Perché non abbiamo imparato niente dal dramma dell’alluvione in Emilia Romagna: parla l’esperto
Diciassette morti, oltre ventimila sfollati, danni per almeno 10 miliardi di euro a edifici pubblici e privati, infrastrutture stradali e ferroviarie e terreni agricoli. Eppure a un anno di distanza le conseguenze degli eventi alluvionali del maggio 2023 in Emilia Romagna non hanno lasciato un patrimonio di consapevolezza sui danni causati dal consumo di suolo, soprattutto quando associato ad eventi meteorologici estremi; quegli eventi che secondo tutti gli scienziati del mondo aumenteranno di frequenza e intensità nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici.
Lo stop al cemento assente dai programmi elettorali
A poco meno di un mese dalle elezioni europee il tema della cementificazione è scomparso dai programmi delle forze politiche, nessuna delle quali ritiene – evidentemente – che la messa in sicurezza di un territorio fragile come quello italiano sia una "grande opera" ormai indispensabile, a prescindere dai consensi. Ne è convinto il professor Paolo Pileri, docente di pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano che da sempre si occupa di suolo, consumo di suolo ed effetti ambientali ed ecologici. "C'è enorme ignoranza su questo tema. Lo dico senza intenti offensivi, ma come semplice constatazione: in Italia manca una conoscenza sufficientemente approfondita sull'importanza della difesa dei suoli, di conseguenza questo argomento non assume la rilevanza pubblica che invece dovrebbe avere". Secondo Pileri neppure tra i candidati dell'Emilia Romagna alle prossime elezioni europee, alcuni dei quali sono già amministratori locali, vi è la "minima consapevolezza dell'importanza del suolo per la vita di tutti. C'è un pauroso vuoto di conoscenza, di conseguenza una tematica così importante non entra neppure nei programmi delle forze politiche. E quando ci entra, avviene in modo assolutamente demagogico e generico. E questo probabilmente è anche peggio".
A Faenza nuovo cemento fermato dai comitati cittadini contro il Comune
Secondo Paolo Pileri l'alluvione in Emilia Romagna non ha prodotto il necessario cambio di passo nelle politiche di pianificazione del territorio: "I fondi sono stati stanziati con la promessa di ricostruire tutto com'era, di tornare alla normalità pre-alluvione. Quindi le esigenze del corpo economico e finanziario sono ancora prevalenti e indiscutibili, pensiamo a quelle delle imprese della logistica; si continueranno a costruire case, capannoni, parcheggi come nulla fosse accaduto". Emblematica la vicenda dell'orto della Ghilana di Faenza, dove solo l'impegno dei comitati dei cittadini è riuscita a impedire la cementificazione – approvata dalla Giunta comunale dopo gli eventi alluvionali del 2023 – di una zona completamente finita sott’acqua a seguito dell’inondazione del 16-17 maggio scorsi. In quei giorni quell'area finì sotto un metro e mezzo sott'acqua; eppure per il Comune non ci sarebbe stato alcun problema a urbanizzarla costruendoci una rete di strade e una dozzina di villette.
Perché è indispensabile fermare il consumo di suolo
Ma perché la difesa dei suoli dal cemento è di importanza prioritaria? Lo spiega il professor Pileri: "Il 95% del cibo che tutti noi mangiamo arriva dai primi 30 centimetri di terra. Il 99% delle calorie che assumiamo arriva dai primi 30 centimetri di terra. Il 30% della biodiversità è contenuto nei primi 30 centimetri di terra. Un suolo non impermeabilizzato assorbe dalle sei alle nove volte più acqua di un suolo urbanizzato, con conseguenze evidenti in caso di eventi meteo estremi, sempre più frequenti. Nelle aree non cementificate la riduzione della temperatura varia dai 7 ai 12 gradi, e ricordo che in Europa nel 2023 sono morte 62mila persone per il caldo eccessivo. Continuare ad urbanizzare, quindi, significa ridurre la quantità di suolo con conseguenze disastrose sulla qualità della vita".
Difendere il suolo da asfalto e cemento non ha quindi niente a che fare con una visione "bucolica" dell'ambiente; al contrario, incide direttamente sul benessere delle persone e qualche volta sulla loro stessa sopravvivenza, come dimostrano proprio le vittime delle alluvioni in Emilia Romagna: "Il suolo, e non gli alberi come si tende a credere, è il più grande regolatore climatico: ogni albero infatti ‘inietta' la CO2 nel terreno, dove rimarrà per circa 5mila anni. L'anidride carbonica che l'albero trattiene per sé ha invece un ciclo di vita molto più breve, di una stagione per foglie e frutti o un secolo e mezzo per la produzione di legno. Ecco perché piantare alberi in mezzo al cemento è del tutto ininfluente, se paragonato all'impatto che piò avere lo stop all'urbanizzazione".
Italia (e Ungheria) hanno bloccato la legge europea per il ripristino della natura
Che la tendenza della politica italiana non sia quella di frenare il consumo di suolo lo dimostra anche un'altra vicenda: il mese scorso infatti Italia e Ungheria hanno "bloccato" la più importante normativa europea in termini di tutela delle acque e della natura degli ultimi 20 anni, la cosiddetta “Nature restoration law”, legge che avrebbe imposto il ripristino del 20% degli habitat terrestri e marittimi in Europa entro il 2030.
"Non ci deve stupire – commenta Pileri – che una certa parte politica, quella che governa l'Italia, veda la natura come un ingombro o un ostacolo alla crescita economica e non voglia impegnarsi neppure per difendere dall'urbanizzazione il 20% del suolo nazionale. È ben più preoccupante che l'opposizione invece non abbia protestato con veemenza di fronte a questo stop. Evidentemente sull'attacco all'ambiente ci sono convergenze bipartisan, che dimostrano quanto sia profonda l'ignoranza e scarsa la lungimiranza della nostra classe politica". Il dramma dell'Emilia Romagna non sembra aver insegnato niente.