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Perchè rischiamo anche la terza ondata di Coronavirus: possibile nuovo picco a febbraio-marzo

Lo ha spiegato Luca Richeldi, direttore dell’unità di Pneumologia del Policlinico Gemelli Irccs di Roma e componente del Comitato tecnico-scientifico. “Non possiamo escludere che anche in caso di lockdown si rischi una terza ondata perché abbiamo di fronte a noi tutto l’inverno mentre a marzo eravamo vicini all’estate”.
A cura di Biagio Chiariello
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“Chiusure non come a marzo, ma attenti alla terza ondata”. Questo in sintesi è il pensiero di Luca Richeldi, componente del Comitato Tecnico Scientifico, secondo il quale “ha senso aspettare qualche giorno per vedere se avranno effetto le misure prese con gli ultimi Dpcm”. Nell'intervista al Sole 24 Ore, Richeldi spiega: “Se i numeri saranno ingestibili allora bisogna pensare a misure più decise a livello nazionale, non un lockdown come quello di marzo ma a un intervento sostenibile a medio termine perché l’inverno è lungo e non si può escludere che poi ci sia anche una terza ondata del Covid. I numeri sono preoccupanti come quelli che si vedono in altri Paesi europei, ma possiamo provare ancora a gestire l’urto cercando di abbassare la pressione sugli ospedali”.

“Dobbiamo anche essere pronti a misure più decise” anche se – per quanto riguarda la scuola – “vale la pena salvare un ambito che ha una importanza dal punto di vista sociale soprattutto per i più piccoli” perché “abbiamo strumenti che funzionano e ci abbiamo investito tanto” perciò “per gli studenti più grandi la didattica a distanza è un’opzione valida”.

Ma se facciamo ora un lockdown non si rischia una terza ondata? “Non lo possiamo escludere perché abbiamo di fronte a noi tutto l’inverno mentre a marzo eravamo vicini all’estate. Per questo per evitare di trovarci tra due o tre mesi di fronte a una terza ondata dobbiamo fare interventi calibrati e proporzionati che siano sostenibili a medio-termine”, dice.

"Non c'è un posto sicuro in assoluto", quindi "la chiusura generalizzata è stata necessaria proprio perché non c'è una singola attività che ora traina i contagi nel nostro Paese, ma tanti ambiti, che portano poi il virus in famiglia, e lì ci sono persone fragili, che sono quelle che vediamo in ospedale". Lo ha spiegato Richeldi.

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