Ultrastorie

Perché adesso gli stadi hanno solo posti a sedere: il racconto della strage dell’Hillsborough

Il settimo episodio del vodcast ULTRASTORIE racconta della tragedia all’Hillsborough Stadium di Sheffield, in Inghilterra, del 15 aprile del 1989, quando durante una partita di calcio è avvenuto uno schiacciamento della folla, con 97 morti e oltre 800 feriti, tutti tifosi del Liverpool La tragedia, passata alla storia come la più grande dello sport inglese, ha portato a dei cambi strutturali negli stadi per come li conosciamo oggi.
A cura di Olimpia Peroni
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Prima di morire, Kevin Williams avrebbe pronunciato una sola parola: “Mum”, “mamma”.

“Kevin Williams” non è un nome noto a tutti – ma perché non è un politico, né uno scrittore, né un poeta. Ma, quando è morto, Kevin Williams aveva solo 15 anni. Accadde durante una delle cose che amava di più: una partita di calcio. Sua sorella Sara dirà di non essere affatto sorpresa dal fatto che “Mamma” possa essere stata l’ultima cosa che Kevin ha detto. Quando lui morì Sara aveva solo nove anni ma comunque se lo ricorda molto bene, perché passavano parecchio tempo insieme. Ovunque lui andasse, lei lo seguiva – una cosa tipica quando si ha un fratello maggiore. Solo che a lui faceva piacere, a differenza di altri a cui magari questo attaccamento può infastidire.

Kevin Williams
Kevin Williams

In un’intervista Sara dirà: “Il senso dell'umorismo di Kev era una delle sue qualità più accattivanti. Sento ancora la sua risata. (…) Si prendeva spesso in giro ed era davvero divertente averlo intorno”. Ci sono due argomenti, però, che per lui erano serissimi: la musica, su cui veniva influenzato da suo padre con i grandi classici come i Genesis e i Pink Floyd e, soprattutto, il calcio. Ogni volta che poteva, Kevin andava a giocare a calcio o a vedere le partite. Era una passione nata dalla famiglia dato che è stata sua zia, Penny, a portarlo alla sua prima partita. Sul calcio ha costruito forti legami, come quello con suo nonno, a cui mancava una gamba e Kevin, quando aveva solo 13 anni, ogni domenica era solito andare a prendersi cura di lui e a discutere di calcio per tutto il pomeriggio. Ma quella per il calcio era anche la passione che lo legava ai suoi amici più cari. Come quelli con cui è andato a vedere la partita quel 15 aprile a Sheffield. Solo che lui, a differenza loro, non ha fatto più ritorno a casa dalla famiglia: da Sara, da suo nonno, da sua mamma.

Mentre la partita stava cominciando, Kevin e i suoi amici erano in curva: nella standing area subito dietro il portiere, cioè il recinto dove si poteva stare in piedi ad assistere alla partita. Ma in quel momento una marea di persone è entrata nella curva, proprio nel recinto dove si trovavano Kevin e i suoi amici. E tutta questa ondata di persone si è ammassata confusamente, schiacciando e spingendo le altre. Andrew, un amico del ragazzo ha sentito Kevin dire “Ѐ un po’ affollato, vero?” per poi perderlo di vista e non rivederlo mai più da vivo. Dopo pochi secondi e la priorità è passata dal non perdere di vista i propri amici al continuare respirare. Anche se era difficile con tutte quelle persone che stavano addosso, schiacciate una sull’altra, che impedivano alla cassa toracica di espandersi anche solo per fare piccoli respiri. Alcuni erano così schiacciati tra le persone al punto che non toccavano terra con i piedi, altri erano invece schiacciati tra le persone e la recinzione, con le sbarre di metallo che affondano sulla pelle, rompendo costole e altre ossa. Molti che si trovavano lì e che non conoscevano Kevin, si ricorderanno di averlo visto, anche se le loro testimonianze saranno discordanti. C’è chi dirà che aveva il volto viola, chi dirà di averlo visto con gli occhi chiusi e chi dirà di averlo sollevato e che, in quell'esatto momento, era ancora vivo. L’agente speciale Debra Martin testimonierà che intorno alle 15:40 lei stessa avrebbe provato a rianimarlo – fino a che il ragazzo non avrebbe riaperto gli occhi, dicendo “mamma”, per poi chiudere gli occhi e morire intorno alle 16:00.

