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Divisi alla nascita, mamme e figli che si cercano

Più di 2mila figli adottivi cercano la mamma naturale: “È un loro diritto, serve una legge”

“E’ necessaria una legge che garantisca il diritto dei figli non riconosciuti a conoscere le loro origini”. Ne è convinta Anna Arecchia, presidente del Comitato sorto dieci anni fa per sostenere i nati da un parto in anonimato nella loro ricerca di una mamma rimasta segreta. Dal 2013 ad oggi, sono oltre 2000 le istanze presentate ai Tribunali per i minorenni dai figli non riconosciuti per sapere l’identità dei propri genitori biologici.
A cura di Mirko Bellis
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Anna Arecchia, la presidente del Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche
Anna Arecchia, la presidente del Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche
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L'attuale ordinamento italiano non consente al figlio adottato e non riconosciuto alla nascita di accedere all'identità dei genitori biologici. Il diritto alla segretezza assicurato alla donna che ricorre ad un parto in anonimato prevale su ogni altra considerazione o richiesta. In questi anni, tuttavia, i Tribunali dei minorenni sono intervenuti sulla materia e i giudici hanno stabilito che il figlio, al compimento del 25˚anno di età, possa far pervenire alla madre una richiesta per sapere se desidera o meno continuare a rimanere anonima.

“L'interpello, al di là degli aspetti giuridici, porta con sé una complessità emotiva e psicologica molto forte”, afferma Anna Arecchia, presidente del Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche. “La mediazione deve tener conto dei tempi necessari alla donna per elaborare l'esperienza e, soprattutto, è necessario agire con la massima delicatezza”. Intervistata da Fanpage.it, Arecchia spiega gli aspetti legati alla ricerca di una mamma naturale rimasta segreta.

Quanti sono i figli che hanno chiesto di conoscere la madre biologica?

"Dal 2013 ad oggi sono state presentate nei diversi Tribunali per i minorenni oltre 2000 istanze da parte dei figli non riconosciuti. Il numero delle richieste è decisamente destinato a crescere, e lo sarà ancor di più se esisterà una informazione capillare della problematica e delle novità che, nel frattempo, la magistratura ha introdotto in tema di diritto alle origini biologiche. Ogni giorno arrivano al nostro comitato numerosissime e-mail di persone che chiedono come possono procedere per poter accedere alle loro origini. Ad ognuno di loro dedichiamo gratuitamente il nostro tempo e tutte le informazioni del caso".

Come si svolge la procedura di interpello?

"I tribunali, dopo aver recepito le generalità della madre biologica da parte della polizia giudiziaria incaricata di effettuare le ricerche, assegnano a personale specializzato, principalmente assistenti sociali, il delicato compito di contattare la madre biologica. Non ci è consentito conoscere nient’altro. Vorrei appunto sottolineare come rispetto a questo aspetto è necessaria una maggiore trasparenza sulle modalità utilizzate per evitare un agire variegato e non sempre idoneo, in cui le modalità di comunicazione del rifiuto materno avvengono in termini a dir poco cinici e irrispettosi della dignità".

Quali sono le difficoltà più importanti?

"La principale difficoltà risiede sicuramente nella incapacità, da parte di molte madri, di elaborare improvvisamente la richiesta. È per questo che chiediamo che l'interpello tenga conto di tutto il tempo necessario alla donna per poter rivisitare dentro se stessa e, con l’adeguato aiuto, di rielaborare un passato probabilmente e volutamente sotterrato, ma sicuramente mai dimenticato. La seconda difficoltà che si può incontrare è il timore per la donna di dover affrontare la propria famiglia".

Quante sono le madri naturali che hanno revocato l’anonimato?

"L'età media di chi presenta la richiesta è ancora piuttosto elevata e spesso acquisiamo le generalità di madri decedute. In questi casi, non rimane che la dolorosa possibilità di potersi recare su una tomba per porgere un fiore. Delle madri trovate in vita e contattate, invece, i dati nazionali si attestano intorno a un 65% di rimozione dell'anonimato a cui segue l'incontro col proprio figlio e quasi sempre una frequentazione".

Perché è necessaria una legge?

"Il nostro comitato nazionale ha iniziato nel lontano 2008 a richiedere al Parlamento che legiferasse sul riconoscimento del diritto alle origini. Erano migliaia le richieste di persone che ritenevano un diritto imprescindibile la conoscenza delle radici, del loro passato e dei motivi dell'abbandono. Stiamo parlando di 400.000 cittadini che dagli anni '30, e quindi presumibilmente ancora in vita, non erano stati riconosciuti alla nascita dalla madre naturale. Nel corso degli anni, poi, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 2013, solo alcuni Tribunali ne hanno recepito le direttive; molti altri, invece, continuavano a respingere le istanze. Anche dopo la sentenza delle sezioni unite della Cassazione abbiamo continuato ad assistere ad una diversificazione nei procedimenti. Purtroppo, finora, due legislature non sono state sufficienti a riconoscere il diritto, nonostante tutto il nostro impegno".

Potrebbe scoraggiare il ricorso al parto in anonimato?

"Il nostro comitato non hanno mai messo in discussione la possibilità di esercitare il diritto del parto in anonimato. Le madri che intenderanno non svelarsi non dovranno avere alcun timore perché saranno sempre loro che, al momento dell'interpello, potranno decidere se rimuovere l'anonimato espresso all'epoca del parto oppure continuare a confermarlo. Il nuovo disegno di legge in discussione al Senato, inoltre, fornisce la possibilità per la madre di potersi recare spontaneamente presso il tribunale per i minorenni e rendere dichiarazione di non voler essere interpellata. Un doppio catenaccio, quindi, che continuerà a garantire alla donna la possibilità di non essere identificata".

Nel caso la madre non voglia rinunciare all'anonimato, come viene superato un secondo abbandono?

"Ognuno di noi mette in conto qualsiasi tipo di risultato. Quantomeno in teoria. Certo fare i conti con un secondo rifiuto è senz'altro un nuovo dolore. Abbiamo avuto dei casi e le reazioni sono state le più disparate. Sicuramente sarà un nuovo abbandono da elaborare, ma la speranza che la madre possa ritornare sui propri passi, non ci lascia mai. Comunque non sono stati rari i casi in cui, dopo un no, ha fatto seguito la richiesta di voler incontrare il proprio figlio".

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