Maturità t’avessi preso prima… canta Venditti nella sua "Notte prima degli esami". E probabilmente il pensiero, di averla o non averla presa, piomba in incubi ricorrenti. Capita infatti a tutti, almeno una volta nella vita, di sognare l’esame di maturità anni dopo averlo sostenuto.
E capita di farlo anni dopo averlo sostenuto. E superato. Ma perché si ripiomba nell’incubo dell’esame di Stato? Ce lo spiegano le neuroscienze cognitive.
Quando siamo chiamati a sostenere l’esame di maturità, il primo vero banco di prova, la nostra età anagrafica si trova in una sorta di terra di mezzo: fuori dall’adolescenza, ma solo alle porte dell’età adulta. Abbiamo un’identità frammentata, fatta di certezze tutt’altro che rassicuranti: di lì a poco cambieremo vita, casa, abitudini e anche amici. Senza essere affatto preparati.
Ognuno di noi, più o meno consciamente, quando si siede davanti al foglio protocollo assume una prima consapevolezza: quello è il primo momento nella vita in cui si verrà giudicati al di fuori di un contesto non familiare e non confortevole.
In primo luogo, perché l’esame di Stato è forse l’unico rito di passaggio collettivo rimasto. Tuttavia, anche se con il passare degli anni e delle lauree, riusciamo a collocare razionalmente l’evento, molto spesso il nostro Super-io riporta a galla le emozioni di quei frangenti: Come sono andato? Avrò soddisfatto le mie aspettative? E quelle che gli altri riversavano su di me?
In soldoni, quindi, quando e perché sogniamo la maturità? Anzitutto, c’è una premessa da fare. Come a teatro, anche la maturità è un copione profondo: o rappresenta il primo vero dramma, o il primo vero trionfo. Per tutti, comunque, un salto nel vuoto.
Nella maggior parte dei casi, però, il sogno ricorrente è quello di dover ripetere l’esame, anni dopo averlo sostenuto, con la consapevolezza di non essere preparati a farlo. Nel sogno compare anche il lucido ricordo di essere in realtà già diplomati o laureati ma questo non lenisce l’angoscia e il senso di perdizione. I più sfortunati sognano addirittura di presentarsi nudi o di cadere mentre si avvicinano alla cattedra. Poco importa, se non per i terribili momenti del malcapitato di turno che rivive l’esame in un incubo. La spiegazione neuroscientifica è infatti la stessa.
Secondo le neuroscienze cognitive, è l’inconscio che ci suggerisce, in maniera tiranna, che in sede d’esame non eravamo abbastanza preparati. Sia a livello nozionistico, sia a livello di gestione di ansia e stress.
L’abbiamo fatta franca con i commissari, ma non con noi stessi. In concreto, facciamo i conti con la nostra esperienza e il nostro vissuto che fanno riaffiorare paure e insicurezze. Magari abbiamo superato lo scritto copiando da dei bigliettini o dal compagno di banco. Non siamo stati scoperti, ma noi siamo consapevoli che senza l’aiuto esterno non saremmo stati in grado di rispondere a un quesito o a fare la versione di latino.
Questo è un passaggio fondamentale che secondo le neuroscienze spiega il perché il sogno della maturità lo facciamo sempre in momenti critici e di particolare stress della nostra vita. Vale a dire nei periodi in cui ci sentiamo "sotto esame", nei quali non ci sentiamo all’altezza, temiamo e di non avere tutte le carte in regola per tagliare un traguardo o superare un ostacolo.
Ma anche nei momenti nei quali le cose non vanno come vorremmo e quindi sperimentiamo fastidio e proviamo imbarazzo. Proprio come un maturando che sbaglia l’esame e ne paga le conseguenze.
Durante questa fase, quindi, il nostro cervello fa associazioni, elabora informazioni non risolte e rielabora le sensazioni di quel tempo.
Del resto, anche Freud, già nel 1900, parlava del significato di sognare un esame scolastico sostenuto anni prima. Ne “L’interpretazione Dei Sogni” Sigmund attribuisce un significato positivo. Che dovrebbe suggerire al sognatore, che se in quella occasione se l’è cavata, sarà così anche nelle altre sfide della vita che si accinge ad affrontare.
Il neurologo e psicoanalista austriaco paragona addirittura quell’immagine alla presa di un treno in corsa mentre siamo in ritardo. Anche se sul filo del rasoio, su quel treno siamo saliti.
Una cosa è certa. Anche se in quei giorni tutti crediamo di giocare la partita della vita, non sarà mai quel voto o quell’esame a definire il nostro futuro. Continueremo e continuerete a sognarlo. La maturità continuerà a tormentare le notti, ma non molto di più.
Forse, qualche obiezione in merito arriverà dagli Z. Che la vivranno negli anni con un incubo in più. Quello di essere scoperti per aver utilizzato lo smartphone o l’intelligenza artificiale per lo svolgimento della traccia.