Perché la condanna per il femminicidio di Lorena Quaranta rischia di saltare per l’età di un giudice
Rischia di essere annullato il processo a carico di Antonio De Pace, già condannato all'ergastolo per aver ucciso la fidanzata Lorena Quaranta. Il legale dell'uomo, l'avvocato Salvatore Silvestro, ha infatti chiesto in appello di rifare il processo per un vizio di forma: uno dei giudici popolari aveva infatti compiuto 65 anni di età prima della sentenza.
Il membro del collegio, quindi, aveva superato la soglia massima prevista dalla giurisprudenza per far parte del collegio ed esercitare le sue funzioni.
Il processo quindi potrebbe essere da rifare e la condanna all'ergastolo annullata. "Questo non inciderà sull'assetto probatorio – ha spiegato a Fanpage.it il legale di De Pace, Salvatore Silvestro – ma solo sulla necessità di rifare il processo. Se dovessero continuare ad essere mantenute le contestazioni accusatorie, cambierebbe poco".
Già nel 1998 era stato accolto un appello per il rifacimento di un processo. Un precedente che ha decretato l'annullamento anche per il procedimento di Luigi De Domenico, l'uomo condannato a 22 anni per aver contagiato con l'Hiv la moglie poi morta di Aids senza potersi curare. Il vizio di forma ora rischia di pregiudicare anche la sentenza emessa per il femminicidio avvenuto nel 2020.
"Nel '98, davanti a questa richiesta, il Presidente della Corte di Cassazione ha subito asserito che non vi era nulla da eccepire e che dal punto di vista giuridico era come se alla sentenza avesse partecipato un bimbo di 10 anni. Lo stesso indirizzo è stato recepito anche dalla Corte d'Assise d'Appello di Palermo per un omicidio di mafia".
Per sapere se la richiesta sarà accettata, spiega l'avvocato, serviranno circa 4 mesi. "Nulla è certo, nel frattempo potremmo trovarci davanti a giudici della Corte d'Assise d'Appello che non condividono quanto abbiamo chiesto".
Con il rifacimento del processo, potrebbe essere ridiscusso anche il principio dell'infermità mentale, non riconosciuta a De Pace per l'omicidio. Il killer, infatti, non è mai riuscito a fornire un movente per quanto fatto.
"La Corte d'Assise si è soffermata proprio su questo punto e sul fatto che l'imputato non sia mai riuscito a spiegare il perché di quanto fatto. Noi riteniamo che non si possa considerare una persona che non sa fornire una motivazione per un'azione del genere capace di intendere e di volere".
"Questa notizia è una vera doccia fredda per la famiglia di Lorena – ha spiegato dal suo canto Giuseppe Barba, legale che assiste la famiglia della vittima -. Per loro è come assistere a un secondo omicidio".
La mamma e il papà della studentessa di medicina hanno deciso di far parlare l'avvocato che li sta aiutando nel lungo e doloroso processo riguardante l'omicidio. "Ogni processo è a sé stante e noi speriamo in un orientamento giurisprudenziale più rispettoso della vittima".