Sua madre, Anne Williams, ha intrapreso una campagna per chiedere giustizia per la morte di Kevin, per chiedere anche trasparenza sulla tragedia del 15 aprile, tragedia che non solo le ha solo strappato Kevin, ma che ha anche ucciso altre 96 persone, tra uomini, donne, adolescenti e bambini – tutti di età compresa tra i 10 e i 67 anni.

Questa è la storia di uno dei peggiori incidenti mai avvenuti nel mondo del calcio inglese, un incidente che ha concretamente cambiato per sempre alcuni degli stadi più importanti al mondo fino a come li conosciamo oggi.

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La curva ovest dell'Hillsborough: la standing area dei tifosi del Liverpool

15 aprile 1989. È un giorno molto importante per il Liverpool e il Nottingham Forest, due delle squadre di calcio più importanti dell’Inghilterra. Nel primo pomeriggio si gioca la semifinale nella FA Cup, cioè la principale coppa nazionale di calcio inglese – nonché la più antica competizione calcistica ufficiale al mondo. È un evento molto importante, tanto per le squadre quanto per i loro tifosi che aspettano con ansia questa partita. Quel 15 aprile ci si organizza con famiglia o amici per andare a vederla allo stadio Hillsborough, a Sheffield. Molti tifosi del Liverpool assisteranno dalla curva ovest: capire com'è fatta questa curva è importante per comprendere a pieno la tragedia che avverrà, lì dentro, nel primo pomeriggio.

La curva si trova esattamente dietro la porta ed è una standing area, quindi non ci sono sedie e si può stare solo in piedi. È divisa in quattro sezioni da delle alte recinzioni in acciaio. Ma c’è anche un’altra recinzione, che scorre lunga e separa la curva dal campo. Stare lì  dentro equivale un po’ allo stare in una gabbia metallica a cielo aperto.

Come si accede alla curva ovest di Hillsborough

La partita comincia alle 15:00. C’è chi va prima, come Kevin Williams e i suoi amici, tifosi del Liverpool, che arrivano addirittura due ore prima, e c’è chi arriva con più calma. Effettivamente nei biglietti c’è scritto che è consigliato presentarsi all’ingresso un quarto d’ora prima, alle 14:45 e in moltissimi fanno così. Dalla curva ovest si accede dall’esterno, dalla strada Leppings Lane. La modalità è quella del collo di bottiglia, perché la strada si restringe fino ad arrivare a sette tornelli. Superati questi si può procedere o di lato o dritti. Essendo la curva divisa in quattro sezioni separate da delle recinzioni, se dopo i tornelli si procede dritti si incontra subito una stretta galleria che porta alle due sezioni centrali. Se si va, invece, verso le entrate laterali, si arriva alle sezioni laterali della curva, quelle all'estremità.

La standing area della curva ovest di Hillsborough
La standing area della curva ovest di Hillsborough

I tornelli impediscono al flusso di tifosi di accedere allo stadio

Intorno alle 14.45, quindi a 15 minuti dal calcio di inizio, la curva ovest è ancora abbastanza vuota e chi si trova lì pensa sia strano. La partita sta per iniziare e gli spalti non sono pieni. Ed è strano. Infatti, i tifosi ci sono: migliaia di tifosi, in realtà, che si stanno ammassando proprio fuori dallo stadio, davanti ai tornelli – che sono pochi, sono solo sette e rallentano tantissimo l’accesso alla curva. Fuori inizia il caos quando i i tifosi cominciano a sentire quelli dentro che applaudono e fanno cori alle squadre che, come da prassi, dieci minuti prima dell’inizio della partita entrano in campo. Il caos peggiora quando viene fischiato l'inizio della partita. A gestire tutta la situazione fuori o, almeno, a provarci, ci sono degli agenti di polizia del South Yorkshire.

L'inesperienza del capo della polizia David Duckenfield

Quel 15 aprile a capo della polizia che sorveglia la partita c'è David Duckenfield – che però non si trova fuori, nella zona dei tornelli, ma dentro lo stadio, in una cabina di controllo. Duckenfield è inesperto in quel contesto. Come dichiarerà lui stesso durante l’inchiesta, non ha mai gestito una partita di quelle dimensioni, non conosce lo stadio, non si è informato sulle misure da poter adottare come, ad esempio, la Tattica Freeman, di cui si parlerà nel paragrafo successivo.

