Perché Firenze è prima nella classifica sulla qualità della vita per le donne (ma c’è ancora tanto da fare)
Nella provincia di Bergamo si vive meglio: lo dice l'indagine sulla Qualità della Vita de Il Sole 24 ore. Subito dopo ci sono Trento e Bolzano, ma la migliore per le donne è Firenze, scesa invece di 30 posti nella classifica generale.
Per valutare la vivibilità della provincia toscana per le donne sono stati presi in considerazione 12 sottoindicatori quali il tasso occupazionale delle donne, il gap occupazionale, la percentuale di imprese femminili sul territorio (oggi 100 registrate), il numero di amministratrici comunali, la partecipazione femminile allo sport, il numero di laureate ogni 1000 abitanti e il numero di denunce di violenze sessuali ogni 100mila abitanti.
Fanpage.it ha analizzato il dato con Isabella Mancini, presidentessa dell'Associazione Nosotras sul territorio di Firenze.
"C'è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto se pensiamo che questo dato si basa su un'analisi spalmata per un periodo di 365 giorni. Un lasso di tempo molto breve, se pensiamo che i progressi si fanno in circa 10 anni di lavoro. Nell'ultimo decennio abbiamo lavorato sulla sensibilizzazione, sull'informazione e sulla costruzione di reti a tutela delle donne che abbraccino diversi territori e realtà. Ovviamente un impegno simile produce un miglioramento, ma c'è ancora tanta strada da fare e questo lavoro non può essere richiesto solo al singolo territorio, ma all'intero Paese".
Firenze si è classificata al 36esimo posto nella classifica generale del 2024 per qualità della vita. Ha perso 30 posizioni circa, ma è al primo posto per qualità della vita garantita alle donne. Nonostante questo, guardando i sottoindicatori analizzati si trovano ancora "record negativi": la provincia è al 103esimo posto per denunce di violenze sessuali. Secondo lei cosa si può ancora migliorare? Firenze è effettivamente sicura per le donne?
Penso che questo risultato sia il frutto di quanto fatto negli ultimi 10 anni sul nostro territorio con un lavoro di sensibilizzazione, informazione e costruzione di reti a tutela delle donne. Uno sforzo di questo tipo produce i suoi frutti nel tempo, ma c'è ancora tanto da fare: il fatto che vengano rilevate queste violenze indica che manca un lavoro importantissimo sulla prevenzione.
Quale tipo di prevenzione?
Non parlo dell'informare le donne sui rischi che corrono ogni giorno, ne sono assolutamente consapevoli, ma un lavoro sulla percezione maschile delle donne.
Questo tassello manca e non è qualcosa di realizzabile solo sul territorio, gli elementi che devono essere messi in ballo sono tantissimi e serve smantellare un intero assetto culturale per questo.
Quello che il territorio può fare è mostrate la propria presenza ai suoi cittadini, vigilare su di essi, dimostrarsi pronto a intervenire in caso di pericolo. Oggi c'è una maggiore sensibilità su certi temi ma siamo ancora molto lontani da un risultato soddisfacente.
Si denuncia di più, ma dobbiamo aspirare a cancellare la violenza carnale, psicologica o economica. Quella sarebbe una vittoria e si può raggiungere con l'educazione.
Bisogna considerare anche che oggi si chiede molto più spesso l'intervento delle autorità in certe situazioni, ma il dato non tiene conto di tutte quelle violenze delle quali le vittime non parlano.
Le donne vengono fermate dalla vergogna o da un ambiente ostile, ma ci sono anche tantissime persone che non conoscono i loro diritti. Mi riferisco alla fascia sociale medio-bassa. Quando non si è a conoscenza dei propri diritti è difficile agire.
Le donne di Firenze si sentono davvero più sicure quando camminano per strada?
Non credo che Firenze sia un centro più pericoloso rispetto ad altri. C'è stato un miglioramento legato a dinamiche che riguardano la trasformazione della città, ma il dato racconta anche la realtà di tante persone che ogni giorno arrivano dalla provincia e che poi magari tornano a casa dopo il lavoro. Sono sicuramente informazioni complesse da incastrare in 365 giorni.
È vero che c'è una maggiore attenzione alle problematiche delle donne in questo momento storico, ma è anche vero che per strada c'è tanta indifferenza: chiedere aiuto a un vicino è molto più semplice che chiederlo a un passante che in quel momento è testimone oculare di una violenza che vivo sulla mia pelle. Lo dimostra anche la cronaca recente, a volte le persone non chiamano neppure l'ambulanza.
Firenze ospita poi ogni giorno oltre un milione e mezzo di persone tra turisti e pendolari. Per garantire la sicurezza è fondamentale la presenza delle autorità sul territorio.
C'è da continuare a lavorare anche in questo caso, perché non basta vedere un poliziotto per essere tranquille: serve formazione e su questo possiamo ancora fare tanto. Probabilmente la lettura andrebbe fatta su un lasso di tempo più significativo rispetto al mero anno.
Dalla classifica emerge che Firenze è al sesto posto per il tasso di occupazione femminile, al 18esimo per numero di laureate ogni 100mila abitanti e al 68esimo per presenza di imprese femminili. Riconosce il suo territorio in questi numeri?
Penso che alcuni di questi traguardi, come i dati sull'occupazione femminile o quelli sul numero di laureate, si basino su una precisa fascia sociale, ossia quella medio-alta.
Parliamo di donne che hanno avuto accesso agli studi e che probabilmente possono vivere in città, ma manca un pezzo importante per completare l'analisi: ci sono donne appartenenti a fasce sociali più basse che non hanno accesso a questo tipo di formazione, persone che magari vivono in provincia perché costa meno.
Le donne migranti, per esempio, sono le ultime ad accedere alla formazione, a lavori con stipendi più alti e perfino al welfare. In Italia il welfare sono i nonni: se hai figli e non hai i tuoi genitori alla porta accanto, dopo le 13 non puoi più permetterti di lavorare. È un po' difficile trovare un impiego simile.
Il welfare è un problema anche per chi ha potuto studiare e laurearsi. Aprire un'impresa non è cosa semplice: se hai il supporto di un genitore che si occupa dei tuoi figli è più facile dedicarsi al lavoro, a far crescere un progetto, altrimenti è impossibile.