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Paralizzato per caduta all’Acquapark e risarcito 20 anni dopo: “Liberazione, ora vuole la sua indipendenza”

La sentenza è stata “un momento liberatorio” per l’uomo, appena 19enne all’epoca dei fatti. “Spera ora di costruire il proprio futuro e la propria organizzazione di vita in modo autonomo” ha spiegato l’avvocato Alessandro Lucchetti a Fanpage.it.
A cura di Antonio Palma
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Immagine di archivio
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“Un momento liberatorio da dove ripartire per ricostruire la sua vita”, così il 39enne marchigiano rimasto paralizzato dopo la caduta da uno scivolo all’Acquapark, quando aveva solo 19 anni, ha accolto la sentenza definitiva della Cassazione che gli ha riconosciuto in via definitiva, dopo 20 anni, il risarcimento danni da 632mila euro. Un momento che lui e la famiglia hanno atteso per venti lunghi anni a causa delle lungaggini del sistema giudiziario italiano ma che ora permetterà all’uomo di ottenere la sua indipendenza.

“Ora sta cercando di organizzare una propria vita in modo autonomo dalla propria famiglia. Lui voleva acquistare una casa per conto proprio ma questo passava attraverso la certezza giuridica di quel pronunciamento avuto a suo favore” ha spiegato a Fanpage.it il legale che lo ha seguito nell’iter processuale, l’avvocato Alessandro Lucchetti.

Le sentenze dei giudici hanno stabilito che quello scivolo dove è caduto non era a norma, sopratutto per la vicinanza del muretto dove l'uomo è andato sbattere. I tribunali hanno condannato azienda, Comune e altri soggetti perché l’attrazione “è risultata difforme dalle regole tecniche e di comune prudenza sia quanto alla pendenza, sia quanto alla distanza della struttura di cemento, approntata a distanza non regolamentare dal punto di approdo dello scivolo".

Al momento del fatto, avvenuto un giorno di giugno del 2003 nel parco acquatico in provincia di Ancona, l'uomo era una dipendente della struttura e subì un terribile incidente sul lavoro. Quel giorno perse l’equilibrio dalla piazzola sulla sommità dello scivolo, denominato Kamikaze, finì sull’attrazione e per sfortuna si schiantò a forte velocità sulla parte opposta e cioè sul bordo piscina. Da allora è rimasto su una sedia a rotelle, paralizzato.

Da lì è nato un lungo iter giudiziario passato attraverso un procedimento penale, finito con la prescrizione dei reati, e uno civile che invece è andato avanti e ha portato al risarcimento che permetterà all'uomo di avere la sua casa. Una casa tutta propria come un momento per avere una propria indipendenza dopo anni molto difficili in cui ha potuto contare solo sui parenti. Una legittima richiesta che, attraverso i suoi legali, è stata presentata anche ai giudici per chiedere di accelerare la discussione in Tribunale e arrivare a dare finalmente la possibilità di usare quei soldi del risarcimento. Una richiesta accolta con l’udienza fissata a ottobre che ha messo la parola fine alla vicenda.

All’uomo infatti il risarcimento era stato già assegnato dopo il dibattimento in primo grado con una sentenza emessa già nel 2015, dodici anni dopo i fatti. Ovviamente quei soldi però non potevano essere usati in quanto nei successivi gradi di giudizio le sentenze potevano essere ribaltate. Da allora in realtà non vi sono state altre perizie o altri esami, né in corte di appello né in Cassazione dove i giudici di fatto hanno confermato le condanne già espresse dai giudici del Tribunale di Ancona.

“Ora, libera da questa incertezza, questa persona spera di costruire il proprio futuro e la propria organizzazione di vita, come spesso accade ai disabili che devono ruotare attorno a un progetto concreto” ha concluso l’avvocato.

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