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Perché gli obiettori di coscienza sono già oggi un problema per le donne che vanno ad abortire

“Spesso non se ne è a conoscenza, ma il non obiettore in genere è solo chi poi materialmente esegue l’Ivg. Chi accoglie all’ingresso, gli infermieri, gli psicologi, persino l’ecografista, spesso sono obiettori di coscienza e possono comportarsi in modo inopportuno”.
A cura di Natascia Grbic
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Nelle ultime settimane abbiamo pubblicato molte storie di donne che non solo hanno avuto difficoltà ad accedere all'interruzione di gravidanza, ma sono state trattate in modo sprezzante e offensivo dal personale ospedaliero. Da una parte vi è il problema dell'obiezione di coscienza, che rende materialmente complicato – se non impossibile in alcuni casi – abortire. Dall'altra vi è il fatto che la decisione di interrompere una gravidanza, nel nostro paese, è malvista anche da chi è a favore dell'Ivg. Questo perché lo stigma sociale, unito alla pratica di colpevolizzare le donne tipica delle società patriarcali, è ancora forte.

"Personale sovraccarico di lavoro e troppi obiettori negli ospedali"

"Bisogna chiarire un punto: la persona che deve fare interruzione di gravidanza non viene a contatto solo con personale non obiettore", spiega la dottoressa Silvana Agatone, presidente dell’associazione Laiga 194, associazione che riunisce il personale sanitario non obiettore. "Spesso non se ne è a conoscenza, ma il non obiettore in genere è solo chi poi materialmente esegue l'Ivg. Chi accoglie all'ingresso, gli infermieri, gli psicologi, persino l'ecografista, spesso sono obiettori di coscienza e si comportano in modo inopportuno. Offendendo le pazienti, trattandole con freddezza, costringendole a guardare il monitor e a sentire il battito. Il personale non obiettore è molto poco all'interno degli ospedali pubblici, e chi fa questo tipo di servizio è sovraccarico di lavoro. Agli ospedali non interessa che l'interruzione di gravidanza sia garantita: interessa solo ai ginecologici non obiettori, che hanno uno stress continuo per mandare avanti questo servizio. Se ci mettiamo pure che il Servizio sanitario nazionale è sotto organico, può succedere talvolta che il ginecologo sia sovraccaricato, e magari non tratta la paziente con la dovuta empatia. Ma sono casi. Spesso si pensa che quando si va a fare l'Ivg nel reparto siano tutti non obiettori, ma non è così. Non è quindi escluso che le donne che hanno trovato personale poco attento, quando non offensivo, abbiano avuto a che fare con obiettori".

"Se in un ospedale la 194 è applicata bene, non viene permesso a tutto il personale di obiettare, ma solo a chi materialmente deve eseguire l'Ivg – aggiunge Ginevra, attivista di Laiga -. L'opinione degli obiettori è quindi irrilevante: da un lato questo ha un risvolto positivo, dall'altro le donne magari si trovano a dover avere a che fare con persone maleducate e offensive nei loro confronti. Nel caso invece di comportamenti sbrigativi da parte di personale non obiettore, bisognerebbe vedere i singoli casi: spesso chi pratica le Ivg è sovraccarico di lavoro, e può succedere che non si dia abbastanza attenzione al momento che sta vivendo la paziente. Non perché questo debba essere un trauma, ma perché sicuramente è una circostanza importante. Ovviamente non è per giustificare, non deve succedere. Ma credo che queste donne siano entrate in contatto, senza accorgersene, con obiettori. Ad esempio, lo psicologo con cui si è obbligate a fare la visita, potrebbe essere obiettore, ma la legge gli impedisce di rifiutarsi di parlare con la paziente. Solo che poi non lo fa in modo adeguato".

C'è poi un problema, sottolinea la ginecologa, ed è l'aspetto economico del dichiararsi obiettore di coscienza, che sottolinea l'ipocrisia con cui a volte si fa questa scelta professionale. "Non tutti lo sono per motivi etici o religiosi – sottolinea Agatone -. Pensate che l'aspetto economico non c'entri nulla? A molti non conviene fare le interruzioni di gravidanza. Una donna che decide di abortire non è una paziente a lungo termine, non tornerà da me che le ho fatto l'Ivg per le visite successive, perché nella maggior parte dei casi non avrà un bel ricordo di me. Il ginecologo che oltre a lavorare nel pubblico ha lo studio privato, punta ad aumentare le sue clienti. E tra queste non ci sono le donne che decidono di abortire. Quindi si dedicano ad altro, mentre i ginecologi non obiettori sono oberati di lavoro, e a volte si trovano a fare solo quello per mantenere aperto il servizio".

