Non giriamoci troppo attorno: la prima settimana di somministrazione dei vaccini ai bambini tra i 5 e gli 11 anni non è andata bene. Durante tutta la scorsa settimana, tanto per dare qualche numero, tutte le altre classi di età si sono vaccinate di più, a eccezione di quella degli over 90, che pure ha quasi completato le terze dosi. Mentre stiamo scrivendo, sono solo 108mila su quasi 4 milioni i bambini che hanno già ricevuto il vaccino, il 2,95% del totale. Di questo passo, si arriverebbe a vaccinare almeno il 70% dei bambini tra sei mesi, quando già sarebbe il momento di un eventuale dose booster.
Non giriamoci troppo attorno bis: era lecito attendersi una partenza lenta, per mille ragioni. La scarsa severità dei sintomi del Covid tra i bambini rappresenta un chiaro disincentivo alla vaccinazione, o perlomeno un incentivo ad aspettare un po’, in attesa di capire se vi siano effetti collaterali inattesi tra i bambini che si sono sottoposti all’inoculazione. Tanto più in una coorte demografica di genitori, quella dei quarantenni, che in percentuale ha mostrato la maggior ritrosia a sottoporsi essa stessa al vaccino contro il Covid, con un 15% di non vaccinati che rappresenta un record tra i cittadini maggiorenni.
Non giriamoci troppo attorno tre: questa esitazione, e questo scetticismo nei confronti del vaccino pediatrico rischia di essere, alla prova dei fatti, un gigantesco errore di valutazione. In primo luogo, perché rischi significativi di effetti collaterali non sembrano essercene: le8 miocarditi (peraltro temporanee) su oltre 7 milioni di inoculazioni pediatriche negli Stati Uniti sono lì a dimostrare quanto le dosi pediatriche del vaccino Pfizer – un terzo rispetto alla dose normale – siano sostanzialmente prive di rischi per la salute dei bambini. In secondo luogo – e questo è forse l’aspetto più grave – perché gli effetti collettivi di questa esitazione collettiva rischiano di essere devastanti.
Lo spiega bene chi parla dell’attuale ondata come della “pandemia dei bambini”. Come ha confermato l’Istituto Superiore di Sanità il 28% dei casi si verifica oggi in età scolare. E l’incidenza nella classe di età 5-11 è già oggi la più alta di tutte. Già oggi, dicevamo. Perché i primi dati sudafricani parlano di un allarmante numero di bambini ricoverati con Omicron – che pure sembrerebbe avere sintomi meno gravi per altre classi di età. Perché, soprattutto, Omicron appare essere molto più contagiosa di Delta e oggi in Italia è ancora poco diffusa in Italia – le stime ufficiali parlano di poco meno di 2 casi ogni cento, quelle ufficiose di 10 -, e con ogni probabilità ne vedremo gli effetti dopo le feste.
Già, le feste. In cui nonni e nipoti staranno assieme nel chiuso delle loro case. In cui ci saranno tavolate, pranzi e cene senza alcuna limitazione, a differenza dello scorso anno. E dopo le quali, si suppone, i bambini torneranno a scuola, in presenza. Una specie di tempesta perfetta per la diffusione esponenziale di Omicron che potrebbe preludere a nuove chiusure di esercizi commerciali, istituti scolastici, addirittura interi territori che potrebbero finire in zona rossa, come preconizzato dal sottosegretario Sileri nella sua intervista a Fanpage.it.
Ecco perché più bambini vaccinati con due dosi ci saranno al giro di boa della riapertura delle scuole, più avremo alzato un muro contro la comunque inevitabile risalita dei casi dovuta alla variante Omicron. La gravità di questa quarta ondata dipende anche da questo. Speriamo di non doverci pentire troppo di questa grande esitazione collettiva.