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Patrigno non lo riconosce come figlio suo: lo massacra di botte. Maestre: “Non riusciva neanche a sedersi”

A segnalare che qualcosa non andava sono state proprio le maestre del ragazzino, che era anche malnutrito, che frequenta la quarta elementare di una scuola a Piove di Sacco. Ma la mamma difende l’uomo: “Non è vero, mio figlio è caduto, è un ragazzino molto vivace”.
A cura di Biagio Chiariello
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Picchiato con calci, pugni, frustato con la cintura dei pantaloni o con un filo elettrico. Il bambino di 9 anni era anche malnutrito. A rendergli la sua giovane vita un inferno era il patrigno: non lo riconosceva come suo figlio e per questo lo massacrava di botte.

Il piccolo vive in una famiglia residente a Piove di Sacco, in Veneto, e frequenta la quarta elementare. Ad accorgersi che qualcosa non andava sono state le maestre: l’11 ottobre scorso l'alunno sarebbe arrivato a scuola e non riusciva nemmeno a sedersi. Da quel momento sono scattate le indagini, il fatto è stato segnalato ai Servizi sociali comunali che, a loro volta, hanno allertato i carabinieri e il Suem.

Sotto inchiesta per maltrattamenti e lesioni pluriaggravate è finito un 39enne di origine moldava.

È emerso che l'uomo ha iniziato a pestare il figlio della sua compagna tra giugno e settembre di quest'anno. Tra calci, pugni e schiaffi, frustate su tutto il corpo, il poverino è stato per mesi dolorante e ricoperto di lividi, a volte pure sul volto. Fino al drammatico episodio di martedì a scuola. Ora è ricoverato nel reparto di Pediatria dell’Azienda ospedaliera di Padova, dove si trova  tutt’ora con una prognosi – al momento – di venti giorni, salvo complicazioni anche di natura psicologica.

È stato lo stesso piccolo paziente a rivelare ai medici che a picchiarlo sarebbe stato il patrigno. Ma la mamma difende l'uomo: “Non è vero, mio figlio è caduto, è un ragazzino molto vivace” avrebbe detto.

Il pubblico ministero padovano Sergio Dini aveva chiesto l’arresto del 39enne ma il gip Claudio Marassi ha ritenuto adeguato un provvedimento che prevede, a carico dell’indagato, il divieto di dimora nel Comune dove il figliastro vive con la mamma, l’allontanamento dalla casa familiare con il divieto assoluto di avvicinare la vittima e i luoghi da lui frequentati come di avere contatti (pure indiretti) senza l’autorizzazione del giudice.

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