Perché ho deciso di congelare gli ovuli: la storia di Laura e la guida della ginecologa al social freezing
di Cecilia Greco e Annalisa Girardi
La storia di Laura potrebbe essere quella di tante altre. Una relazione finita male dopo i 30 anni, la voglia di creare una famiglia e la sensazione di aver perso un treno. Per un uomo la possibilità avere dei figli è sempre a portata di mano, non è dettata dagli anni che passano. Per una donna è diverso, c’è una finestra temporale precisa, differente da persona a persona, ma comunque limitata. Oggi, però, la scienza offre possibilità che prima non avevamo. Congelare i propri ovuli per realizzare un desiderio di maternità quando meglio si crede, indipendentemente dal cosiddetto orologio biologico, è fattibile. “Avevo bisogno di questa possibilità. Vengo da una storia molto lunga, durata 13 anni, che non è finita bene quando avevo 30, in un momento in cui mi sarebbe piaciuto creare una famiglia”, ci racconta.
Il suo nome è Laura Comolli. Di lavoro fa l’influencer, è abituata a mettere la sua vita sui social. Ma qualche mese fa ha deciso di condividere un percorso particolare, di cui ancora si parla troppo poco e che non si è soliti incontrare sulle piattaforme: quello per preservare la fertilità. Si chiama social freezing, in gergo scientifico crioconservazione degli ovociti: gli ovuli vengono estratti, congelati e conservati, in modo da permettere alla sua “padrona” di posticipare una gravidanza, se lo desidera.“Per me era fondamentale sapere di poterlo fare da sola. Sono uscita da una storia molto lunga e non voglio ritrovarmi in quella situazione in futuro. È sempre stato un mio desiderio, quello di avere un figlio e di creare una famiglia. Mi dispiacerebbe non avere questa possibilità per via dell’orologio biologico”, spiega Laura.
Sono tante le ragazze a vivere esperienze simili. Ce lo conferma anche una ginecologa che tutti i giorni ha a che fare con il tema della fertilità. “Le mie pazienti sono di tante tipologie, ci sono ragazze giovanissime che scoprono per caso di avere una bassa riserva ovarica e vogliono correre ai ripari, ci sono donne single che ancora non hanno un programa familiare a breve termine e ci sono anche donne che arrivano qui per avere una prospettiva dopo la fine di una storia”, ci spiega la dottoressa Silvia Colamaria, responsabile PMA del centro Genera di Roma. Solo qui le procedure di social freezing sono aumentate del 20% in un anno.
Congelare gli ovuli: è ora di aprire la conversazione
Laura ha sentito parlare per la prima volta di questa possibilità appena pochi anni fa: “Ho sentito parlare per la prima volta del social freezing, quindi della possibilità di congelare i miei ovuli, circa due anni fa. Avevo 34 anni, me ne parlò il mio ginecologo durante una visita. Prima di quel momento non ne avevo mai sentito parlare. Inizialmente l’ho presa in modo un po’ leggero, poi ho iniziato un po’ a pensarci e da lì sono passati due anni. Online non riuscivo a trovare informazioni, non trovavo nessuno che ne parlasse”, ci racconta, sottolineando di aver fatto molta fatica a trovare il posto giusto in cui fare questo percorso.
Nonostante non riuscisse a trovare chi ne parlasse apertamente, per lei non è mai stato un tabù: “Stavo cercando una clinica dove fare il congelamento, per cui quando incontravo delle persone provavo proprio ad andare sull’argomento, per vedere se riuscivo a reperire informazioni. Cercavo di aprire quella conversazione”. A livello sociale, però, il tabù c’è eccome. Proprio la carenza di informazioni che Laura descrive è sintomo delle resistenze che ancora ci sono su questo tema: si fatica tanto a parlare di maternità se si cerca di farlo al di fuori della retorica tradizionale per cui una donna trova un compagno, si sposa e fa dei figli. "In Italia abbiamo tanti tabù, ma la scienza ci può aiutare – ci dice la dottoressa Colamaria – deve prevalere un sentimento di autodeterminazione e libera scelta della donna”.
Ci siamo quindi rivolte a lei per avere tutte le informazioni utili sul social freezing, come funziona e tutto quello che deve sapere chi vuole iniziare questo percorso.
Social freezing, come funziona: risponde la dottoressa Colamaria
Cosa vuol dire preservare la fertilità?
“Per una donna la preservazione della fertilità vuol dire fermare il tempo, quindi fermare la qualità ovocitaria. Non è una garanzia di nulla, per questo le donne vanno informate correttamente, ci sono tanti elementi che concorrono a dare una previsione delle chance di gravidanza se verranno utilizzati gli ovociti che si sceglie di congelare. La migliore qualità ovocitaria va dai 20 ai 35 anni: qui c’è il più basso tasso di anomalie cromosomiche negli ovociti. Successivamente e gradualmente assistiamo a un loro incremento.
