Perché il killer di Torremaggiore era consapevole di aver ucciso la figlia: cosa emerge dagli atti
Taulant Malaj ha agito nella notte tra il 6 e il 7 maggio dopo giorni, forse settimane, passate a spiare i movimenti della moglie e a chiederle ossessivamente conferme su presunti tradimenti sempre smentiti dalla 39enne Tefta e dalla famiglia di Massimo De Santis, il 51enne ucciso nell'androne del palazzo dal panettiere di Torremaggiore.
Stando a quanto emerge dagli atti del giudice per le indagini preliminari per la convalida del fermo, il 45enne residente nei pressi di Foggia che ha ucciso la figlia 16enne e il vicino di casa avrebbe agito "consapevolmente", massacrando prima il vicino di casa e poi la figlia maggiore che ha cercato di difendere la madre dall'aggressione.
Le dinamiche del delitto
Secondo quanto raccontato dal 45enne arrestato, il primo omicidio sarebbe avvenuto dopo una discussione con il vicino Massimo De Santis.
"Avevo controllato mia moglie – ha raccontato durante l'interrogatorio -. Sapevo tutto, ero certo che Tefta avesse preso un caffè con Massimo al bar. Le avevo chiesto spiegazioni, ma lei è stata vaga. Io ho minacciato di andarmene da casa e infatti sono uscito per andare al lavoro. I miei colleghi si sono accorti che stavo male, io ho detto loro che mia moglie aveva scoperto un mio tradimento. Dopo qualche ora lei mi ha chiesto di tornare ed è quello che ho fatto nella mattinata di sabato dopo le sue scuse".
Malaj, ossessionato da un possibile tradimento della moglie, non ha creduto alle motivazioni addette da Tefta che quella stessa mattina era uscita per andare a lavorare.
"Io intorno alle 12 l'ho vista in auto con Massimo. Quando mi ha detto che stava accompagnando nostro figlio a una festa, ho pensato che in realtà fosse con il barista. Sabato però siamo tornati a casa insieme, abbiamo cenato insieme e io sono andato a letto".
Qualche ora dopo, convinto che la 39enne stesse chattando con il vicino, è uscito sul pianerottolo di casa.
"Mi sono messo sulle scale perché sapevo che stava per arrivare Massimo. Lui si è fermato al mio piano, io gli ho chiesto cosa facesse e lui mi ha detto di aver sbagliato. Si è anche arrabbiato, io gli ho detto di stare lontano da mia moglie e lui mi ha spinto. A quel punto sono entrato in casa a recuperare il coltello".
Quello che è successo dopo è stato registrato dalla telecamera dello smartphone del 45enne che ha ucciso il vicino per poi tornare in casa e tentare di aggredire la moglie. Le dinamiche del delitto spiegate da Malaj non coincidono però con quanto raccontato dai familiari del 51enne.
"Massimo non aveva assolutamente una storia con Tefta – ha raccontato il fratello -. Quando il killer si è avvicinato non è fuggito, proprio perché non si aspettava che accadesse una cosa del genere".
Il barista è stato assassinato a coltellate davanti alla porta di casa e il suo cadavere è stato abbandonato ai piedi delle scale. "Sono tornato in casa – ha raccontato il panettiere – e sono andato in camera da letto dove c'era Tefta. Jessica è entrata per proteggere la mamma, io l'ho colpita e uccisa. Non mi ero reso conto che fosse lei. Si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato".
Secondo quanto emerge dal video girato con il cellulare dopo il delitto, però, il killer sarebbe stato pienamente cosciente di avere davanti il cadavere della figlia 16enne. "Li ho uccisi tutti e tre – diceva davanti alla telecamera -. Anche la ragazza".
La moglie Tefta ferita
La 39enne Tefta è rimasta gravemente ferita ed è stata trasportata in ospedale. A salvarla, il sacrificio della figlia Jessica che per interi minuti ha cercato di disarmare il padre e si è poi frapposta tra la mamma e il killer.
Il tutto è avvenuto sotto gli occhi del figlio minore della coppia, un bambino di appena 5 anni.
Nelle immagini delle telecamere di videosorveglianza installate dal 45enne in tutta casa, si vedrebbe chiaramente il bimbo osservare la scena pietrificato.
"Quando mi sono reso conto di quello che avevo fatto – avrebbe detto Malaj alle autorità – ho provato a prendere il bimbo in braccio".
Secondo gli avvocati difensori dell'uomo, il piccolo non si sarebbe nascosto dietro al divano. Questi dettagli non sono riportati all'interno degli atti per la convalida del fermo.
Stando quanto invece reso noto nei documenti, Malaj avrebbe lasciato il condominio della strage poco dopo, chiamando il fratello per chiedergli di raggiungerlo a casa.
"Taulant mi ha chiamato – ha testimoniato il fratello davanti alle autorità – per dirmi di correre perché aveva ucciso tre persone. Io non l'ho raggiunto subito. Mi ha detto di aver assassinato la moglie, la figlia e l'amante della moglie".
Dopo la telefonata al fratello, Malaj si sarebbe recato in auto sotto la sua abitazione e avrebbe suonato il clacson più volte, chiedendogli di andare a prendere il bimbo in casa perché terrorizzato e incapace di muoversi. "Io e la mia compagna lo abbiamo seguito a piedi per non salire sulla sua auto – ha affermato – e siamo arrivati poco prima dell'arrivo dei soccorsi".
L'ipotesi del pericolo di fuga
La 39enne Tefta è stata trasportata d'urgenza in ospedale dal 118, mentre le forze dell'ordine non hanno potuto fare altro che constatare il decesso della 16enne e del barista 51enne suo vicino di casa.
Secondo quanto si legge negli atti per la convalida del fermo, l'arma del delitto sarebbe stata rinvenuta all'interno dell'auto di Malaj.
"Per sua stessa ammissione – viene riportato – aveva lasciato coltello in auto pronto a darsi alla fuga. Ha dichiarato di aver cambiato idea solo in un secondo momento".
Se così fosse, secondo quanto emerge dagli atti, si potrebbe ipotizzare non solo il pericolo di una fuga in Albania, dove ancora oggi l'uomo possiede delle proprietà, ma di una fredda consapevolezza di quanto fatto nei momenti dell'omicidio.
Nel filmato girato con il cellulare, infatti, l'uomo sembra pienamente consapevole di aver accoltellato a morte la figlia di 16 anni. In un momento ripreso dalle telecamere, chiede alla moglie dove si trovi il secondo figlio, mostrando l'intenzione di uccidere anche lui.
Secondo gli avvocati, però, l'uomo non avrebbe mai provato a fare del male al bimbo fisicamente. Affermazioni sconnesse, insomma, che però non si sarebbero tradotte in un tentativo di uccidere anche il minore.
La convalida del fermo
Il fermo è stato convalidato alla luce del possibile pericolo di fuga ipotizzato dalle autorità. I gravi indizi di colpevolezza, si legge, rendono necessaria la custodia cautelare in carcere. Malaj resta osservato a vista per evitare che possa compiere gesti inconsulti.