“Papa Francesco vivrà con noi in mare coi migranti, così sfideremo le lacrime di coccodrillo dei potenti”

Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans, l'associazione italiana che dal 2018 si occupa di ricerca e salvataggio dei migranti nel Mediterraneo centrale, è stato molto vicino a Papa Francesco negli ultimi anni.
Lo ha incontrato molte volte e ha preso parte, tra le altre cose, come invitato dal Papa agli ultimi due sinodi dei vescovi, partecipando all'incontro a porte chiuse che si tiene in Vaticano per circa un mese. Proprio sul terreno dei migranti papa Francesco e Mediterranea Saving Humans hanno intrecciato i loro percorsi, con il Santo Padre che non ha mai fatto mancare il suo sostegno pubblico all'associazione, con messaggi di sostegno e anche ringraziandoli apertamente all'udienza generale del 20 dicembre del 2023.
Bergoglio e Casarini sono stati dallo stesso lato della barricata sui diritti umani, sull'accoglienza, sul diritto ad essere salvati, e proprio al fondatore di Mediterranea Saving Humans abbiamo chiesto un ritratto del Pontefice scomparso questa mattina.
Qual è stato l'esempio di Papa Francesco?
Il dolore è grande perché la sua vicinanza è stata una dei motori della speranza, della resistenza, dei progetti di un altro mondo possibile, circondata da un mondo terribile, che fa della guerra la sua cifra. Ma questo grande dolore bisogna trasformarlo in una cosa come vorrebbe lui, rivoluzionaria, come nel Vangelo. E questa cosa è: tu non morirai. Il suo passaggio è stato costituente, si sono formate comunità di persone che lavorano, lottano per un altro mondo possibile. Hanno trovato nuova linfa questi percorsi e questo vuol dire che lui vivrà, vivrà in tutte queste cose, vivrà quando andremo in mare a salvare le persone e continueremo a farlo ancora di più perché per avere lui bisogna continuare il suo cammino. Lui è stato un Papa in movimento anche per questo, perché il movimento è il posto dove ci incontriamo, non si può stare fermi.
Era un Papa contro il sistema?
Sì lui era una voce rivoluzionaria ma perché ha ridato centralità alla voce del Vangelo, non era un voce rivoluzionaria perché era la sua personalità. Adesso il tentativo sarà quello di dire che papa Francesco è stata una anomalia, che è stata una meteora che ci ha attraversato, chi l'ha amata e chi l'ha odiata, ma non è così. Lui ha ridato voce alla vera portata rivoluzionaria del cristianesimo, ed in questo è stato davvero un discepolo di Gesù. E non è un caso la sua morte, prima è andato in carcere, poi ha fatto la benedizione urbi et orbi contro le armi, e poi la morte dopo Pasqua, è anche esattamente una metafora, lui è andato verso la croce, non è andato verso la tranquillità. Questo ridare voce al linguaggio rivoluzionario del Vangelo è stato dirompente, perché agiva su una Chiesa che troppe volte è stata asservita al potere più che al Vangelo.
Oggi ascoltiamo attestati di vicinanza anche da parte di chi era politicamente lontano anni luce da lui, come mai?
Questi messaggi che lanciano queste persone o queste entità di potere, che sono sempre state avversarie del messaggio di Bergoglio, hanno sempre sperato che finisse quel messaggio, ecco questi qui sono dei guanti di sfida che ci vengono lanciati. Vengono lanciati al popolo del Papa, a quei cristiani che hanno imparato nuovamente il Vangelo con lui, ma vengono lanciati anche ai non credenti che sono la maggioranza di quelli che oggi si dispiacciono per la sua morte. Questa è stata un'altra grande azione rivoluzionaria di Papa Francesco, rompere gli steccati, e quindi insegnarci ad andare al di qua ed al di là dei mondi, e a parlare linguaggi, che sono poi anche pratiche, che sono universali, che vanno al di là di qualsiasi religione, di qualsiasi dogma e di qualsiasi rituale. Lui cercava la sostanza del Vangelo, questo è l'altro dato rivoluzionario. Questi messaggi di quelli che l'hanno sempre odiato e adesso si dispiacciono formalmente, sono dei guanti di sfida perché è chiaro che per farlo morire veramente bisognerebbe far finire tutto quello che lui ha iniziato. Ed è questa la nostra sfida invece, noi non lo faremo morire. Ci sono milioni di persone in tutto il mondo che si stanno organizzando, perché per far vivere Papa Francesco noi dobbiamo farlo vivere in quello che facciamo. Lui lo sa, lo sapeva. Tante discussioni ho fatto con lui sul concetto della morte, il tema è proprio battere la morte, ma si batte se facciamo così. Questo guanto di sfida che ci lanciano i potenti della Terra quando salutano ironicamente, con lacrime di coccodrillo, la dipartita di Papa Francesco, penso che dobbiamo prenderlo fino in fondo, noi oggi continuiamo la sua strada, un altro mondo è possibile.
