Non sono cattolico ma forse proprio per questo mi colpisce ancor di più la presenza di Papa Francesco nei luoghi devastati del terremoto nel centro Italia. Le popolazioni di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto, Norcia hanno bisogno, per dirla con le parole del presbitero don Gino Rigoldi, di «ricostruire la speranza». Un capo carismatico come il Pontefice argentino può far molto in tal senso. Per un laico tutto ciò ha anche una "utilità": non è solo fede e presenza di Dio, ma anche forza e sostegno psicologico nonché moral suasion. Già: il Capo della Chiesa Cattolica in quei luoghi aiuta a tenere accesi i riflettori su quel che sarà, ovvero sulla ricostruzione che in Italia tanto temiamo, viste le ruberie connesse ad altre calamità naturali nel corso degli anni. Qualche giorno fa, celebrando la Messa a un mese dal sisma, il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, ebbe a dire: «Non uccide il sisma ma le opere dell'uomo».
Ebbene la presenza di Bergoglio è rilevante anche per questo: camminare nella zona rossa di lacrime e rabbia e nera di morte e distruzione tiene altissima l'attenzione su quel disastro. È un dito puntato verso chi ha responsabilità: bisogna ridare una vita normale a questa gente. Subito.
«Sono venuto solo ora, non volevo disturbare» ha detto il Pontefice stamane. Se solo avesse saputo di quegli epifenomeni della politica che a nemmeno un giorno dal disastro già si scannavano sui social network, aspettando il momento per il selfie con l'hashtag giusto sarebbe probabilmente andato ancora più tranquillo.