Pamela Mastropietro: storia dell’omicidio che ha ferito il Paese
È il 29 gennaio 2018 quando sui giornali appare la foto di una ragazzina di 18 anni, minuta, gli occhi grandi e una frangia di capelli castani e lisci che le copre la fronte. Lei si chiama Pamela Mastropietro, è di Roma, ma da poche ore è scomparsa, anzi fuggita, dalla comunità per tossicodipendenti dove era ospite da tre mesi, a Corridonia (Macerata), portando con sé solo due valigie di colore blu e rosso. Verrà ritrovata cadavere in quelle stesse valigie due giorni dopo. Dalla scomparsa alla condanna di Innocent Oseghale, ecco la ricostruzione dell'omicidio di Pamela.
Chi è Pamela Mastropietro
Pamela Mastropietro è una ragazza inquieta, con un disturbo di personalità borderline che la rende schiava della droga. "Smetterò di fumare quando la realtà sarà più bella dei miei viaggi", scrive sul suo profilo Facebook. Non è la prima volta che la ragazza allontana dalla comunità per cercare una dose, eppure le ore passano e in Tv passano anche gli appelli di mamma Alessandra Verni e del papà Stefano Mastropietro, ma di Pamela non ci sono notizie.
Il ritrovamento del corpo
Il 31 gennaio, 48 ore dopo, un passante segna la presenza di due valigie abbandonate in un piccolo fossato non lontano dal cancello di una villetta in Via dell'Industria, tra Casette Verdini e Pollenza, a pochi chilometri da Macerata. Dentro ci sono c'è il corpo di una giovane donna tagliato a pezzi. Le valigie vengono sequestrate dalla polizia e mentre il DNA viene comparato con di Pamela per l'identificazione, i genitori Alessandra e Stefano commentano la notizia negli studi di ‘Chi l'ha visto?'. "Speriamo che non sia lei – dice Alessandra a Federica Sciarelli – anche se questo vorrebbe dire che un'altra famiglia dovrà vivere quest'incubo". Purtroppo, invece, è proprio lei.
Chi è Innocent Oseghale
Le caccia al mostro scatenata dalla notizia del macabro ritrovamento dura poche ore e il 1 febbraio, un 29enne, Innocent Oseghale, viene fermato dalle forze dell'ordine, in relazione al caso. È stato identificato grazie al sistema di videosorveglianza che lo ha ripreso, nei pressi di una farmacia, mentre seguiva la vittima.Cittadino nigeriano in Italia dal 2015, rifugiato senza permesso, segnalato per spaccio e accusato di omicidio, Oseghale incarna lo stereotipo dello straniero che in Italia non si integra e delinque e come tale viene strumentalizzato dall'opinione pubblica più reazionaria.
L'attentato razzista di Macerata
Il 3 febbraio 2013 Macerata, che fino a pochi mesi prima era un anonimo capoluogo, sale di nuovo agli onori delle cronache per un grave attentato. Al grido di ‘Viva l'Italia', il 28enne Luca Traini, ex candidato della Lega Nord, spara all'impazzata dalla sua Alfa 147 contro alcuni cittadini stranieri presi di mira a caso. Nessuna vittima, sei i feriti, ma l'episodio restituisce in pieno il clima di tensione e odio razzista maturato dopo l'omicidio. Notizie incontrollate e anche false, vorrebbero Pamela uccisa e fatta a pezzi, durante un rito voodoo, da Oseghale e complici di nazionalità nigeriana, che ne avrebbero anche mangiato il cuore.
Lo spettro del voodoo: "Uccisa e mangiata"
Paura e razzismo, superstizione e disinformazione fanno segnano i primi giorni delle indagini, che intanto hanno evidenziato la presenza di altri due cittadini stranieri, Desmond Lucky e Lucky Awelima, inizialmente sospettati di aver concorso all'omicidio, ma poi usciti di scena con la sola accusa di spaccio. Per Oseghale la posizione resta invece molto grave, anche se lui continua a professarsi innocente.
Le ultime ore di Pamela
Il nigeriano avrebbe incontrato Pamela all'indomani dalla fuga, nei giardinetti di via Diaz a Macerata, dove la ragazza si era fatta accompagnare per acquistare una dose di droga. Da Corridonia, infatti, la ragazza si era fatta portare alla stazione di Piediripa da un uomo di Mogliano, e per poi passare la notte in compagnia di un tassista e approdare il giorno dopo, ai giardini di via Diaz. Sia il primo che il secondo uomo vengono accusati di violenza sessuale per aver approfittato delle condizioni di evidente difficoltà della ragazza.
La dinamica della morte
Secondo la ricostruzione di Oseghale Pamela sarebbe morta per overdose dopo aver assunto una dose di eroina, secondo quella dell'accusa, invece, Pamela sarebbe stata attirata nella casa di Oseghale in via Spalato e dopo aver ottenuto la dose che cercava, sarebbe stata trattenuta con la forza, abusata e colpita con una coltellata letale. Dopodiché, come dimostra l'autopsia, sarebbe iniziato il processo di smembramento del corpo, con tanto di lavaggio in candeggina per eliminare ogni residuo organico. Non tutti, però, perché il DNA di Oseghale resiste nonostante l'acido, sotto le unghie di quello che resta delle mani di Pamela.
Il processo
Il processo con rito ordinario inizia il 13 febbraio 2019, dopo un anno di indagini. Le accuse contestate sono omicidio e violenza sessuale aggravati dall'aver agito contro una vittima in condizioni di inferiorità psichica o fisica, infine, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. Il processo si regge soprattutto sulla presenza di un supertestimone, Vincenzo Marino, ex boss di Ndrangheta che ha accettato di collaborare con la giustizia quando nella sua cella, nel carcere di Ascoli, è arrivato il detenuto Innocent Oseghale.
Sentenza Pamela: la condanna all'ergastolo
Marino riferisce la ‘confessione' che Oseghale gli avrebbe fatto in cella, il nigeriano, infatti, gli avrebbe confessato di aver accoltellato Pamela e di aver cominciato a tagliarne il corpo, partendo da una gamba, mentre era ancora viva. Il processo si è concluso con la condanna all'ergastolo e diciotto mesi di isolamento. Tra Oseghale e l'ergastolo, oggi, resta solo la Cassazione.