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Perché Prestipino, procuratore antimafia, è indagato per aver riferito notizie su indagini di Ndrangheta

Il procuratore aggiunto dellaDirezione nazionale antimafia Michele Prestipino è indagato a Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio. Alla base dell’accusa una conversazione intercettata nell’ambito di una inchiesta di Caltanissetta sul periodo delle stragi del 1992.
A cura di Biagio Chiariello
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È una scossa che attraversa i vertici della magistratura antimafia italiana quella che arriva da Caltanissetta, dove è stato aperto un fascicolo a carico di Michele Prestipino, uno dei magistrati più noti e stimati nella lunga battaglia dello Stato contro le mafie. L'accusa è pesantissima: rivelazione di segreto d’ufficio. Una contestazione che, se confermata, getterebbe ombre pesanti non solo sul singolo magistrato, ma anche sull'equilibrio delicato tra giustizia e poteri economici.

Perché il magistrato è indagato per rivelazione di segreto d'ufficio

Prestipino, attualmente procuratore aggiunto presso la Direzione Nazionale Antimafia, sarebbe finito sotto inchiesta per aver riferito informazioni riservate a due figure di spicco: Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia e oggi presidente di Eurolink – il consorzio che si occuperà del controverso progetto del ponte sullo Stretto di Messina – e Francesco Gratteri, altro noto magistrato oggi in veste di consulente per la sicurezza della stessa Eurolink.

Le informazioni al centro dell’indagine riguarderebbero lo stato delle indagini su alcune cosche calabresi e sul rischio di infiltrazioni mafiose in settori economici strategici del Nord Italia. A inchiodare Prestipino sarebbe un'intercettazione ambientale, registrata nel contesto dell’inchiesta sulle stragi del 1992, che ha attirato l’attenzione dei magistrati di Caltanissetta.

Non appena la notizia è stata resa pubblica, la Direzione Nazionale Antimafia ha reagito con una decisione drastica: il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha revocato con effetto immediato tutte le deleghe investigative a Prestipino, pur ribadendo il pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Un atto dovuto – spiega Melillo in un comunicato – per tutelare la credibilità dell’ufficio e garantire la piena efficacia delle indagini in corso.

"Nell’esercizio dei miei doveri di garanzia dell’immagine e del buon andamento della Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo – ha scritto Melillo – ho provveduto a revocare con effetto immediato le deleghe di coordinamento investigativo attribuite al dottor Prestipino Giarritta". La comunicazione è stata inoltrata al Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

Nel frattempo, le indagini sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle attività collegate alla costruzione del Ponte sullo Stretto proseguono con determinazione, annuncia Melillo, sottolineando che “le Procure distrettuali continueranno a garantire il loro impegno per la completezza e tempestività delle investigazioni”.

Chi è il procuratore aggiunto Michele Prestipino

Michele Prestipino, romano di origini siciliane, classe 1957, ha costruito la sua carriera sul fronte più duro della giustizia italiana: quello della lotta alla criminalità organizzata. Entrato in magistratura nel 1984, ha legato il suo nome ad alcune delle più rilevanti inchieste di mafia condotte a Palermo tra la metà degli anni '90 e i primi anni 2000. Dal 2008 è passato alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria come procuratore aggiunto, affrontando le nuove strategie della ‘ndrangheta. Poi il trasferimento alla Procura di Roma, dove ha guidato la sezione antimafia e successivamente l'intero ufficio, dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone.

Nel marzo 2020, in piena bufera giudiziaria legata al “caso Palamara”, Prestipino fu nominato procuratore capo di Roma dal CSM. Una nomina contestata e, in seguito, annullata dalla giustizia amministrativa. Da gennaio 2022 è tornato a ricoprire il ruolo di procuratore aggiunto. Oltre alla toga, Prestipino ha svolto anche attività accademica e divulgativa, tenendo conferenze e lezioni sulla criminalità organizzata e sulla corruzione, in Italia e all’estero, e collaborando a pubblicazioni con giornalisti e colleghi magistrati.

Ora però la sua carriera rischia una brusca frenata. L’inchiesta di Caltanissetta potrebbe avere ripercussioni non solo personali e disciplinari, ma anche istituzionali, poiché coinvolge soggetti e progetti strategici come Eurolink e il ponte sullo Stretto di Messina – un’infrastruttura che, da anni, solleva preoccupazioni sul fronte della legalità e del rischio di infiltrazioni mafiose.

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