Perché l’arresto di Nicoletta Dosio dovrebbe far incazzare tutti, non solo i No Tav
Il 2019 si conclude con l'arresto di Nicoletta Dosio, storica militante No Tav, attivista da sempre impegnata contro il progetto dell'alta velocità Torino – Lione, ma anche donna che negli anni in molte altre lotte ha saputo sempre prendere una posizione netta stando dalla parte dei più deboli: nella sua casa di Bussoleno, in Val di Susa, ha dato ospitalità a migranti con i piedi congelati dalla neve che tentavano di attraversare le Alpi per raggiungere la Francia, ad attivisti di ogni età, sabotatori dei lavori al cantiere della Tav, partigiani curdi o palestinesi, scrittori, intellettuali e decine di uomini e donne che cercavano semplicemente un letto e una doccia calda nelle dure giornate di protesta alle recinzioni che proteggono le imprese impegnate nei lavori – ancora preliminari e ben lungi dal vedere la fine – della Tav.
Nicoletta non è solo un'ex insegnante di 73 anni di greco e latino, non è solo una "pasionaria dai capelli rossi" come scrivono molti giornali: descriverla come una pensionata mansueta dedita all'uncinetto e alle buone letture serve solo a depotenziarne la carica politica, a trascinare la sua storia in un pietismo odioso. Quanto di più lontano ci sia dalla realtà. Nicoletta è una delle vittime di un sistema repressivo – messo in atto dalla Procura di Torino – che tratta un tema politico di primo piano come la costruzione di una grande opera come una banale questione di ordine pubblico e che negli anni ha portato alla sbarra centinaia di persone con le accuse più disparate, persino quella di terrorismo. Nicoletta è un'attivista politica, una militante comunista impenitente, un'ambientalista dalla coerenza esemplare che ha deciso di portare alle estreme conseguenze le idee in cui crede e che lo fa da una vita, da ben prima che certi temi – come la difesa dell'ambiente – diventassero "pop" in tutto il mondo. Nicoletta non è una "nonnina": è una combattente dalla statura enorme. "Andrò in carcere – commentava alcuni giorni fa, ben conscia di quello che stava per accaderle – dove troverò altri oppressi, altri ultimi, con cui solidarizzare e creare una nuova famiglia. Andrò in carcere perché di Tav non si parla più. Lo si considera un capitolo chiuso: e quindi con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente".
Nicoletta è ora dietro le sbarre del carcere Le Vallette di Torino. I suoi avvocati Valentina Colletta ed Emanuele D'Amico l'hanno incontrata stamattina nel reparto dei "nuovi giunti". "Condivide la cella con un'altra detenuta. Il suo umore è buono e ci ha confermato di preferire il carcere alle misure alternative". Nei mesi scorsi Nicoletta Dosio infatti aveva annunciato di non voler essere "carceriera di se stessa". "Ha un'ora d'aria la mattina e una il pomeriggio. Sta bene, legge molto e sa che migliaia di persone si stanno mobilitano per lei. Non mette minimamente in dubbio la decisione presa. Rimarrà dietro le sbarre per un anno".
In quanti sarebbero disposti a sostenere un peso del genere sulle proprie spalle? In quanti sarebbero in grado di mettere in gioco la propria libertà per una causa? In pochi, scommetto. Perché sì, lottare costa caro. Farlo nel mondo reale, e non solo sui social, ha sempre delle conseguenze: costa in termini economici, costa in salute, costa in amicizie che si perdono, costa per le notti insonni passate a fissare il soffitto. Costa per il dolore delle preoccupazioni inflitte ai familiari, per la delusione di un saluto negato da chi credevi ti sostenesse. Spesso significa rischiare di perdere un lavoro e in qualche caso anche la libertà, come nel caso di Nicoletta Dosio. Lottare costa caro, se lo si fa per davvero, ma è anche una delle poche cose per le quali vale veramente la pena vivere.
Per questo l'arresto di Nicoletta non deve solo indignarci. Che siate No Tav, volontari di una ONG che salva migranti in mare, operai in sciopero contro la chiusura di una fabbrica o terremotati abbandonati del Centro Italia, il volto di Nicoletta, il suo pugno chiuso, il sorriso luminoso nell'auto dei carabinieri che la sta portando in carcere sono un insegnamento su come affrontare il 2020. Con rabbia, amore e coerenza.