Duckenfield comunica con l’esterno attraverso il sovrintendente Roger Marshall – che si trova fuori dove la situazione peggiora minuto dopo minuto. Marshall potrebbe fare richiesta per ritardare l’inizio della partita per gestire meglio gli ingressi, cosa che è già successa in passato, ma non lo fa. E questo, come racconterà poi, è uno dei suoi più grandi rimpianti.Le persone continuano ad arrivare, ad ammassarsi tra la strada, Leppings Lane, e i tornelli e ora la paura più grande è che qualcuno si faccia male. Quindi Marshall chiede al suo capo, Duckenfield, di aprire il Gate C, un grande cancello, che fino a questo momento è rimasto chiuso. Aprirlo significherebbe far defluire tutta quella folla, dando più libertà e spazio alle persone e riducendo il rischio di schiacciamento.

Il Gate C
Il Gate C

Duckenfield dà l'ordine di aprire il Gate C e la Tattica Freeman non viene seguita

Alle 14:52, Duckenfield dà l’ordine di aprire il Gate C e migliaia di persone si riversano dentro e vanno verso la prima cosa che si ritrovano davanti: la galleria che porta agli spalti centrali della curva ovest del Liverpool. E questo sarebbe stato il momento perfetto per seguire la Tattica Freeman, una strategia che serve a far defluire le persone senza creare sovraffollamenti pericolosi. Funziona così: una volta fatte entrare tutte le persone, o attraverso i tornelli o attraverso il Gate C, gli agenti devono chiudere la galleria che porta alle due sezioni centrali della curva. E a quel punto, sempre gli agenti, devono indirizzare le persone nelle due sezioni laterali della curva ovest, quelle alle estremità. L’obiettivo della tattica Freeman è che le persone, appena entrate dai tornelli o dal Gate, non corrano subito nella prima galleria che si trovano davanti, cioè, appunto, quello centrale.

Solo che Duckenfield dà l’ordine di aprire quel grande cancello senza né far chiudere l’ingresso la galleria e senza ordinare agli agenti sul posto di indirizzare tutta quella massa di persone verso le entrate laterali. Quindi quelle migliaia di persone entrano nel tunnel ed entrano tutte verso le due sezioni centrali – dove si trovano anche Kevin Williams e i suoi amici. E, intanto che si affollano tutti lì, le sezioni laterali continuano a essere parecchio vuote.

Il fenomeno del crowd crush: lo schiacciamento della folla

La partita comincia. Nelle due sezioni centrali, dove i tifosi si stanno ammassando, si va a formare quel fenomeno chiamato crowd crush, o schiacciamento della folla, un fenomeno tragico e spaventoso che magari non tutti conoscono e che a volte può essere sottovalutato. Avviene quando una grande massa di gente si trova in uno spazio limitato e le persone si schiacciano a vicenda. Ѐ un fenomeno parecchio studiato nell’ambito della sicurezza e della psicologia delle folle perché non è affatto raro che accada nei contesti dove le persone sono tante: festival, strade, gallerie, concerti, eventi religiosi o sportivi.

Il problema principale non è tanto il numero di persone in assoluto in un posto ma quante persone si trovano insieme in un metro quadrato: quindi la loro densità. Un esempio: quando si sta ad un concerto e c’è tanta gente ma comunque su ha un minimo di spazio per muoversi e decidere di andaresene anche se magari con qualche difficoltà, significa che più o meno per ogni metro quadrato ci sono dalle due alle quattro persone. Il che è sicuro. Secondo uno studio dell’Università di Greenwich la situazione diventa ad alto rischio quando per ogni metro quadrato ci sono dalle sei alle dieci persone. Cioè quando i corpi sono così stretti l'uno all'altro che non c’è più spazio per muoversi e per decidere dove andare. E, a quel punto, il singolo individuo perde tutta la sua autonomia ed è costretto a seguire il movimento della massa che inizia a comportarsi come un fluido, muovendosi tutto insieme a effetto domino.

