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Strage di Portella della Ginestra, i 70 anni della madre di tutti misteri italiani

Nonostante i proclami della politica i documenti e le indagini su Portella della Ginestra risultano sparpagliati e difficilmente raggiungibili. Caduto il segreto di Stato rimane la difficoltà (colposa o dolosa) di accedere agli atti che nascondono una verità che nonostante venga commemorata tutti gli anni non è ancora stata raccontata.
A cura di Giulio Cavalli
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È una storia terribilmente italiana, con tutte le sue discordanze e i suoi segreti mai confessati, e soprattutto è l'ennesima occasione italiana in cui il Paese di ritrova a commemorare qualcosa che non è mai stato raccontato fino in fondo, quasi preoccupandosi più di imbiancare sepolcri piuttosto che aprirli: è ancora primo maggio e anche quest'anno è ancora la stanca celebrazione delle vittime della strage di Portella della Ginestra, con la solita patetica tentazione di ridurre tutto alle sole vittime restate a terra (11 persone colpevoli di essere lavoratori sul margine della soddisfazione di vedersi riconosciuti alcuni diritti e soddisfatti di poter credere di avere una rappresentanza politica) e di accusare di tutto l'accusabile uno strampalato "bandito" (Salvatore Giuliano e i suoi 80 fedeli accoliti, numeri e addestramenti da battaglione più che da brigantaggio).

Quello che sanguina invece tutto intorno (la carneficina morale di un Stato che anche allora stringeva indicibili accordi tra pezzi di governo e mafia con l'aiuto probabile di forze internazionali più anticomuniste che antifasciste) è stato derubricato come sensazionalismo antistorico o complottismo; e fa niente che "il segreto di Stato" che ci avevano promesso solennemente di togliere quanto prima in realtà oggi si sia solo travestito da inefficiente burocrazia che rilascia a singhiozzo documenti sparsi e non indicizzati che fanno della verità un cumulo indecifrabile.

Era il primo maggio del 1947 e sulla piana di Portella della Ginestra, in coda alla seconda guerra mondiale, si torna a celebrare la festa dei lavoratori dopo che il fascismo aveva imposto lo spostamento al 21 aprile (in occasione del Natale di Roma) durante il regime. Quel primo maggio, tra i monti Kumeta e Maja e Pelavet, i lavoratori, in prevalenza contadini, si ritrovarono in occasione della festa dei lavoratori per protestare contro il latifondismo a favore delle terre incolte e per festeggiare il risultato del blocco PCI-PSI alle ultime elezioni dell'Assemblea Regionale Siciliana quando il rumore secco delle armi (inizialmente scambiate per festanti mortaretti) irruppe nella piana lasciando cadaveri a terra. Alla giustizia e all'opinione pubblica hanno consegnato come unico colpevole Salvatore Giuliano e i suoi uomini trovando nelle sue simpatie filofasciste e anticomuniste il movente della strage.

La soluzione immediata e semplice di un'indagine (il governo azzarda le prime conclusioni addirittura poche ore dopo l'attentato) è sempre sospetto e i fatti ci dicono infatti che se Salvatore Giuliano è stato effettivamente a capo del commando che ha premuto i grilletti i mandanti sono ancora una volta da cercare tra la politica, la mafia e gli interessi convergenti di chi, all'epoca, vedeva l'avanzata del Partito Comunista come un pericolo per i privilegi acquisiti. I diritti del resto costano e per questo i detentori dei privilegi non li amano per niente.

Come ha detto nei giorni scorsi il Presidente del Senato Pietro Grasso: «Portella fu essenzialmente una strage politica. La prima strage di civili della storia repubblicana» e non c'è dubbio che «dietro il massacro vi furono forze sociali politiche e mafiose che spingevano per la conservazione di un certo ordine socio- politico che è quello dove la mafia affonda le sue origini».

Portella della Ginestra però non è un caso isolato. La lettura di quell'evento ci è possibile solo se riusciremo a contestualizzarlo nella storia di un Paese che ha terrificanti similitudini nei casi di eversione di Stato. Come scriveva qualche tempo fa Giuseppe Casarrubea (che allo studio della strage ha dedicato tutta la vita) nel libro scritto con Mario Josè Cereghino ("La scomparsa di Salvatore Giuliano. Indagine su un fantasma eccellente", Bompiani): «C’è una continuità storica segnata da una serie di stragi che, a partire da Portella della Ginestra, hanno costruito un percorso di azione politica eversiva, volta a ottenere risultati attraverso una lotta politica non ortodossa e sotterranea. Noi abbiamo costantemente registrato una connessione tra l’azione dei servizi segreti, prima il Sis poi il Sifar e il Sismi, con altri livelli di azione dello Stato, legati per un verso al governo nazionale, per l’altro al mondo di Cosa nostra. Si è trattato di un’interazione in cui hanno agito, in modo organico, tre soggetti diversi: elementi del mondo criminale, dominato dalla mafia, che ha funzionato come una sorta di sistema solare rispetto alle orbite del mondo criminale circostante; servizi segreti italiani, dominati a loro volta da quelli americani, Oss e poi Cia; mentre il terzo soggetto è il potere politico”.

La verità però bisogna volerla e il compito dello Stato sarebbe rimuovere gli ostacoli verso la sua realizzazione: il segreto di Stato su Portella della Ginestra, al di là dei proclami ufficiali, è ancora una crosta dura da rimuovere. Qualche giorno fa Ilaria Moroni, direttrice dell'Archivio Flamigni che ha completato il censimento di tutta la documentazione sparsa tra una ventina di diversi istituti, in un'intervista a l'Unità ha lanciato l'allarme: «Gli archivi, soprattutto di Parlamento e governo, non ci rispondono e non ci danno il materiale. Il rischio – denuncia – è che venga tutto sparpagliato disperdendo il contesto». Il 23 febbraio scorso il senatore Michele Figurelli ha chiesto «la pubblicazione degli atti relativi alla denuncia del 1951 del professor Montalbano contro il deputato monarchico Giovanni Alliata di Montelepre e l’ispettore di polizia Messana» che avrebbero intrattenuto una vera e propria "trattativa" con il bandito Giuliano nei mesi precedenti alla strage. In quei documenti ci sarebbero anche le prove dei rapporti tra Washington e il bandito. Figurelli ha anche chiesto «gli interrogatori di Pisciotta e i confronti tra Pisciotta e Sciortino» che indicherebbero l'esistenza dei rapporti con la politica, e i fascicoli «sui mafiosi del comprensorio della Piana degli Albanesi, San Giuseppe Iato e San Cipirello la cui conoscenza è indispensabile per ricostruire il contesto della strage».

Una verità sbrindellata che si fatica a ottenere. Intanto, quest'anno ancora, si commemora.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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