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Piccolo manuale di sopravvivenza a questi giorni di paura

Riflessioni e sguardi d’insieme. Negli attentati di Bruxelles c’è dentro tutta la povertà di un’Europa sempre più ristretta, infeltrita e sciatta. Paghiamo i nervi irrisolti di un’epoca in cui s’è perso il senso politico di una coscienza collettiva. E le reazioni ingrassano i terroristi.
A cura di Giulio Cavalli
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C'è dentro tutto: la paura che diventa terrore, le diverse periferie delle città e del nostro mondo, il federalismo del sangue e la diseguaglianza regalata ai violenti. Il giorno dopo gli attentati di Bruxelles, appena passati il fumo e la polvere, si cerca di trovare le parole giuste per dare una forma a questa distribuzione di angoscia che non smette di colare.

La paura, ci dicono della paura senza sapere che il risultato delle bombe non sta nel timore quanto piuttosto nell'ansia: quel terrore che non ha bisogno nemmeno di rischi per paralizzare il buon senso. La malattia è quest'ansia a cui basta il ricordo delle bombe per temerne ancora, sempre, ovunque e così si finisce per condonare la ferocia, l'asocialità, l'imbruttimento e la violenza come calmante o addirittura come antidoto. Ogni volta che uno sciacallo trova lo spazio per sciacallare il terrorismo ha vinto: ha aperto una ferita infetta e ha trovato qualcuno che ci si butta.

Ma i fatti di Bruxelles disegnano anche una nuova geografia del mondo, tra le periferie lasciate marcire così diseguali e isolate da diventare la fortezza perfetta per la pianificazione, l'addestramento e il reclutamento degli arrabbiati pronti a morire. Ha ragione Renzi a dire che qui non si tratta di chiudere le frontiere: il nemico cova dove la politica ha deciso di abdicare in favore dell'autoregolamentazione incontrollata. E le periferie di Parigi, Bruxelles e molte altre città europee sono gli "stati a parte" dell'incapacità di essere inclusivi. Se davvero servissero i muri allora sarebbero le capitali europee a dover essere cintate, una per una, al limite dell'isola pedonale in centro.

L'Europa che fatica a diventare Paese è anche l'Europa degli stati diventati periferia del mondo: il confine turco, la Siria che s'è fatta poltiglia, Baghdad scheletro di se stessa sono solo pochi esempi di una coscienza di politica estera che si restringe sempre di più, un federalismo della responsabilità che ci induce ad occuparci di spazi sempre più vicini e ristretti come se non avessimo la forza e le energie per occupare degli spazi e delle persone appena un po' più in là: gli attacchi di ieri hanno lo stesso odore e gli stessi morti degli attentati che settimanalmente avvengono in giro per il resto del mondo ma l'impermeabilità ci impedisce di contrari per un suono di bomba scoppiata appena più lontano di ciò che sentiamo nostro. E così il terrorismo riesce ancora più comodamente ad infilarsi in una coscienza anch'essa di periferia, dispera in centinaia di isolati senza la capacità di diventare adulta e collettiva.

Il filo rosso degli attacchi del terrore è un rivolo di sangue alimentato dall'odio che riesce a provocare. Rabbia in risposta alla rabbia, odio per l'odio e un sovraccarico di tensione emergenziale che sbuffa senza spostare nulla: il coordinamento delle polizie europee è un mantra che si riaccende giusto il tempo di riconoscere le vittime e poi torna a miagolare sottovoce fino al prossimo attentato; la confusione tra profughi, rifugiati e questi terroristi (spesso europei di seconda o terza generazione) alimenta le storture di chi fotografa le vittime come carnefici; quel bambino nel campo profughi di Idomeni che chiede scusa tentando di giustificare un'etnia è l'immagine dello scompenso provocato.

Trovare il filo, prima di tirare le fila, diventa prioritario. Adesso.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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