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La morte di Liliana Resinovich

Perché la verità su Liliana Resinovich può davvero arrivare con la nuova consulenza medico-legale

Il Procuratore Capo di Trieste ha fatto sapere con una nota che la prova più significativa sulla scomparsa di Liliana Resinovich arriverà dalla consulenza medico legale: spieghiamo perché sarà fondamentale per stabilire come è morta l’ex dipendente regionale.
A cura di Anna Vagli
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Liliana Resinovich
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Ieri il Procuratore Capo di Tri3ste ha fatto sapere con una nota che la prova più significativa sulla scomparsa di Liliana Resinovich arriverà dalla consulenza medico legale in corso di redazione da parte dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, a cui la Procura ha dato mandato di ripetere l’esame autoptico dopo la proroga delle indagini disposte dal Gip.

Del resto, c’era da aspettarselo. Dato che la prima consulenza medico legale non solo non è riuscita a dirimere la questione relativa alla morte della Resinovich – omicidio o suicidio – ma è diventata un vero rompicapo per gli inquirenti ponendo nuove domande rimaste ancora oggi senza risposta. È più che mai evidente, quindi, che solo la nuova autopsia, individuando una volta per tutte le cause del decesso dell'ex dipendente regionale, potrà veicolare le indagini nella giusta direzione.

Dunque, perché il Procuratore ha ragione? Ripercorriamo tutti i punti critici che aleggiano intorno al decesso di Lilli.

La morte per scompenso cardiaco acuto senza segni di insufficienza respiratoria

L’esame autoptico, secondo quanto statuito nella relazione del primo consulente nominato dal pubblico ministero di Trieste, aveva individuato quale causa del decesso dell’ex dipendente regionale un improvviso scompenso cardiaco acuto. Una patologia che è provocata secondo letteratura scientifica proprio da gravi segni di insufficienza respiratoria. Segni che, però, non sono stati evidenziati nella consulenza medico legale.

Come è possibile? Del resto, le circostanze in cui stato trovato il corpo di Lilli, con la testa avvolta in due sacchi di nylon, hanno immediatamente suggerito l’ipotesi di una morte intervenuta per soffocamento. I cui sintomi avrebbero inevitabilmente dovuto essere riscontrati già durante i primi lavori peritali perché destinati a rimanere indelebili nonostante il decorso del tempo. Al contrario, secondo la consulenza, la morte per asfissia poteva essere derivata dall'inalazione di anidride carbonica accumulatasi nei sacchetti attorno al collo di Liliana. L’elaborato però parla solo di una "possibile asfissia". Senza evidenziare alcun sintomo riconducibile con certezza al soffocamento.

Ma vi è di più. La consulenza in parola rappresenta una morte verificatasi solamente due o tre giorni prima del ritrovamento del corpo di Liliana, avvenuto il 5 gennaio 2022. Aprendo così una nuova e complessa prospettiva. Mai chiarita. Dove si trovava Liliana nei giorni successivi alla sua scomparsa? Ma soprattutto come è possibile che sia riuscita a consumare la stessa colazione fatta la mattina prima di scomparire?

Liliana Resinovich in una foto col marito
Liliana Resinovich in una foto col marito

Retrocediamo al 14 dicembre 2021, data della sua sparizione. In quel giorno, infatti, Liliana è uscita di casa senza soldi, cellulari, documenti e Greenpass, che erano essenziali per muoversi e svolgere attività. Lo abbiamo detto tante volte.

A questo punto è interessante notare che al momento del ritrovamento indossava gli stessi abiti con cui era uscita la mattina in cui è scomparsa ed aveva consumato lo stesso pasto, panettone con uvetta e caffè. Oltre ad aver ingerito un multivitaminico. Come detto, la donna – sempre secondo la prima consulenza– sarebbe morta al massimo 48 ore prima del rinvenimento del suo cadavere.

Appare però inverosimile che in un simile contesto Liliana abbia potuto seguire tutte le sue routine quotidiane. Compresa l’assunzione del multivatminico. Dunque, non bisogna essere esperti medici legali per capire che questa ricostruzione medico – legale è per certi aspetti illogica.

Perché non solo non ha risposto in modo univoco sulla causa di morte di Liliana, ma ha suscitato nuovi discutibili quesiti investigativi. Ha ragione, quindi, il procuratore capo di Trieste a dire che la perizia della dottoressa Cristina Cattaneo sarà dirimente.

Perché le ultime ore di vita, così come la causa del decesso di Liliana, sono tutte da riscrivere.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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