La principale causa di morte, nella crowd crush, avviene per asfissia perché si è così schiacciati che la cassa toracica non riesce più a espandersi, permettendo la respirazione. Si viene letteralmente spremuti, le costole si rompono, così come anche altre ossa, e il cuore smette di battere. Il più delle volte, se non nella totalità dei casi, chi muore per asfissia resta in piedi, sorretto dalla pressione degli altri corpi. Ci sono moltissimi testimoni di crowd crushes che hanno raccontato di essersi trovate a fianco persone morte, che restavano in piedi come loro. Solo che la loro pelle aveva cambiato colore. Ma c’è anche chi cade: e in quel caso o si muore schiacciati dai piedi degli altri o si crea un effetto domino di cadute – perché, cadendo, le persone vicino vengono spinte verso il buco che si crea, cascando a loro volta e creando una pila di corpi. È per via del crowd crush che nei grandi eventi la sicurezza della folla è di vitale importanza e può fare la differenza tra, ad esempio, un bellissimo concerto a cui ci si diverte e una tragedia. Solo che, durante la partita Liverpool-Nottingham del 15 aprile, chi dovrebbe essere preparato al peggio per evitarlo, in realtà, non lo è.

Quello che quel 15 aprile era il portiere del Liverpool, Bruce Grobbelaar, che quindi dava le spalle alla tribuna ovest, racconterà che per tre volte la palla è andata a sbattere contro la recinzione e che, per tre volte, lui si è girato e ha visto i volti dei tifosi schiacciati contro le recinzioni che lo guardavano. Alcuni gridavano “Per favore, Bruce, prova ad aiutarci”. Lui ha segnalato le sue preoccupazioni a un agente vicino ma La risposta che ha ricevuto è stata “Non posso fare niente”.

Alcuni tifosi provano a salvarsi salendo sulla sezione superiore
Alcuni tifosi provano a salvarsi salendo sulla sezione superiore

Le vittime e perché quella di Hillsborough non è "la tragedia dei 96"

Quel giorno muoiono 94 persone, tutte dai 10 ai 67 anni. C’è chi perde genitori, chi perde figli, figlie, o fratelli, sorelle o amici. I feriti sono quasi 800, tra cui alcuni molto gravi. Un’altra vittima, la 95esima, morirà giorni dopo in ospedale. Un’altra, la 96esima, nel 1993, 4 anni dopo: si tratta di Tony Bland, che il giorno della tragedia a Hillsborough ha 23 anni. Schiacciato tra la folla, ha subito danni cerebrali così gravi da essere entrato in uno stato vegetativo persistente. Il suo corpo è stato mantenuto in vita grazie alla nutrizione artificiale, all’idratazione e alle cure costanti. Un giorno, però,  genitori e medici constatarono che non ci fosse più alcuna possibilità che Tony potesse uscire da quello stato. Così hanno chiesto un’ordinanza del tribunale per permettergli di “morire con dignità”. Tony Bland è stato il primo paziente nella storia legale inglese a cui i tribunali hanno permesso di morire attraverso la sospensione del trattamento medico.

L’ultima e 97esima vittima è Andrew Devine, morto 32 anni dopo l’incidente. Andrew aveva solo 22 anni quando andò alla partita Liverpool-Nottingham Forest. Nonostante le sue ferite fossero gravissime, è riuscito a sopravvivere. Non poteva più muoversi né parlare e aveva costante bisogno delle cure dei suoi genitori, 24 ore su 24.

Per decenni questa tragedia è passata alla storia come “la tragedia dei 96”, dove 96 indicava il numero delle vittime e, in effetti proprio per questo, il 96 è diventato un numero rappresentativo per il Liverpool, essendo morti solo i tifosi della squadra. Ma, in ogni caso, quando nel 2021 Andrew morirà, a 55 anni, la corte del coroner di Liverpool stabilirà che rientra anche lui tra le vittime di Hillsborough, facendo salire il numero totale dei morti a 97.

Durante una commemorazione per le vittime
Durante una commemorazione per le vittime

La prima inchiesta colpevolizza le vittime della tragedia

Subito dopo l’incidente viene aperta un’inchiesta che, però, come si scoprirà anni e anni dopo, si fonda solo su bugie e falsificazioni. Sostanzialmente dà la colpa alle vittime e ai tifosi che si trovavano in curva quel 15 aprile. La polizia del South Yorkshire, quella a cui appartengono gli agenti che quel giorno erano allo stadio, dà la colpa ai tifosi del Liverpool: le testimonianze degli agenti descrivono i tifosi come “ubriachi” e “senza biglietto” – in sostanza provano a dare tutta la colpa ai famigerati hooligans, una parte di tifosi che già si era contraddistinta per comportamenti violenti, dentro e fuori gli stadi. Inoltre, il capo della polizia David Duckenfield, dichiara che il Gate C, il cancello vicino ai tornelli, è stato forzato e aperto da loro, dalla folla impazzita di tifosi del Liverpool che smaniava per entrare, non da lui.

