Niente, continuiamo a fare sempre lo stesso errore: pensare che dall’incubo della pandemia di Covid-19 possiamo uscirne da soli, o al più come nazione, o al più come mondo ricco e occidentale. Ancora non ci è entrato nella testa, dopo quasi due anni di pandemia, che il virus non si ferma alle frontiere, che non fa distinzioni tra i gommoni dei migranti e la prima classe dei voli intercontinentali e che, molto banalmente, finché non ci saranno zero casi in tutto il mondo non potremo dire di esserne fuori.
Sembra tutto così ovvio che nemmeno dovremmo scriverne. Eppure, anche oggi ci tocca leggere che le terze dosi di vaccino anti Covid somministrate dai Paesi più ricchi hanno già superato tutte le dosi di vaccino somministrate sinora nei Paesi più poveri. Per amor di precisione, e per citare il Financial Times che per primo ha riportato questi dati: nei 59 Paesi a reddito più alto 16 persone su 100 hanno già fatto la cosiddetta dose booster del vaccino, mentre nei 29 Paesi a più basso reddito sono solo 11 ogni 100 ad aver ricevuto almeno una dose di un qualunque vaccino contro il Covid.
Il percorso oramai lo conosciamo a memoria: il virus circola fortissimo nei Paesi a basso reddito e ad alta densità abitativa, dove i vaccini sono un privilegio, finendo per mutare in una variante più trasmissibile, o più aggressiva, magari pure in grado di resistere ai vaccini. E poi non gli resta che sedersi su un sedile d’aereo e atterrare negli hub aeroportuali europei e americani, per poi prendere altri aerei, o taxi, o autobus, e arrivare nelle nostre case nel giro di pochi giorni.
Certo, è esattamente quel che è successo con la variante Omicron, lo spauracchio di oggi. Ma è anche quel che chiunque – dai cooperanti alle organizzazioni non governative, da Bill Gates a Joe Biden – aveva previsto ed era consapevole sarebbe successo, prima che accadesse. Come al solito, però, il pensiero e l’azione seguono sovente strade diverse. E le dosi promesse sono meno di quel che servono. E le dosi effettivamente consegnate sono meno di quelle promesse. E dove arrivano le dosi, spesso, non ci sono le strutture o il personale per inocularle.
Le conseguenze, insomma, le conosciamo bene, perché le stiamo vivendo ora. Ma pure le cause, gira e rigira sono sempre le stesse: le disuguaglianze atroci tra ricchi e poveri, tra primo e terzo mondo. E l’egoismo dei Paesi ricchi, che nemmeno di fronte a un’emergenza sanitaria come mai se n’erano viste prima riescono a rinunciare alla loro rendita di posizione e alle loro cinque dosi a persona, sia mai che ai loro elettorati stanchi e annoiati, che non sanno declinare il concetto di libertà se non al singolare e che si permettono pure il lusso di rifiutare un vaccino gratuito, tocchi ancora che gli chiedano un documento al ristorante, o una mascherina in un luogo affollato.
E cosi, mentre continuiamo a impilare disuguaglianza su disuguaglianza, privilegio su privilegio, ingiustizia su ingiustizia, nemmeno ci rendiamo conto che non stiamo facendo altro che perseverare nell’errore che, prima o poi, variante dopo variante, virus dopo virus, farà crollare tutto quanto. È solo questione di tempo. Evidentemente, qualcuno ha l’orologio rotto e non lo sa.