Pensioni, quota 100 e divieto di cumulo: chi continua a lavorare rischia dover restituire assegno
La quota 100, l’anticipo pensionistico introdotto in maniera sperimentale dal governo con la legge di Bilancio e con il decretone, è partita il primo aprile per i dipendenti privati e inizierà il primo agosto per quelli pubblici. La misura, a cui possono accedere coloro i quali abbiano almeno 62 anni di età e 38 di contributi versati, non permette però di cumulare la pensione con i redditi da lavoro superiori ai 5mila euro. Per questo motivo chi riceverà l’assegno dovrà verificare il divieto di cumulo perché il rischio – in caso di mancato rispetto delle nuove regole – è quello dover restituire l’assegno previdenziale. L’Inps proprio in questi giorni ha pubblicato un nuovo messaggio in cui inserisce alcune domande e risposte sui punti più dubbi della quota 100. Anche se rimangono alcuni nodi da sciogliere su questioni critiche come la Naspi. Perché chi usufruisce della Naspi e poi matura i requisiti per accedere alla quota 100 non sa bene se andrà incontro alla decadenza automatica dell’indennità di disoccupazione. Non essendoci uno specifico chiarimento in merito, non si sa se funzionerà come per la pensione anticipata classica, con cui non è possibile accumulare i due assegni.
Per quanto riguarda il cumulo con redditi da lavoro dipendente e autonomo, il divieto rimane fino al raggiungimento dell’età con cui accedere alla pensione di vecchiaia. La soglia massima prevista è di 5mila euro lordi e riguarda tutte le attività lavorative, anche se non si capisce bene se vengano realmente lasciati fuori i casi di redditi alternativi, come le partecipazioni in una società a responsabilità limitata di ambito commerciale. Anche se una prima circolare dell’Inps sosteneva che il divieto riguardasse qualsiasi reddito collegato ad attività lavorativa.
Altro nodo da sciogliere è quello riguardante le verifiche: non si capisce ancora se avverranno per cassa o per competenza. A spiegare cosa cambia ci pensa il Sole 24 Ore, facendo l’esempio di una persona che va in pensione e poi svolge attività lavorativa per cui percepisce un reddito solamente dopo alcuni mesi, ricevendolo quindi nel secondo anno di pensionamento. In questo caso la differenza non è di poco conto: se si va per cassa la pensione dovrà essere restituita solamente per il secondo anno; se si va per competenza si dovrà restituire anche il primo anno, nonostante il contribuente non abbia materialmente percepito nulla in quell’anno solare. La perdita della pensione viene stabilita nel caso in cui si superi il limite degli importi annuali, fissato a 5mila euro, per redditi da lavoro nonostante l’adesione alla quota 100.
Cgil: ‘Quota 100 coinvolgerà meno di metà platea prevista'
Un’analisi dell’Osservatorio previdenza della Fondazione di Vittorio e della Cgil, basata su dati Inps, fa emergere alcuni aspetti riguardanti il numero di adesioni alla quota 100. Ezio Cigna, responsabile della previdenza della Cgil nazionale, sottolinea che l’anticipo pensionistico riguarderà nel 2019 “128mila persone, vale a dire 162mila in meno rispetto alla platea di 290mila persone prevista dalle stime del governo”. Secondo il dirigente sindacale, “la differenza è ancora più marcata se si prende a riferimento la platea prevista nel triennio. In questo caso, infatti, si stima che quota 100 coinvolgerà solo un terzo delle persone previste dal governo, 325mila invece di 973mila. Questo coinvolgimento molto più basso rispetto alla platea prevista dal governo determinerà un avanzo importante di risorse. Nel triennio per l'insieme delle misure previdenziali prese in esame non saranno utilizzati 7 miliardi e 200 milioni, dei 21 miliardi stanziati in legge di Bilancio. Nel 2019, dei 3,968 miliardi stanziati dal governo, non saranno utilizzati 1,6 miliardi, nel 2020 si prevede il mancato utilizzo di 2,9 miliardi e nel 2021 di 2,6 miliardi”.