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Omicidio Chiara Poggi: il delitto di Garlasco

Perché nel 2017 non bastò il dna di Andrea Sempio per far aprire un processo e scagionare Alberto Stasi

La Procura di Pavia, con il pubblico ministero Mario Venditti, aveva iniziato gli accertamenti su Andrea Sempio quando nel 2016 la madre di Stasi, Elisabetta Ligabò, aveva presentato un esposto alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Milano. Ma perché tutto venne archiviato nel 2017?
A cura di Giorgia Venturini
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Non è la prima volta che la Procura di Pavia ha avviato delle indagini su Andrea Sempio, l'amico del fratello di Chiara Poggi uccisa a Garlasco il 13 agosto del 2007. Per l'omicidio fu condannato in via definitiva solo Alberto Stasi a 16 anni di carcere: oggi esce durante il giorno per andare dal lavoro per poi tornare nella casa circondariale. A distanza di anni Sempio è di nuovo indagato per omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Stasi. Su di lui nel 2017 venne tutto archiviato.

La Procura di Pavia, con il pubblico ministero Mario Venditti, aveva iniziato gli accertamenti su Andrea Sempio quando nel 2016 la madre di Stasi, Elisabetta Ligabò, aveva presentato un esposto alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Milano. Nel dettaglio, aveva presentato i risultati di alcune investigazioni difensive affidate a una società privata. Da qui gli atti erano passati alla Procura che ha aperto un suo fascicolo.

Teniamo subito a precisare che il pm chiese (e ottenne) l'archiviazione sulle indagini svolte a suo tempo su Sempio tenendo a sottolineare però anche che "è opportuno – si legge nella richiesta di archiviazione – preliminarmente evidenziare che il tempo, pressoché decennale, trascorso tra la data di commissione del reato e l’attuale indagine ha precluso la possibilità di svolgere la maggior parte delle attività investigative volte a trovare prove a riscontro dell’ipotesi accusatoria formulata contro Andrea Sempio". Ad oggi sono passati quasi 18 anni, rendendo ancora più difficile del 2017 avere in mano nuovi elementi. Ma su cosa si concentrarono gli accertamenti su Sempio? E perché venne tutto archiviato?

Andrea Sempio nel 2025 dopo aver effettuato il test salivare nella caserma dei carabinieri di Milano
Andrea Sempio nel 2025 dopo aver effettuato il test salivare nella caserma dei carabinieri di Milano

Cosa contestò la madre di Stasi nel suo esposto alla Procura Generale

La madre di Alberto Stasi aveva incaricato un investigatore privato che avrebbe svelato una serie di elementi che avrebbero potuto far sorgere dubbi su Sempio. I sospetti per la difesa di Stasi si concentrarono anche sulla "genuinità dell'alibi di Sempio" per la mattina del giorno del delitto: Sempio avrebbe dichiarato – stando a quanto si legge nelle carte di richiesta di archiviazione – che la mattina del 13 agosto del 2007 si trovava a Vigevano mostrano anche uno scontrino del pagamento di un parcheggio, eppure gli esiti dei tabulati di traffico relativo al suo cellulare avrebbero svelato chiamate e messaggi "eseguiti esclusivamente nell'ambito della cella telefonica operante nell'abitazione di Garlasco".

Ma soprattutto la difesa di Stasi, allora come oggi, si è concentrata sul materiale genetico rinvenuto sulle unghie di Chiara Poggi: così come dimostrò il perito incaricato dai giudici dell'Appello bis nel 2014, le analisi individuarono il ceppo maschile della famiglia di Sempio (si riuscì a fare accertamenti solo sui cromosomi Y trovati nel materiale genetico). Sia nel 2017 che oggi non è rimasto nulla del materiale genetico sulle unghie di Chiara Poggi per procedere con una nuova comparazione.