Hai partecipato a diversi sinodi dei vescovi e a diversi incontri interni alla Chiesa organizzati da Papa Francesco, che possibilità ci sono che la Chiesa possa proseguire sullo stesso cammino?
Da un lato c'è una Chiesa del secondo millennio, che è la Chiesa dell'imperatore, la Chiesa che mette ad esempio al centro il clericalismo, cosa che era definita come una piaga da Papa Francesco. Una Chiesa del secondo millennio dove erano gli imperatori a nominare i Papi, erano i poteri umani a determinare i percorsi delle gerarchie. Ma è cresciuta e non ha mai smesso di crescere una Chiesa del primo millennio. Che è quella che viene definita la Chiesa delle Chiese, quella delle comunità locali, le comunità diocesane, le parrocchie, io ho visto in questi anni un fermento incredibile e anche un'autonomia. Io credo che il messaggio, la pratica, l'idea di Papa Francesco verrà raccolta soprattutto dai territori, dalle comunità locali, da quella che è la rete della Chiesa vera, che non è fatta di istituzioni, di grandi sfarzi o altro, ma è fatta da chi sta fianco a fianco sui territori, di chi costruisce la comunità cristiana come una nuova forma di vita, dove si condivide, dove non si lascia solo nessuno, dove si interviene per i più poveri, per gli ultimi, perché sono fratelli e sorelle. Quindi convivono in questa Chiesa al bivio questi due elementi, primo e secondo millennio. Io credo che la Chiesa del terzo millennio debba avvicinarsi di più a quella del primo millennio, per affrontare le sfide che abbiamo davanti ed anche per recuperare un messaggio vero. Noi abbiamo bisogno di un pensiero alternativo a quello del dominio, e il cristianesimo può essere un motore del pensiero alternativo anche in Terra, rispetto al dominio del pensiero unico, questa onnipotenza umana, della guerra, del disastro. Noi dobbiamo organizzarci per essere una cospirazione del bene.
Sui migranti c'è l'impressione che Papa Francesco non sia stata solo una voce spirituale ma proprio un punto di riferimento politico, è così?
Assolutamente, quando parli di cultura, di civiltà umana, parli anche di religione, questo è indubbio. O anche di rifiuto e quindi magari di un relativismo assoluto, che magari caratterizza i nostri tempi. Questo incide immediatamente nella formazione dell'idea politica. La politica che vediamo oggi, non è la politica, ma è l'amministrazione dell'esistente, non ha nulla a che fare con la "polis" e la formazione di un'idea politica, mentre il messaggio di Papa Francesco incideva proprio sulla formazione dell'idea politica. Per esempio sui migranti il tema è che la nostra politica deve attingere a qualcosa che è fuori di essa ovvero che la vita è sacra. Al centro non c'è la geopolitica, non c'è il mercato, non c'è l'economia, la vita umana non può mai essere subordinata a questo, deve stare al centro e come centro deve generare la politica. Quindi il suo messaggio era proprio quello di una politica costitutiva e generativa. Lui agiva su quel terreno che è la giustizia, ma che anche per gli antichi greci, la legge umana deve prenderla dal di fuori, in quel caso era una divinità la giustizia. Lui questo poneva, non è politica chi non mette al centro le grandi questioni dell'umanità, e magari mette al centro il mercato che dovrebbe regolarlo e sappiamo che non è così. In questo senso è stato un grande attore politico del suo tempo. Anche sull'illusione democratica, lui ci parlava di valori, non c'è bisogno di una metodologia, ma bisogna avere dei valori, qualcosa che ti brucia dentro, che senti e che non è magari ascrivibile all'intelligenza o alla razionalità, ma è ascrivibile ad una scelta di fondo: per me non può e non deve morire nessuno nel Mediterraneo. Punto. Poi tutto il resto lo discutiamo.