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La morte di Liliana Resinovich

Perché Liliana Resinovich avrebbe dovuto suicidarsi quando aveva la possibilità di cambiare vita

Continua a essere avvolta nel mistero la morte di Liliana Resinovich. La donna aveva realmente motivo di togliersi la vita? Analizziamo tutti gli ultimi lati oscuri della vicenda.
A cura di Anna Vagli
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Più i giorni passano, complice anche la proroga del termine prevista per gli esami tossicologici, più la morte di Liliana Resinovich sembra assumere i connotati di un vero e proprio giallo. E allora per Fanpage.it mi sono interrogata non solo sul perché una donna in procinto di cambiare vita avrebbe potuto uccidersi, ma anche sull’inconfutabile dato di fatto per il quale la famiglia di Lilli ha avvalorato fin da subito la versione di Claudio Sterpin. Un uomo che, fino al giorno della scomparsa, neppure conosceva.

Per quali ragioni Liliana avrebbe dovuto togliersi la vita?

Secondo quanto emerso sino ad oggi, Liliana stava vivendo un buon momento. Alle porte c’erano una potenziale nuova relazione affettiva e, addirittura, un possibile cambio di vita. Sulla carta niente che potesse lasciar presagire la scelta di togliersi la vita.

Come già in precedenza spiegato, nei casi di morte sospetta, un importante ausilio alle indagini è sempre fornito dall’autopsia psicologica. Quest’ultima, difatti, è una tecnica forense che verte sulla ricostruzione biografica degli ultimi mesi di vita di una persona. Rivisitazione, che è resa possibile intervistando parenti, amici e tutte le persone che – in particolare negli ultimi sei mesi di vita – hanno ruotato a vario titolo intorno alla vittima. Si tratta di raccogliere quante più testimonianze possano rivelarsi utili per capire se una persona avesse o meno maturato l'intenzione di uccidersi.

In questo caso, nessun amico e nessun parente ha neppure lontanamente considerato l’ipotesi che Liliana potesse togliersi la vita. E potesse farlo in un modo così barbaro: infilandosi dentro dei sacchetti di plastica.

Non può sottacersi, invero, come i suicidi non siano mai annunciati. Essi celano una sofferenza che è drammaticamente personale. Tuttavia, lo scenario cambia ove il presunto estremo gesto sia stato compiuto così come rinvenuto il corpo di Lilli. Seppur non sia una modalità esclusa dalla letteratura scientifica, un tale modo di uccidersi avrebbe dovuto fisiologicamente portare con sé segnali di forte dolore. Segnali non percepiti dall’esterno, neppure dalle persone a lei più vicine.

Siamo tutti d’accordo che, per come è stata dipinta, la Resinovich era una donna profondamente pacata e riservata, ma il dolore – soprattutto a quei livelli – risponde alle leggi del cuore non della forma. Una qualche avvisaglia di malessere sarebbe dovuta emergere. Quindi, il quadro comportamentale tracciato dalle persone vicine a Liliana esclude la natura suicidaria del gesto.

La Resinovich si trovava sicuramente a un bivio esistenziale, ma aveva scelto anche quale strada intraprendere. Oltre a essere una donna strutturata, di sani valori e principi, era indipendente economicamente e aveva tutte le possibilità di ricostruirsi una vita da zero. Dopo aver progettato un week end fuori con Claudio, aveva anche prelevato del denaro dal conto per concretizzare quella partenza tanto agognata. Questa è sicuramente una progettualità a breve termine che mal si concilia con il proposito di togliersi la vita in una maniera così barbara. I pensieri suicidari derivano dalla convinzione che, in ogni caso, non valga più la pena vivere. Non sembrava proprio questa la circostanza.

Il fratello Sergio e il fronte comune con Claudio Sterpin

Il fratello Sergio e i vicini di casa di Liliana a "Chi l'ha visto?"
Il fratello Sergio e i vicini di casa di Liliana a "Chi l'ha visto?"

C’è ancora un’altra tessera del puzzle che si incastra con le riflessioni fatte poc’anzi. Tutta la famiglia di Liliana, partendo dal fratello Sergio, ha avvalorato fin da subito la versione di Claudio Sterpin. Ma non si è limitata solamente a questo. Lo ha fatto sollevando dubbi contro il marito Sebastiano Visintin. Un atteggiamento indubbiamente anomalo se si considera che Liliana era sposata con quell’uomo da oltre trent’anni mentre Claudio era un perfetto sconosciuto prima della scomparsa. Questo, a un occhio attento, non solo porta a scavare nel passato della coppia, ma lascia anche intendere che, forse, qualcosa di sospetto era stato ravvisato nelle caratteristiche personologiche dell’uomo. Anche se, indubbiamente, in un’epoca relativamente lontana dalla morte di Lilli e per motivi che, altrettanto realisticamente, mai avrebbero potuto prevedere quanto successo. Tuttavia, ed è doveroso precisarlo, Sergio Resinovich ha categoricamente escluso di puntare il dito contro il marito della sorella.

La posizione di Claudio Sterpin

Non manca nemmeno il contraltare rispetto a quanto ricostruito fino ad ora. Quanto è stato raccontato da Claudio in ordine alla presunta relazione con Liliana è infatti soltanto la sua parola. Non sono emersi, quanto meno agli onori della cronaca, né biglietti né prenotazioni capaci di avvalorare i racconti dell’uomo. In aggiunta, almeno fino a oggi, nessuno sembrava essere a conoscenza del loro legame affettivo. Neppure la migliore amica di Liliana. Da tale angolo di visuale, quest'ultima aveva senza ombra di dubbio una personalità particolarmente riservata. Tuttavia, quando una donna prende una decisione di vita così radicale – come quella di lasciare il marito dopo trent’anni di matrimonio – è fisiologico che si confidi con qualcuno. Ciò non sembra essere accaduto.

Le analisi scientifiche

In tutto questo rincorrersi di affermazioni e smentite soltanto un punto può considerarsi fermo: risultati inconfutabili potranno derivare soltanto dalle risultanze scientifiche. Soltanto le analisi di laboratorio – in relazione alle impronte papillari e alle tracce biologiche – potranno stabilire, senza se e senza ma, se Liliana è stata uccisa o si è tolta la vita.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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