Se la qualità degli ovociti dipende solo dall’età anagrafica, la quantità – quella che viene chiamata riserva ovarica – è invece una caratteristica individuale. Una stimolazione può andare male perché si risponde con troppo pochi follicoli, ma non per i farmaci, si lavora con quello che l’ovaio mette a disposizione”.
Come funziona il congelamento degli ovociti?
“Nel processo di congelamento ovocitario la paziente effettua una stimolazione ovarica, con l’intenzione di portare a maturazione il più alto numero di follicoli possibili. Il processo dura circa 15 giorni, dove si viene costantemente monitorati tramite controlli ecografici e successivamente si programma l’intervento di prelevamento ovocitario, in sala operatoria, con una piccola sedazione. Con un ago, sotto guida ecografica, si prelevano tutti i follicoli che sono stati reclutati in risposta alla stimolazione. Il tasso di complicanze è molto basso, parliamo dello 0,4% di rischi di infezioni o piccoli sanguinamenti. Si sente anche parlare della sindrome di iperstimolazione ovarica, che nell'ultimo decennio ha raggiunto quasi un rischio zero proprio perché sono cambiati i protocolli.
Dopo l’intervento in laboratorio, al microscopio, vengono isolati i singoli ovociti che verranno congelati a -196 gradi tramite vitrificazione. Una volta congelati, viene fermato il tempo. Questo consente di utilizzarli finché la donna è potenzialmente fertile.
Tutta la procedura non comporta dolore e non ci sono grandi controindicazioni. Va chiarito che le stimolazioni non riducono in nessun modo la riserva ovarica: si va a lavorare sui follicoli mensili che sarebbero stati consumati in ogni caso dalla donna quel mese”.
Quanto costa congelare gli ovuli?
“Il social freezing non è coperto dal sistema sanitario nazionale. Hanno accesso nei centri pubblici le donne che vogliono preservare la propria fertilità per motivi oncologici, in attesa di chemio o radioterapia. In tutti gli altri casi ci si deve rivolgere a centri privati. Il costo è di circa 3mila euro a cui si devono aggiungere i farmaci, attorno ai mille euro”.
Come possono essere usati gli ovociti dopo essere stati congelati?
“In Italia è permesso l’uso degli ovociti all’interno di una coppia di fatto di sesso diverso. Al di fuori di questa condizione è possibile mobilitare gli ovociti all’interno dell’Ue per effettuare il trattamento all’estero. Non c’è un tempo di scadenza per gli ovociti congelati, ma se la paziente decidesse di non utilizzarli, potrebbe decidere di donarli ad altre coppie qualora rientrasse nei parametri necessari alla donazione, scegliere di donarli alla ricerca o distruggerli”.
Perché è importante parlarne: la testimonianza di Laura
“A una giovane ragazza consiglierei di acquisire tutte le informazioni sulla fertilità e di fare una valutazione del proprio stato di salute con il proprio ginecologo di riferimento, così da capire la situazione di partenza. Il controllo della fertilità dovrebbe rientrare in uno screening per ogni ragazza, così come si fa il pap- test tutti gli anni: l’importante è essere consapevoli della propria situazione, indipendentemente dalle scelte che si faranno nel corso del tempo”, conclude la ginecologa.
Spesso è vero, la consapevolezza manca. Ma le reazioni ai video in cui Laura raccontava il suo percorso dimostrano che c’è tanta empatia e altrettanto bisogno di aprire il dibattito. “Tante ragazze mi hanno scritto, raccontandomi che anche loro stavano cercando informazioni ma non riuscivano a trovarle, e per questo erano contente di poter seguire il mio percorso. Oppure altre mi hanno detto che dopo aver visto i miei video hanno trovato il coraggio per farlo anche loro. Questo è stato molto bello”, dice.
Parlarne è fondamentale. Sia per diffondere informazioni e consapevolezza, sia per fare in modo che le donne che scelgono questo percorso non si sentano sole e sbagliate. Perché non lo sono. “All’inizio mi sono sentita un po’ sola – racconta Laura – perché nonostante avessi tante persone attorno che mi stavano vicine, comunque è una cosa molto personale. Ero io a farmi le iniezioni, ero io che sentivo gli effetti collaterali. Ero un po’ in preda alle mie emozioni e non avevo nessuno con cui confrontarmi, che stesse facendo la stessa cosa. Quando però ho iniziato a condividere tutto sui social ho avuto veramente una bellissima risposta e ho trovato tantissime ragazze che stavano vivendo la stessa esperienza, con cui poter parlare. È stato terapeutico per me”.
Per Laura Comolli non solo è importante iniziare a parlare di più del social freezing, come ultimamente si sta facendo, ma bisogna anche discutere dei costi: “Il problema è il costo, che è proibitivo. È troppo alto per una ragazza giovane, che magari sta studiando. Lo Stato dovrebbe sostenere le ragazze più giovani, magari prevedendo degli aiuti in base alle fasce di reddito per garantire a tutte le donne di avere accesso a questa possibilità”.