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Totò Riina è morto, la mafia no

Pm Di Matteo, “Riina è perfettamente lucido, sentito parlare di Gelli e Ciancimino”

Il pm della trattativa stato mafia ha rivelato in aula che il boss è stato ascoltato dagli agenti mentre parlava dei suoi rapporti con Provenzano e di quelli tra Vito Ciancimino e Licio Gelli.
A cura di Antonio Palma
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"Riina è perfettamente lucido e orientato nel contesto. Abbiamo depositato in segreteria la relazione di servizio di un agente penitenziario che lo ha ascoltato in carcere", così il pm Nino Di Matteo si è rivolto questa mattina al giudice a inizio udienza del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia che vede tra gli imputati proprio il boss mafioso. La rivelazione arriva in piena polemica sulla sentenza della Cassazione che nei giorni scorsi aveva chiesto al tribunale di sorveglianza di Bologna di motivare nuovamente il rifiuto a concedere misure alternative al carcere per Riina i cui legali a più riprese hanno chiesto  il differimento dell'esecuzione della pena per motivi di salute.

Riina sarebbe stato ascoltato dagli agenti mentre parlava "in concomitanza dell'udienza del 30 marzo scorso del processo sulla trattativa Stato-mafia" che il boss segue in videoconferenza dalla saletta del carcere di Parma steso su una barella dopo il ricovero nel reparto detenuti dell'ospedale di Parma. "Riina, apparendo lucido, ha parlato di Rosario Cattafi, Chiamandolo “zio Saro” dimostrando di conoscerlo. Ha parlato apparendo perfettamente lucido dei rapporti tra Vito Ciancimino e Licio Gelli, dei suoi rapporti con Provenzano e della morte dell'ex vice del Dap Francesco Di Maggio" ha spiegato Di Matteo, chiedendo alla corte che celebra il processo di sentire l'agente della polizia penitenziaria che ha ascoltato le parole di Riina e le ha riportate in una relazione di servizio.

Oltre all'assistente capo della Polizia penitenziaria che ha ascoltato Riina, il pm Di Matteo ha anche chiesto un confronto tra gli ex ministri Paolo Cirino Pomicino, Vincenzo Scotti e Giuliano Amato, chiamati in causa dal boss mafioso nei sui discorsi. Nell'ambito dello stesso processo l'accusa ha depositato anche le intercettazioni con microspie ambientali effettuate in carcere tra il boss Giuseppe Graviano e il compagno di cella Umberto Adinolfi. Per i pm infatti le intercettazioni sono rilevanti ai fini del processo ed è stato chiesto di citare a deporre lo stesso Graviano.

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