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Perché Safayou ha ucciso Daniela sparandole in pieno volto: la violenza finale del femminicida di Savona

Safayou ha ucciso Danjela colpendola al volto perché, oltre a volerla eliminare fisicamente, voleva cancellarne la memoria e privare i familiari della possibilità di vederla in volto per l’ultima volta.
A cura di Anna Vagli
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Danjela Neza, 29 anni, è morta dopo essere stata colpita in viso con una pistola Calibro 22. L’ assassino si chiama Sfayou Sow, di anni ne ha 27 ed era il suo ex fidanzato.

Sfayou aveva chiesto a Danjela un ultimo incontro chiarificatore dopo che lei aveva deciso di porre fine alla loro relazione travagliata. Per questo, lo scorso venerdì, Danjela aveva deciso di accordargli la possibilità di parlare. Erano le due di notte, in una zona vicina alla stazione ferroviaria di Savona.

“Non ti voglio più, ho un altro. E comunque non l’hai capito che la mia famiglia non lo accetterà mai che io stia con te?”. Cambiano i nomi e le modalità, ma il copione è sempre lo stesso. A prescindere dal lato abbandonico, anche Sfayou non tollerava di subire un’umiliazione inesorabile: quella di essere sostituito.

In questo caso, però, non è andato in scena solamente l’ennesimo femminicidio. Difatti, dietro la scelta di sparare al volto è sottesa una lettura criminologica precisa. Non c’è solamente la volontà di eliminare fisicamente una persona. Piuttosto, si nasconde il desiderio di occultarne per sempre la memoria. Di rimuovere qualsiasi ricordo della donna che viene uccisa. Impedendo ai familiari di vederla in viso per l’ultima volta. Proprio in viso, che è la parte del corpo più comunicativa di tutti noi esseri umani. Dunque, chi sceglie di uccidere con una tale modalità, è spinto dal volere esprimere un quantitativo d’odio che supera l’atto stesso di uccidere. Come se, di per sé, sacrificare la vita di una persona per delle patologiche e scellerate motivazioni non bastasse. Al contrario, all’assassino serve la consapevolezza di averne annullato anche l’identità, oltre che il fisico. Non è un caso che questa modalità omicidiaria sia quella prediletta dai mafiosi. Nel linguaggio della mala, infatti, sparare al volto significa “hai tradito”.

Safayou ha ucciso Danjela per cancellare per sempre anche il suo ricordo

Danjela, dunque, era divenuta bersaglio e vittima di sentimenti ossessivi e distruttivi di Safayou. Ha deciso di ucciderla colpendola alla testa. Così, dopo l’omicidio, non sarebbe stata più di nessun altro. Nemmeno dei propri cari. A cui sarebbe stata negata per sempre la possibilità di ricordarla come era.

Complicato credere che non si sia trattato di un delitto premeditato considerata la scelta dell’ex di recarsi all’appuntamento con una pistola Calibro 22. Pistola che, peraltro, aveva la matricola abrasa. Tuttavia, non è difficile ipotizzare che la volontà di cancellare per sempre la memoria ed il ricordo di Danjela, potrebbe aver costituito l’impulso definitivo a premere il grilletto.

In questa direzione, le ultime parole pronunciate dalla donna prima di essere uccisa, sono state: “Non ti voglio più, ho un altro. E comunque non l’hai capito che la mia famiglia non lo accetterà mai che io stia con te?”.

Immediatamente dopo il riferimento alla famiglia, per stessa ammissione di Safayou in sede di interrogatorio di convalida, l’uomo ha detto alla ex fidanzata: “Aspetta devo prendere una cosa che ho dimenticato in auto”. Quindi, dopo essere tornato da lei, le ha sparato alla tempia. In anatomia, la tempia è ascrivibile ad una delle quattro aree pari e simmetriche in cui idealmente è suddiviso il cervello umano. Non a caso, Danjela è stata colpita lì dove risiedono i pensieri. Del resto, Danjela aveva formulato tutta una serie di motivazioni razionali per giustificare la decisione.

L’uomo ha poi chiamato il 112 ed ha confessato quanto commesso. Ha parlato di un solo colpo di pistola. Alcuni testimoni, però, hanno riferito di aver udito sei esplosioni. Le indagini faranno il resto. Al momento, gli è stato contestato il reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo.

La morte di Danjela però conferma come la convinzione più difficile da estirpare è che la donna non è di proprietà dell’uomo. E che se vuole può decidere di chiudere una relazione. In qualsiasi momento, per qualsiasi motivo. Abbiamo altro da imparare da questa ennesima vicenda sanguinaria? Decisamente. Agli ultimi appuntamenti, quelli chiarificatori, non si deve andare mai. Perché sono sempre appuntamenti con la morte.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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