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Parla uno dei rider sotto l’alluvione di Bologna: “Me la sono vista brutta, nessuno mi ha dato la mancia”

Un 22enne pakistano racconta il suo lavoro come rider a Bologna durante l’alluvione che lo scorso weekend ha investito la città: “In certi momenti me la sono vista brutta. Ho visto intorno a me parecchie auto abbandonate nell’acqua, ma ho continuato a pedalare. Avevo l’acqua ai polpacci, ma questo è il mio lavoro. Non potevo fermarmi. Più consegne fai e più guadagni”.
A cura di Davide Falcioni
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Foto di Raffaele Angius
Foto di Raffaele Angius

Costretti a pedalare con l'acqua fino alle ginocchia, sotto il diluvio, in una Bologna già sommersa e con il rischio di cadere in una buca o a causa di un ostacolo: hanno fatto il giro del web le immagini dei rider che, sabato sera, con l'alluvione che imperversava e l'allerta meteo rossa, hanno continuato a lavorare consegnando cibo a domicilio a quanti, pur con un'emergenza meteo in corso, non si sono fatti scrupoli a ordinare una pizza o un hamburger su una delle piattaforme di food delivery attive. Tutte, tranne Just Eat.

Tra i fattorini in bici o a bordo di uno scooter c'era anche Harshad (nome di fantasia), un 22enne pakistano che sabato sera ha sfidato il maltempo per ore e ore tra il centro storico e la periferia del capoluogo emiliano, percorrendo chilometri su chilometri in condizioni molto pericolose. "In certi momenti me la sono vista brutta – ammette, intervistato da Corriere -. Ho visto intorno a me parecchie auto abbandonate nell’acqua, ma ho continuato a pedalare. Avevo l’acqua ai polpacci, ma questo è il mio lavoro. Non potevo fermarmi. Più consegne fai e più guadagni".

Harshad ha smesso di consegnare cibo solo a mezzanotte e mezza, nel clou dell'emergenza meteo: "La pioggia era veramente forte, ma a nessuno sembrava importare. Non ho ricevuto neanche una parola di incoraggiamento o una pacca sulla spalla. Figuriamoci la mancia. La gente pensa solo a sé". Alla fine di uno dei weekend più duri da quando vive in Italia il 22enne aveva guadagnato, rischiando la vita, circa 120 euro.

La CGIL denuncia le piattaforme di food delivery

Intanto due giorni fa la Filt e la Nidil Cgil di Bologna hanno annunciato un esposto alla Procura per accertare eventuali responsabilità e profili penali delle aziende di delivery che non hanno sospeso le attività nonostante il Comune avesse invitato la cittadinanza a non avventurarsi per strada e a restare nelle proprie abitazioni. L'unica a farlo è stata Just Eat, i cui rider sono inquadrati come dipendenti: lo prevede in caso di meteo avverso la procedura concordata a livello nazionale coi sindacati.

Ma nella gran parte delle altre app, i ciclofattorini sono precari. "Non ci risulta che queste piattaforme abbiano sospeso le consegne, rendendosi così responsabili di mettere a rischio la sicurezza e l'incolumità dei loro rider", ha affermato il sindacato. Da qui la decisione di rivolgersi alla magistratura, per evitare che accada ancora, perché – osserva la CGIL- "non si tratta di maltempo, ma della crisi climatica che sarà la nostra nuova normalità".

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