Quando escono fuori le prime dichiarazioni e testimonianze degli agenti, il The Sun pubblica una prima pagina dove c’è scritto in maiuscolo, “THE TRUTH”, “La verità”. E sotto un elenco puntato: “Alcuni tifosi hanno derubato le vittime”; “Alcuni tifosi hanno urinato sui coraggiosi poliziotti”; “Alcuni tifosi hanno picchiato un agente che stava facendo la respirazione bocca a bocca”. In più occasioni il The Sun ha chiederà scusa per questa copertina, perché si rivelerà essere fondata su bugie e false testimonianze. Con il tempo, grazie ai genitori delle vittime che hanno lottato per 27 anni contro una falsa narrativa proposta dalla polizia, la verità è venuta a galla. Le testimonianze sui tifosi "ubriachi" e "senza biglietto", senza controllo, vengono invalidate, così come quelle riportate dal The Sun.

Duckenfield ammette di avere dato l’ordine di aprire il Gate C e di non essersi preparato né formato per coprire il ruolo di capo del servizio di sicurezza durante quella partita. Ammette anche che lui, come altri agenti, erano più focalizzati sull'impedire episodi di teppismo e violenza piuttosto che sulla sicurezza di tutti.  Si scopre, inoltre, di problemi strutturali e fisici dello stadio, come il fatto che la curva fosse priva delle certificazioni e di conseguenza non a norma per ospitare anche solo le persone previste. Ad esempio, non c’erano mezzi per calcolare quando i singoli recinti avrebbero raggiunto la capacità massima di persone, non essendoci posti a sedere numerati ma solo in piedi.

La seconda inchiesta del 2016

Il 26 aprile 2016, dopo una nuova inchiesta durata più di due anni, la giuria ha raggiunto un verdetto secondo cui le vittime sono state “unlawfully killed”, cioè “uccise illegalmente”. La decisione della giuria ha assolto le vittime da ogni colpa, concludendo che nessun comportamento dei tifosi del Liverpool ha avuto alcun ruolo nel causare la tragedia. Questa nuova inchiesta critica pesantemente l’operazione di polizia, il come fosse fatto lo stadio e i soccorsi. L’anno dopo, sei persone, tra cui Duckenfield, saranno accusate di reati legati al disastro. In ogni caso, negli anni a venire, alcuni di questi verranno assolti per mancanza di prove. Invece, nel novembre del 2019, Duckenfield verrà dichiarato non colpevole di omicidio colposo in un nuovo processo presso la corte della corona di Preston. Quindi, sebbene la seconda inchiesta fosse cruciale per aver stabilito che le vittime erano innocenti, non ha portato a un'effettiva individuazione e condanna dei responsabili.

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Nasce l'obbligo dei posti a sedere in tutti gli stadi

La tragedia di Hillsborough non è l’unica tragedia del mondo calcistico. Pochi anni prima erano avvenuti il terribile incendio di Bradford – un incendio avvenuto probabilmente per via di una sigaretta o un fiammifero che bruciò un’intera tribuna uccidendo quasi 60 persone. O anche la strage dell’Heysel, quando 39 persone morirono e oltre 600 rimasero ferite a causa degli scontri tra tifosi e del crollo di una parte dello stadio. E questi sono solo alcuni degli incidenti più gravi passati alla storia. Quello di Hillsborough scatenò un dibattito che volle rivalutare la sicurezza durante le partite, partendo da delle soluzioni molto concrete. In questo caso, il cambiamento più impattante riguarda gli stadi: il Taylor’s Report, il rapporto dell’inchiesta sul disastro, raccomandava che tutti gli stadi principali avessero solo posti a sedere, per gestire meglio il numero di persone e lo spazio disponibile per ogni tribuna – infatti la curva ovest dell'Hillsborough era una standing area, dove non c'erano posti a sedere.

Alla luce del rapporto viene imposto ai club di prima e seconda divisione di prevedere solo posti a sedere. Questo cambiamento segna la fine delle standing area, inaugurando un approccio al calcio molto più controllato. Allo stesso modo, vengono abbattute o abbassate le recinzioni per evitare di nuovo l’effetto “gabbia” nel caso di sovraffollamento e, più in generale, si attiva una politica più rigida anche per la gestione dei biglietti.

Puoi trovare questa puntata del vodcast “ULTRASTORIE” sulle principali piattaforme di streaming.

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