Perché quello ai quattro ex poliziotti è il primo vero processo per depistaggio sulla strage di via d’Amelio
Le indagini sulla strage di via d'Amelio sono tra i più grandi depistaggi della storia d'Italia. A distanza di 32 anni dalla morte del giudice Paolo Borsellino e dei suoi cinque agenti della scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina), l'ombra della falsa testimonianza fa ancora nuovi imputati. Venerdì 15 novembre il giudice per l'udienza preliminare di Caltanissetta David Salvucci ha rinviato a giudizio i quattro ex poliziotti Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli. Il reato di cui sono accusati? Depistaggio: per la prima volta si va a processo sulla strage di via d'Amelio con questa ipotesi di reato. O meglio: negli anni si è sempre parlato di depistaggio ma tecnicamente il reato è stato introdotto nel 2016. Prima nelle aule di tribunale si è dunque parlato solo di calunnia.
Perché i quattro ex poliziotti sono a processo per depistaggio
Secondo il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso e il procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca l'ipotesi è che sia stata resa falsa testimonianza durante un precedente processo in cui i quattro ex poliziotti erano stati chiamati come teste. Nel precedente processo, per calunnia appunto, gli imputati erano altri tre ex poliziotti: Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. La corte d'appello di Caltanissetta aveva alla fine deciso per la prescrizione per gli imputati: ora si attende la motivazione della sentenza. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i poliziotti avrebbero costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino ad autoaccusarsi per la strage di via d'Amelio e a fare i nomi di altre persone innocenti. Da qui l'accusa di concorso in calunnia contestata ai tre imputati, aggravata – sempre secondo l'accusa – dall'aver favorito la mafia. Tutto però finì in prescrizione.
Ai giudici di quel processo non convinse la testimonianza di Di Gangi, Maniscaldi, Tedesco e Zerilli, invitando quindi il Tribunale a indagare. Ma di cosa sarebbero accusati i nuovi imputati? Il giudice per l'udienza preliminare – come riportano fonti di Fanpage.it – per chiedere il rinvio a giudizio avrebbe riscontrato gravi indizi sulla loro testimonianza: sarebbe stata in contrasto con altre deposizioni e con una documentazione agli atti. Le loro sarebbero state – secondo l'accusa – deposizioni che avrebbero ridimensionato o addirittura eliminato condotte già accertate con altri elementi. Facendo intendere dunque che le indagini sulla strage di via d'Amelio erano state fatte in modo corretto. Se sarà così o meno bisognerà aspettare processo e sentenza.
Cosa potrebbero svelare i quattro imputati
Secondo fonti di Fanpage.it, i quattro imputati potrebbero sapere particolari sulle indagini fatte sulla strage di via d'Amelio e quale sarebbe stato realmente il contributo di Arnaldo La Barbera, ovvero il poliziotto a capo del gruppo di indagine sulla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a cui – nella sentenza del processo di Borsellino Quater – i giudici di primo grado gli riconobbero "un ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia". La Barbera non fu mai condannato, morì a 60 anni nel 2002. Tutto questo ora dovrà essere accertato in fase dibattimentale.
Perché è il primo vero processo per depistaggio
Quello ai quattro ex poliziotti è tecnicamente del primo processo per depistaggio. Il precedente processo aveva portato davanti ai giudici i tre ex poliziotti con l'accusa di calunnia: allora ancora non esisteva giuridicamente il reato di depistaggio. Adesso sì. Adesso per la prima volta si parlerà di ipotesi di depistaggio anche in aula di Tribunale. Spetterà al giudice ritenere colpevoli o meno i quattro ex poliziotti: la prima udienza è attesa per il 17 dicembre.