correttezza di quello che abbiamo sempre sostenuto, e cioè che la procedura adottata era irregolare. Ci domandiamo perché si sia dovuto attendere così tanto".

Dall'altra parte del porto, anche sotto alla Geo Barents di MSF si respira un'aria più leggera. Partito l'ultimo autobus, arriva anche la comunicazione ufficiale all'equipaggio: "MSF team, MSF team: rescue complete". Salvataggio terminato. I veicoli partono alla volta del Palaspedini, nella zona dello stadio del capoluogo etneo. Lì sono state sistemate le brande per tutti e, intorno alla mezzanotte, arriva un pasto caldo su un furgone della Protezione civile. Durante la giornata di oggi saranno definiti dal ministero dell'Interno i luoghi a cui queste persone sono destinate.

"Il clima che si respira è sereno – spiega Stefano Principato, presidente del comitato della Croce Rossa di Catania – La prima cosa che abbiamo fatto è stata mettere a disposizione i nostri wifi per permettere a questi ragazzi di parlare con le loro famiglie. Adesso sono certamente più tranquilli: hanno vissuto questi giorni carichi di tensione e ora, una volta messo piede sul territorio italiano, possono cominciare a programmare le loro vite".

Gli equipaggi delle ong, intanto, si preparano a sistemarsi per la ripartenza. "Sicuramente avremo bisogno di fare delle provviste – afferma Rummenhohl – Dobbiamo portare nuovo cibo a bordo, dare il cambio ad alcuni componenti del team. Quello che è certo, però, è che il nostro lavoro continua: la situazione al centro del Mediterraneo non cambia da in una notte. Ogni giorno che noi passiamo fermi al porto è un giorno in cui qualcuno sparisce in mare e qualcun altro affoga. Noi dobbiamo tornare a fare il nostro lavoro, in attesa che l'Unione Europea risolva la situazione".

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