Benno Neumair è stato condannato all’ergastolo, ad un anno di isolamento diurno e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di entrambi i genitori. Una decisione, quella della Corte d’Assise di Bolzano, in apparente contro tendenza rispetto a quanto cristallizzato nella perizia psichiatrica disposta in fase di indagine dal Gip. Difatti, in quella sede Benno era stato ritenuto affetto da seminfermità quando aveva ucciso Peter mentre era stato riconosciuto come perfettamente capace di intendere e di volere quando aveva commesso l’omicidio di Laura. Il trentenne aveva individuato in una lite con il padre la causa scatenante della sua furia omicida. Lite che secondo i periti aveva avuto il ruolo di detonatore rispetto al disturbo stesso.
Quanto all’omicidio della madre, invece, gli era stata fin da subito contestata la premeditazione: Benno aveva deciso di uccidere Laura perché sopraggiunta in un momento successivo e quindi divenuta testimone scomoda.
Dunque, se i periti del Gip avevano valutato Benno seminfermo di mente per l’omicidio di Peter, perché il giovane è stato condannato ugualmente all’ergastolo per l’uccisione di entrambi i genitori? La risposta è di tipo processuale.
Le motivazioni dell’ergastolo
In virtù della regola riassunta nel brocardo latino “Iudex pertius peritorum”, il giudice è “il perito dei periti”. Ciò significa che non è vincolato dall'esito della perizia, ma al contrario può discostarsi o disattendere del tutto le conclusioni alle quali sono pervenuti i periti. In questi casi, l’organo giudicante ha a disposizione diverse strade: può fornire semplicemente una motivazione adeguata alla scelta, può aderire alle conclusioni cui sono giunti i consulenti di parte oppure può nominare un nuovo perito. Nel caso di Benno Neumair è evidente come i giudici della Corte d’Assise di Bolzano – dopo essersi discostati dalla perizia che aveva riconosciuto Benno come semi infermo di mente rispetto all’omicidio di Peter e perfettamente capace con riguardo all’uccisione di Laura – abbiano deciso di uniformarsi alle conclusioni cui erano giunti i consulenti di parte. Che, in concreto, avevano reputato fin sa subito Benno Neumair come pienamente capace di intendere e di volere per entrambi i delitti. Una vicenda processuale, quindi, giocatasi tutta “in punto di diritto”. E che ha portato il trentunenne alla condanna dell’ergastolo, con un anno di isolamento diurno e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La chiave di volta: la presunta lite con il padre prima dell’omicidio
Nella decodifica della personalità di Benno, i periti del gip avevano ritenuto che la lite con il padre avesse avuto il ruolo di detonatore rispetto a disturbi di tipo narcisistico e antisociale che lo affliggevano. Ma il litigio riportato dall'assassino non ha mai trovato alcun riscontro oggettivo negli atti di indagine. Appare quindi evidente come il giovane possa essersi servito di una versione strumentale ad alleggerire il suo carico di responsabilità. Un’ipotesi confermata in aula dalla sorella Madè. Che, parlando del padre, lo ha sempre descritto come un uomo abituato ad evitare il conflitto. Tanto da essere definito da amici e parenti il “mansueto biologo”. Affermazioni, queste, che hanno definitivamente sconfessato quanto raccontato dal fratello e che gli sono costate la condanna all’ergastolo anche per l’omicidio di Peter.
La personalità di Benno Neumair
Benno ha ucciso Laura Perselli e Peter Neumair, i suoi genitori, in qualità di analfabeta emotivo, completamente egocentrico, egoriferito e con spiccati tratti narcisistici. Lo ha fatto perché ha ritenuto questi ultimi responsabili, secondo un distorto punto di vista, di averlo reso incapace di essere e, di conseguenza, di averlo spinto a costruire tutta la propria esistenza sull’apparire. Una personalità sicuramente impulsiva quella di Benno tradita anche in aula nel corso delle ultime udienze. Ove si è nuovamente ripreso la licenza di arrabbiarsi. Non solamente nei confronti dei giudici, ma anche con riguardo ai suoi legali, accusati dallo stesso di porgli domande non pertinenti. Ha mostrato picchi ingiustificati di aggressività verbale nel momento in cui gli venivano rivolte domande scomode perché relative all'assunzione delle sue responsabilità. Insomma, un giovane uomo con una sfera emozionale e affettiva che ha risentito anche della detenzione carceraria.
Oltre al già citato disturbo di matrice narcisistica, il duplice omicidio ha preso le mosse da un disturbo antisociale di personalità. Proprio come diagnosticatogli sia dal pool di periti nominati dal giudice per le indagini preliminari sia in Germania, in un momento antecedente a quello in cui si è macchiato di parricidio. Tali disturbi, però, non sono stati – a ragion veduta – ritenuti sufficientemente gravi da poter incidere sulla sua capacità di intendere di volere.
Un omicidio premeditato in ogni suo dettaglio
La premeditazione è stata evidente anche nell'atteggiamento tenuto da Benno dopo il duplice delitto. In quei frangenti aveva cercato infatti in maniera maldestra di inscenare la scomparsa dei genitori per depistare le indagini ed allontanare da sé ogni sospetto. In particolare, aveva indirizzato gli inquirenti sui sentieri praticati da Laura e Peter nelle loro passeggiate all'aperto e li aveva condotti sul Corno del Renon, suggerendo di cercare in quella direzione. Un progetto ben calcolato nei minimi dettagli, in attuazione del quale Benno si era altresì servito di Martina e Jasmine per costituirsi un alibi. Facendo presa sulle emozioni delle due donne, invaghite al punto da aiutarlo nell’attività di ripulitura.