Burocrazia troppo lenta: un problema per chi deve abortire

Un altro dei problemi che le donne si sono trovate a dover affrontare è la lentezza della burocrazia. Alcune di loro ci hanno messo più di un mese ad abortire, con conseguenze fisiche e psicologiche che sono state dure da superare. "Come dicevo anche prima, agli ospedali non interessa tenere aperto il servizio, e il personale obiettore è pochissimo. Basta che un ginecologo vada in ferie o sia malato per sospenderlo. Quindi i non obiettori si trovano sovraccarichi. Un mese ho fatto 200 ore di straordinario non volute, e l'amministrazione, con una delibera, le ha poi cancellate. Quindi non solo ho fatto straordinari obbligati, ma poi non mi sono stati neanche pagati. Questo è il livello cui siamo costretti a lavorare".

L'obiezione di coscienza negli anni è aumentata. Nel 2005 era al 58,7%, mentre nel 2021 è salita fino al 63,4% per quanto riguarda i ginecologi. In alcune regioni il tasso di obiezione raggiunge quasi il 100%, e in alcune strutture ospedaliere – benché pubbliche – è impossibile abortire. "Per le donne è molto difficile capire dove possono fare le Ivg, perché sul sito del Ministero non esiste una mappatura delle strutture che lo consentono, e al telefono non risponde mai nessuno – continua Agatone. – Noi abbiamo fatto una mappa, in continua evoluzione, che si può consultare sul nostro sito".

Il ricorso all'aborto clandestino

Abortire è difficile, complicato. Lo è soprattutto se la donna che vuole farlo è straniera, non parla bene italiano, o è minorenne. Ostacolare le interruzioni di gravidanza, si sa, non è un deterrente per non abortire. Ciò che accade è che semplicemente ci si affida a ‘metodi fai da te', quando non ai cosiddetti ‘macellai' nei casi più gravi. Con conseguenze serie per la salute. "Non conosciamo i numeri degli aborti clandestini in Italia perché sono anni che il Ministero della Salute non fa più statistiche. Abbiamo chiesto più volte di fare un'indagine così da inserire i marcatori ma, come spesso accade, l'appello è rimasto inascoltato", spiega Agatone. "Il fenomeno esiste ancora? Certo. Faccio un esempio: a Trapani e provincia le interruzioni di gravidanza erano circa 80 al mese, con poche variazioni. Successe che andò in pensione l'unico ginecologo non obiettore della zona. Dove sono andate quelle donne che prima abortivano? Non abbiamo variazioni di numeri nelle altre città, quindi è ragionevole pensare che abbiano risolto in un altro modo, molto meno sicuro per loro. Dove c'è un alto tasso di obiezione, ci sono pochi posti per chi vuole interrompere una gravidanza. E chi rimane fuori, cerca altri metodi. Gli aborti clandestini ci sono ancora, solo che hanno assunto forme diverse. Un tempo si andava dalle ‘mammane', adesso si usano dei farmaci. Chi se lo può permettere va in clinica e paga, ma per tutte le altre c'è un forte rischio".

L'ingresso dei prolife nei consultori

A fine aprile, l'ok definitivo del Senato ha sancito l'autorizzazione del Governo all'entrata delle organizzazioni provita nei consultori. Già da anni queste associazioni, spesso legate all'estrema destra, sono in realtà comparse all'interno delle strutture, con il benestare più o meno tacito delle Regioni. Spesso uomini, che si presentano nei consultori vestiti in modo simile al personale medico, e che magari avvicinano le donne con un'escamotage, invitandole a un colloquio. "E lì parte il loro tentativo di lavaggio del cervello – conclude Agatone -. C'è un disegno comune che va dagli Stati Uniti all'Europa, che punta i limitare i diritti delle donne. Sono molto preoccupata".

"La legge 194 permetteva già alle associazioni di volontariato di entrare nei consultori – dice Ginevra – Il fatto che il Governo Meloni abbia ufficializzato questa cosa ha un significato prettamente politico che ci dice molto di come questa destra ha intenzione di trattare i diritti. Quando in conferenza stampa la premier continuava a dire che non voleva abrogare la 194 ma applicarla, si riferiva esattamente all'articolo 2. Ci sono diverse parti della 194 che i prolife possono sfruttare per ostacolare l'aborto, non c'è bisogno di cancellarla".

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