Partorisce un bimbo con la fecondazione in vitro ma scopre che non è suo: scambio di ovuli in clinica in Usa
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Ha portato avanti una gravidanza con fecondazione in vitro ma quando ha partorito ha scoperto che il dna del piccolo non le apparteneva. Sarebbe quanto successo a una donna americana di 38 anni, costretta poi a restituire quindi il neonato ai genitori biologici, ovvero pazienti della stessa clinica per la fecondazione assistita. Ora la donna ha fatto causa contro la "Coastal fertility specialist". Nella sua denuncia la donna ha detto di aver subito un trauma perché senza saperlo ha portato a termine la gravidanza di un bambino non biologicamente legata a lei. Precisando anche: "Sono stata involontariamente una madre surrogata".
Ora si sta cercando di capire cosa sia successo all'interno di una clinica della Georgia, negli Stati Uniti. Stando alle prime informazioni, la donna si sarebbe rivolta ai medici della struttura perché aveva deciso di avere un bambino con lo sperma di un donatore che le assomigliava. Ma il bimbo, una volta partorito non era né come lei né come il donatore. Da qui la donna ha pensato che la clinica avesse sbagliato solo il donatore, ma che i medici comunque avessero usato il suo ovulo. Ma non era così: il piccolo infatti non aveva nessun legale neanche con la madre. Si è scoperto poi che i genitori biologici erano nella stessa struttura sanitaria e che quindi c'era stato molto probabilmente uno scambio di ovuli. Il neonato è stato affidato ai suoi genitori biologici.
La donna che ha portato avanti la gravidanza è pronta a iniziare una causa con la clinica. Sottolinea di "esser stata una involontaria madre surrogata" e che per nove mesi ha pensato di crescere un bambino suo. Così purtroppo non era.