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Omicidio Saman Abbas

Perché secondo i giudici non è vero che Saman Abbas è stata uccisa per il no alle nozze combinate

Il matrimonio combinato in Pakistan secondo i giudici non c’entra con l’omicidio a Novellara di Saman Abbas, uccisa dai suoi stessi familiari una notte di tre anni fa. Cosa c’è nelle oltre 600 pagine di motivazioni della sentenza di condanna dei genitori e dello zio.
A cura di Susanna Picone
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Danish Hasnain (a sinistra), Saman Abbas (al centro) e Shabbar Abbas (a destra)
Danish Hasnain (a sinistra), Saman Abbas (al centro) e Shabbar Abbas (a destra)
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I giudici togati di Reggio Emilia Cristina Beretti e Laura Caputo in 612 pagine mettono nero su bianco le motivazioni che hanno portato alla sentenza di condanna per i genitori e lo zio di Saman Abbas, la diciottenne di origini pakistane che viveva a Novellara dove, esattamente tre anni fa, è stata brutalmente uccisa.

La storia di Saman Abbas è iniziata con la notizia della scomparsa di quella ragazza che, si è saputo ben presto, si era rifiutata di sposare un uomo scelto per lei in Pakistan. Era innamorata di un ragazzo che come lei viveva in Italia e, a 18 anni, voleva vivere come tutte le sue coetanee. Ma quella narrazione di un omicidio compiuto per essersi ribellata alla famiglia dicendo no a quel matrimonio combinato secondo i giudici non corrisponde alla realtà.

L'omicidio di Saman non sarebbe stato pianificato nel tempo

L'omicidio di Saman Abbas, scrivono i giudici nelle motivazioni che abbiamo visionato, non sarebbe stato pianificato nel tempo né sarebbe stato una punizione per essersi opposta a quel matrimonio in Pakistan. Ma è un delitto che si è compiuto nel casolare di Novellara, in poche ore di una serata di tre anni fa iniziata con la scoperta che Saman voleva andarsene di casa col fidanzato.

Una foto di Saman a Novellara
Una foto di Saman a Novellara

Insomma, secondo i giudici Saman sarebbe stata uccisa per il timore che potesse scappare di nuovo. "Nell'opinione della Corte la sciagurata ed estrema soluzione è stata adottata perché ci si trovava di fronte al pericolo di una nuova fuga della ragazza, ossia il rischio da loro più temuto in quanto maggiormente disapprovato", si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado emessa il 19 dicembre scorso.

Le fughe della diciottenne preoccupavano i suoi familiari e questo emerge anche dalle dichiarazioni intercettate di Shabbar, padre della ragazza, che quando la figlia fuggì per la prima volta in Belgio nel 2020 chiamò a raccolta i familiari imponendogli di non dire niente a nessuno. Ma i giudici ritengono che la decisione di uccidere fu presa la sera stessa del delitto, in modo quindi estemporaneo, e non fu frutto di un piano preparato in precedenza.

La partenza dei genitori per il Pakistan non va considerata come una fuga

Avvenne tutto, insomma, in una notte e neppure la partenza dei genitori per il Pakistan del primo maggio 2021 va considerata come una fuga secondo i giudici. Si parla anche di questo infatti nelle motivazioni della Corte d'Assise di Reggio Emilia. Secondo la Procura, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen sarebbero scappati in Pakistan per sfuggire alle conseguenze del delitto ma così non è per i giudici.

I genitori di Saman all'aeroporto di Malpensa il giorno dopo la scomparsa
I genitori di Saman all'aeroporto di Malpensa il giorno dopo la scomparsa

Cosa sappiamo sulle nozze combinate in Pakistan

Ma tornando alla questione delle nozze combinate. "Si tratta di una narrazione corrispondente a quella divulgata, sin dall’inizio e tutt’ora, a livello mediatico, essendosi sempre professato, assumendo il dato come certo, che Saman Abbas sia stata uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato/forzato. Ebbene, se vi è un dato che l’istruttoria e la dialettica processuale – le uniche deputate a farlo – hanno consentito di chiarire è che Saman Abbas non è stata uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato/forzato".

La Corte dice che questo è "un elemento che nulla toglie e nulla aggiunge alla gravità del fatto, ma che corrisponde a una verità" che è tenuta a rilevare. D’altro canto, scrivono ancora, "l’uccisione di una ragazza di 18 anni ad opera dei suoi stessi familiari è evento di drammaticità tale che non avrebbe richiesto artifici ulteriori".

I giudici elencano diversi elementi per dire che il matrimonio non c’entra. Anzitutto si tratta di una circostanza "di cui vi è raramente traccia nell’ampio compendio probatorio a disposizione". Esiste il dato del fidanzamento in Pakistan nel dicembre del 2019 ma non ci sono prove di conversazioni o messaggi effettivamente provenienti dal promesso sposo. "È solo nella chat con Saqib (il fidanzato scelto da Saman, ndr) che la ragazza fa a volte cenno a colloqui con lui, che restano dunque solo riferiti da lei e privi di riscontri".

Si ritiene quindi "eloquente" quanto accaduto durante la prima fuga di Saman, col comportamento di Shabbar, dato "che dimostra il rilievo del tutto secondario che rivestiva l’avvenuto fidanzamento". Non c’è prova neppure dei biglietti per il Pakistan che secondo Saman la famiglia aveva già acquistato per il matrimonio.

La Corte ritiene anche che la vittima, desiderosa di maggiore libertà, abbia accentuato i contorni della vicenda connessa all’eventuale matrimonio perché andar via da casa rappresentava per lei la possibile per emanciparsi dalle dinamiche familiari e frequentare Saqib.

Saman e Saqib.
Saman e Saqib

L'ultima drammatica notte di Saman Abbas

Quindi la Corte parla dell’ultima drammatica sera di Saman, il 30 aprile 2021, "quando i genitori, a causa anche delle videoregistrazioni delle chat effettuate da Haider, scopriranno che è ancora in corso la relazione con Saqib e che la figlia sta progettando di fuggire nuovamente, scoperta che condurrà poi alla discussione finale con Saman". Del mancato matrimonio con Akmal e del disonore connesso a tale circostanza "non v’è traccia alcuna neppure nelle numerosissime intercettazioni relative ai giorni e mesi successive ai fatti", scrive ancora la Corte.

I giudici nelle oltre 600 pagine di motivazioni dicono anche che non si esclude che sia stata la madre (ancora libera) a compiere materialmente il delitto. Ma quel che è certo è che Nazia Shaheen, il marito Shabbar Abbas e suo fratello Danish Hasnain, sono tutti e tre "pienamente parimenti coinvolti" nell'assassinio e "compartecipi della sua realizzazione".

La sentenza non risparmia critiche alla ricostruzione dell’accusa, ai media, e fa riferimento anche a personaggi significativi per gli inquirenti come il fratello della ragazza, all’epoca ancora minorenne, e definito inattendibile. La vita di Saman "non è stata solo spezzata ingiustamente e troppo presto, ma vissuta attorniata da affetti falsi e manipolatori, in una solitudine che lascia attoniti".

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