Perché l’Ucraina deve entrare subito a far parte dell’Unione europea
Articolo a firma di Marco Cappato e Virginia Fiume, co-presidenti di EUMANS, movimento paneuropeo di cittadini
La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina può essere un momento memorabile per la collettività e per l’individualità, un momento in cui ci si ricorda dove eravamo e cosa facevamo quando l’attacco è iniziato. Il 24 febbraio 2021 è stato “inatteso” per l’Europa, prima di allora quante persone sapevano davvero dell’annessione della Crimea del 2014 o dell'instabilità nel Donbass?
Le iperboli del giornalismo e della politica hanno scarsa memoria. “La prima guerra al cuore dell’Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”. Come se lo scontro fratricida – tra soldati e popoli – e femminicida – se pensiamo al primo caso sistematico di stupri come arma di guerra – della guerra in Bosnia fosse relegato solo a ricordo polveroso di chi ha più di 40 anni. La guerra di Putin aggiunge due carichi da novanta, che terrorizzano e fanno sentire ancora più grande la fragilità di Stati e persone: la minaccia nucleare e la dipendenza energetica.
Questa guerra, come tutte le guerre, ha portato alla ribalta anche le questioni aperte di un processo di integrazione politica e democratica dell’Unione europea: una gestione insostenibile dei flussi migratori dal Mediterraneo, ai Balcani alla Bielorussia, l’assenza di una politica estera e di difesa comune, le diseguaglianze interne e esterne nel governo della protezione dei diritti umani. A questo si aggiunge la dinamica intergovernativa, ricattatoria e contraddittoria dei rapporti tra i membri dell’Ue. A partire dalle “solite sospette” Ungheria e Polonia. La Polonia è emblema di tutto: terra di frontiera e anti-russa, con una società civile vitale in grado di dispiegare in poche ore un sistema di accoglienza auto-organizzato per accogliere milioni di persone dall’Ucraina, e al contempo un governo scopertosi all’improvviso europeista ma incastrato tra procedure di infrazione per lo Stato di diritto, a partire dall’indipendenza del sistema giudiziario.
Cosa possiamo fare noi “senza potere” per sconfiggere la violenza Putin? Il rischio di un collettivo “armiamoli e partissero” è sempre meno un rischio e sempre più realtà: potrebbero volerci anni per allineare i processi decisionali di Nato e Ue.
Il movimento di iniziativa popolare e nonviolenta Eumans ha individuato – già durante il Congresso tenuto a Varsavia a marzo 2022 – nella richiesta delle diaspore ucraine e dello stesso Presidente Zelensky di candidatura dell’Ucraina a diventare membro dell’Ue quell’azione concreta su cui attivare la partecipazione in Europa. A marzo abbiamo lanciato l’appello Eukraine Now! per l’immediata adesione dell’Ucraina all’Unione europea.
Un appello che individua il passaggio come simbolo per un allargamento più ampio dell’Unione a quei Paesi che negli anni ‘90 erano territorio di guerre e che anche attraverso il processo di adesione hanno progressivamente rafforzato i loro assetti istituzionali, le economie, il rispetto dei diritti fondamentali. Una proposta, quella dell’Ucraina nell’Unione europea, sostenuta dal Parlamento europeo con una risoluzione e incentivata dalla Commissione europea con presidente Ursula Von der Leyen che a Kiev ha consegnato il questionario formale per l’adesione.
Il 23 giugno la riunione dei capi di Stato e di Governo potrebbe decidere proprio sulla candidatura dell’Ucraina. L’Unione è appena uscita dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa con centinaia di proposte e nuove forme di dialogo inter-istituzionale che mirano a cambiare le politiche migratorie, economiche, ecologiche, tecnologiche, democratiche che aspettano il seguito necessario.
L’Unione europea cerca faticosamente diventare casa di protezione con direttive e sentenze delle Corti, per esempio sul sovraffollamento nelle carceri italiane o i respingimenti delle comunità Lgbtq in Polonia e in Ungheria (e in Italia), oppure di nuove politiche per la riduzione delle emissioni e la transizione ecologica con il pacchetto “Fit For 55”.
La mobilitazione del 28 maggio a sostegno dell’appello Eukraine Now coinvolge 10 città europee ed è organizzata in collaborazione tra cittadini degli Stati membri e persone della diaspora ucraina per dare vita a un'azione che, nel chiedere l’accesso dell’Ucraina all’Unione, disegna la visione di una pace sostenibile. “Pace sostenibile” è stato coniato nel 2016 dalle Nazioni Unite perché: “Sostenere la pace dovrebbe essere universalmente riconosciuto come un obiettivo e un processo di prevenzione dai conflitti, fondato su un approccio centrato sulle persone con al centro gli obiettivi dell’agenda per lo sviluppo sostenibile e incardinato sui diritti umani. Un processo che dovrebbe avere le donne, le persone giovani e la società civile al centro".
Il 23 giugno il Consiglio europeo dovrà prendere una decisione sul futuro dell’Ucraina e quindi dell’Europa. La nostra azione paneuropea ha l’obiettivo di dargli forza e coraggio perché la scelta finale sia una scelta anche per il futuro dell’Unione europea intera.
Abbiamo la straordinaria occasione di indicare una direzione all’Ue e contribuire a una nuova idea di pace in cui questa organizzazione nata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale possa acquisire un peso geopolitico di guida alla pace sostenibile in un mondo che non ha più senso dividere tra Occidente democratico e autoritarismo, ma unire intorno a quello che ci accomuna come esseri umani, con tutte le nostre singolarità, fragilità e necessità.