Come la Procura nel 2017 archiviò il problema genetico

Le indagini della difesa di Stasi si erano affidate ai loro investigatore privati e genetisti. Sarebbe stato l'investigatore privato a prelevare, dopo aver seguito per diversi giorni Sempio, il dna di quest'ultimo da una tazzina del caffè, un cucchiaino di metallo e una bottiglietta d'acqua di plastica, tutto usato dall'indagato. Facendo partire poi gli accertamenti sulla comparazione. Cosa che aveva fatto lo stesso il professore De Stefano, ovvero il perito incaricato dalla Corte d'Assise d'Appello bis nel processo su Stasi. I consulenti di parte tracce riconducibili al dna di Sempio sul materiale trovato su Chiara poggi. De Stefano nella sua perizia aveva invece sottolineato che "essendo i risultati incostanti, gravati da artefatti conseguenti a possibile degradazione ed inserimenti di contaminanti, nonché soggetti a probabile contaminazione ambientale, non sono utilizzabili per ‘definire una ipotesi di identità', quindi per effettuare alcun confronto con un profilo genetico".

Chiara Poggi
Chiara Poggi

Da qui la sentenza della Cassazione del 2015: dalla perizia di De Stefano emerse che "nel materiale sottoungueale della vittima vi erano tracce di dna maschile, degradato e contaminato per il decorso del tempo, che non consentiva alcuna indicazione né positiva, né negativa di identità, tanto che tale dna poteva già essere presente. In sede di esame dibattimentale, a precisa domanda del difensore dell’imputato ( se avesse trovato il dna di Alberto Stasi e se avesse trovato dna che non fosse di Alberto Stasi), il Perito rispondeva, al pari di quanto evidenziato nell’elaborato, che non era possibile fare alcuna considerazione in tema di identità o di esclusione, ribadendo ancora una volta l’incostanza e la mancata replica dei risultati e l’assenza di risultati diversi da quelli scritti nella perizia". Il procuratore di Pavia nel chiedere la richiesta di archiviazione si era concentrato sulla perizia del consulente della Corte e non su quelli della difesa di Stasi riconoscendo nella loro consulenza delle "criticità".

Dalle analisi – e non da tutte le ripetizioni sul materiale – era emerso quindi un cromosoma Y riconducibile alla famiglia di Sempio ma non sufficiente per il pubblico ministero di allora per richiedere un rinvio a giudizio nei suoi confronti. Nella richiesta di archiviazione la Procura scrisse: "La conclusione che pare di poter trarre è che non vi è alcuna corrispondenza fra il materiale genetico rinvenuto sui reperti ungueali di Chiara Poggi ed il Dna di Sempio, anche se si ribadisce che il materiale genetico estratto dai reperti ungueali della vittima non è idoneo a effettuare nessun confronto, poiché i risultati emersi dalle tre estrazioni di dna nelle tre prove effettuate dal Perito sono divergenti ed incostanti, quindi del tutto inaffidabili". Ma anche se parziali come erano finite le tracce di dna di Sempio sui reperti ungueali della vittima?

Perché parte del dna di Sempio era sul corpo di Chiara Poggi

Come si legge sempre nella richiesta di archiviazione della Procura di Pavia nei confronti di Sempio, il dna si può trasmettere per contatto diretto tra due soggetti "quanto a livello mediato per contatto fra un oggetto sul quale il primo soggetto che lo ha maneggiato ha lasciato tracce del proprio dna ed il secondo soggetto il quale, maneggiando il medesimo oggetto, viene contaminato da tali tracce", come ha anche spiegato il professore De Stefano nella sua perizia. Sempio nel suo interrogatorio del 2017 aveva precisato che passava ore a casa della famiglia Poggi a giocare con i videogiochi o con il computer insieme al fratello della vittima. Secondo il perito di allora, il quantitativo genetico dell'indagato trovato nelle analisi sulle unghie è talmente esiguo che "suggerisce un contatto mediatico piuttosto che un contatto diretto". Da qui la conclusione definitiva del pubblico ministero sul dna di Sempio nel 2017:

In definitiva, ciò che preme evidenziare in questa sede è che l’eventuale compresenza di irrilevanti quantitativi di materiale genetico di Andrea Sempio (verosimilmente mescolato a materiale genetico appartenente ad altri soggetti di genere maschile) sui margini ungueali di Chiara Poggi non assume alcuna valenza probatoria poiché la ricostruzione effettuata fornisce una spiegazione del tutto plausibile di tale eventualità ed esclude categoricamente l’opportunità di effettuare ulteriori accertamenti genetici, che peraltro non potrebbero che rivolgersi ad una ennesima rivalutazione dei risultati enucleati nella perizia De Stefano, poiché non esiste più alcun residuo di materiale genetico su cui effettuare nuove estrazioni.

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