Direct è il podcast in cui cerchiamo di analizzare le cose che accadono, assieme, partendo dalle domande che mi arrivano. È dedicato agli abbonati, ma abbiamo deciso di rendere la seconda puntata disponibile per tutti. Puoi ascoltarla qui:
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Questa settimana ho risposto alla domanda di Cecilia: "Può spiegare bene cos’è successo al suo telefono? Come ha fatto a scoprire di essere stato spiato da un’azienda israeliana".
Il caso Paragon, che ha occupato le pagine di giornali italiani e internazionali, ha riguardato non solo me, ma anche altri circa 90 tra giornalisti e attivisti in tutto il mondo. Tutto è iniziato venerdì 30 gennaio, alle 15,42 mi è arrivato un messaggio su Whatsapp, da un account che si chiama "Whatsapp support". In quel messaggio c’era scritto: "A dicembre Whatsapp ha interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia infettato il tuo dispositivo".
In sostanza, hanno cominciato a spiarmi inviando un software nel mio telefono senza che io cliccassi nulla. E questo solleva tante domande: com'è possibile sia accaduto? Di solito gli spyware servono ai governi per dare la caccia a terroristi, criminali, trafficanti di droga. E allora, perché usare un software di questo tipo per spiare un giornalista? E soprattutto, chi mi stava spiando? Qui le cose si complicano.
In questa puntata di Direct ho ripercorso il caso, almeno per quello che ne sappiamo fino ad adesso. Il primo comunicato del governo Meloni, che si è limitato a che l'intelligence italiana non ha spiato giornalisti e attivisti. La notizia, arrivata proprio il giorno dopo, che Paragon aveva terminato i suoi contratti con l'Italia per "violazione del quadro etico". Il silenzio del governo italiano di fronte alle richieste dei partiti dell'opposizione di spiegare tutto, in Parlamento.
Di ora in ora, la faccenda si complica. Matteo Salvini è arrivato a parlare di un "regolamento di conti all'interno dei servizi di intelligence". Ma il governo non ha ancora risposto alle nostre domande. Domande semplici e puntuali. Che non smetteremo di fare fino a quando non arriveranno risposte vere.